venerdì 10 luglio 2009

Uccidiamo la luna a Marechiaro di Daniela Carmosino


"Nel febbraio del 1994 si tenne a Galassia Gutenberg a Napoli un affollato incontro di scrittori meridionali, di più generazioni ma perlopiù molto giovani, che aveva per titolo Narrare il Sud, i cui interventi furono tempestivamente raccolti dalla Liguori in un opuscolo cui ora Daniela Carmosino, docente presso l’Università del Molise, fa risalire la data di nascita di una nuova narrativa meridionale, la cui vitalità è certificata dalla quantità di opere che ha preso in esame per questo utilissimo consuntivo ragionato.
Una nuova generazione di scrittori si andava proponendo, che si è affermata negli anni successivi e i cui risultati sono variegati e disparati, ma che ha all’attivo opere di assoluto rilievo, le quali hanno avuto il merito di aggredire gli stereotipi di una tradizione sfibrata e hanno affermato nuovi modi di “leggere” (“narrare”) il Sud dal dentro della sua mutazione, anche quando, forse, hanno teso frettolosamente a crearne di nuovi. Oggi nessuno può più parlare di una questione meridionale – come ancora nel ’94 si faceva a sinistra con ostinata cecità di fronte ai cambiamenti in corso – fatta di isolamento e arretratezza, oggi la “questione meridionale” non c’è più. Se regioni come la Campania e la Calabria (non omogeneamente) continuano a proporsi almeno nella cronaca come aree di ritardo a causa della massiccia presenza di organizzazioni criminali quali camorra e ‘ndrangheta, esse, nella loro mescolanza di vecchio e di nuovo, potrebbero anche rivelarsi, chissà, le anticipatrici di un futuro più vasto, dove la post-modernità si impone come intreccio di resistenze e corse in avanti, di ieri e di domani, di ritorni barbarici e nuove tecnologie. In molti casi, nuove alleanze hanno nascosto i vecchi modi di intervenire nella realtà o li hanno resi obsoleti (penso alla Sicilia) ma in generale tutto il sud è andato rapidissimamente omologandosi, dagli anni Ottanta in avanti, anche se la sociologia e la letteratura e la politica centrista se ne sono accorte in ritardo. In questo rapidissimo processo, molte regioni i loro ritardi li hanno coperti o tradotti in folklore per un Nord e un’Europa assetata di un turismo dalle diversità rassicuranti e fasulle.
Se la letteratura del Sud è andata omologandosi ed è entrata nel grande flusso dell’immaginario di questi anni di transizione (verso che?), spavaldamente confusi, a essere sconfitta dalla velocità della Storia è stata anche la pretesa dichiarata da Narrare il Sud di proporre per la letteratura meridionale una diversità attiva, non chiusa, dentro il nuovo ma capace di scalzare i pregiudizi e gli stereotipi in funzione di una diversità, ancora in qualche modo utopica, che ridesse fiato a quella vena ereticale della miglior cultura meridionale del passato, quella dei Silone, Degli Sciascia, dei Bene che la realtà ha rifiutato (e per molti degli autori che rincorrevano il nuovo vituperando ogni tradizione, come per altre persone di successo di altri campi, politici compresi, ci sembra doveroso citare la nota poesia di Penna, buona a tanti usi: 'Felice chi è diverso / essendo egli diverso. / Ma guai a chi è diverso / essendo egli comune'; cito a memoria).
Dapprima il nemico sono stati gli stereotipi consegnati dalla letteratura precedente, aggrediti da alcuni con impeto iconoclasta mentre altri prendevano semplicemente atto del cambiamento in corso. Alcuni si sono affrettati a dimostrare l’avvenuto ingresso in convenzioni nuove, nazionali ed internazionali. Altri hanno sentito il bisogno di esplorare e raccontare questa realtà mutata, mutante, con occhi nuovi e ben spalancati, attraverso una nuova commistione di narrazione, inchiesta, reportage. Altri si sono ancorati, per dire il nuovo, a generi vecchi; il romanzo di formazione, il romanzo storico-favoloso, il romanzo di sentimenti, il romanzo di spaesamento e di confronto tra “qui” e “altrove”, e soprattutto il noir. E i migliori sono certamente quegli autori, non incantati dalle nuove convenzioni né da ricorrenti astratti furori né dai ricatti dell’editoria e del successo mediatico, che, accanitamente addosso al presente, in modi diversi, interessanti proprio per la loro diversità, stanno nel presente, leggono il presente, ne tessono le fila e contribuiscono con le loro opere a rendercelo più chiaro (stupisce, nel repertorio completo e acuto della Carmosino la deprecabile disattenzione sull’opera di Nicola Lagioia, barese, una delle più ambiziose e delle più riuscite delle ultime leve non solo meridionali).
Il miracolo è forse, ma vale per tutto il paese, che dentro il magma confuso e deprimente del presente, cresciuti dentro la mutazione e senza la possibilità di far confronti, ci siano giovani bravissimi che sanno leggere e narrare la mutazione, e non solo in letteratura, anche in cinema e teatro e fumetto e giornalismo d’inchiesta eccetera. Questo saggio non lo dice abbastanza ma è davvero assai utile a chi voglia in futuro capire cosa è accaduto nel Sud, cioè in Italia, negli anni della grande e irreversibile mutazione." (da Goffredo Fofi, Utopie a Mezzogiorno, "Il Sole 24 Ore Domenica", 05/07/'09)

2 commenti:

Eva ha detto...

Concordo pienamente con Fofi: la disattenzione nei confronti di Nicola Lagioia è davvero deprecabile. Fra gli autori attuali, Lagioia è quello dal quale attendo con certezza il capolavoro contemporaneo.

Anonimo ha detto...

hi, new to the site, thanks.