martedì 28 luglio 2009

TVUKDB. M'ama o non m'ama di Valentina F.


"Tanto per dare un po’ i numeri, Valentina F. a 17 anni vanta più di 300.000 copie vendute. I suoi libri furoreggiano fra gli adolescenti: mentre lei, fra quegli adolescenti, si nasconde. Dietro a uno pseudonimo e dietro alla saggia decisione sua e dei genitori di tenerla lontana, finché rimarrà minorenne, non solo dai media, ma anche da se stessa, o meglio, da quel poco di se stessa che, una volta diventata personaggio pubblico a tutti gli effetti, le rimarrebbe a disposizione. Così, nella convinzione che non solo il cosa, ma anche il come delle interviste debba somigliare il più possibile a chi ne è protagonista, per parlare con lei ho imparato a usare Facebook per un giorno. E’ lì che abbiamo chiacchierato, tramite due profili improvvisati e creati per l’occasione dalla casa editrice Fanucci, che in questi giorni pubblica l’ultimo libro della saga targata Valentina F., M’ama o non m’ama. Insomma, Valentina: prima ancora di riuscire a raccontarlo, l’amore, alla tua età, più che mai si vive. Come? «In modo totale; arriva all’improvviso e non puoi fare niente per contenerlo. È come se una mattina ti alzi pensando che sia una giornata come tante altre, ti prepari per andare a scuola, apri la porta di casa pronta a farti riscaldare dai raggi del sole e invece vieni investita da un tornado che ti lascia felice, ma anche sgomenta e spaventata».
E per quanto riguarda il saper parlare, di questo «uragano»? Quando avevo la tua età ricordo la prima (ahimè trascurata eppure folgorante) illuminazione sul fatto che i «maschi» e le «femmine» avessero bisogno di una specie di dizionario con cui tradursi reciprocamente, per intendersi ... è ancora così? «Noi ragazze amiamo parlare di emozioni, non c’è niente da fare; ci piace analizzare e cercare di capire ogni gesto o parola, e sicuramente siamo abbastanza disinibite nel confrontarci. Per quanto riguarda i maschi è tutt’altra cosa. Con loro non è facile affrontare certi discorsi; primo perché c’è un imbarazzo di fondo anche da parte nostra in quanto hai sempre paura di venire giudicata in modo sbagliato e secondo perché loro spesso sono impacciati, di poche parole e tendono a mettere tutto sul ridere».
Esistono ancora, come sono sempre esistiti, in un contesto scolastico, i «vincenti» e i «perdenti»? «Purtroppo le classificazioni esistono sempre e anche se non vuoi etichettare nessuno alla fine ti trovi coinvolta in queste definizioni. Generalmente il primo è quello che riesce sempre in tutto e ha molto successo con l’altro sesso. E’ una persona che attrae le persone come le api con il miele e tutti vogliono essergli amico perché viene invitato a ogni festa e la sua presenza è garanzia di successo. Il secondo invece è timido, introverso con poche amicizie, non lo invitano alle feste perché è diverso, magari anche solo perché vestito in modo differente dagli altri e così viene spesso messo in mezzo o addirittura ignorato dai suoi compagni».
Io ho vissuto l’adolescenza senza il contributo di telefonini, internet e, per l’appunto, Facebook. Questi strumenti quanto caratterizzano le vostre relazioni?
«Tantissimo; non riesco a pensare di non poterli avere a disposizione. Penso di essere, come quasi tutti i miei amici, dipendente! Senza il cell mi sento persa, fuori dal mondo, brrr… mi vengono i brividi solo all’idea. Come poter rimanere anche solo un’ora senza mandare un sms alla mia amica? Aspettare di arrivare a casa per sentire la voce del mio ragazzo? Pura follia! Internet è lo stesso, in larga scala; ti permette di parlare con tanta gente contemporaneamente; di fare amicizia stando a chilometri di distanza. Per non parlare del fatto di poter avere risposte e scoprire mille cose in un nanosecondo». A proposito di nanosecondi e di una velocità che rischia di caratterizzare tutto, si parla della tua generazione come una generazione di futuri precari, anche dal punto di vista affettivo: è un pregiudizio? «E’ un discorso complicato. Posso solo dire che in teoria si è sempre alla ricerca di storie serie e belle ma poi invece s’incappa solo in storie facili e poco impegnative. Forse c’è una profonda paura a creare qualcosa di profondo e duraturo».
Quindi almeno idealmente il principe azzurro e l’abito bianco sono ancora dei must?
«Assolutamente sì. L’amore che sto vivendo, per esempio, oggi mi fa dire con certezza che è bello credere nel principe azzurro perché quando meno te l’aspetti arriva con il suo cavallo bianco e ti porta via con sé. Ma questo non vuol dire che il matrimonio sia da mettere al primo posto; magari prima c’è l’università e poi un bel lavoro che ti piaccia!». Fra vent’anni Valentina F. sarà ... «In giro per il mondo a soddisfare la sua eterna curiosità!». :-) «:-)))»". (da Chiara Gamberale, Valentina F., un giorno verrà il principe azzurro e mi porterà via, "La Stampa", 28/07/'09)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

vale è proprio brava a scrivere..ho tutti i suoi libri e son uno meglio dell'altro..I suoi libri ti prendono proprio e nn vorresti che finissero più..nn vedi l'ora di finirlo per vedere come andrà a finire ma sai anke che poi nn avrai più nulla da leggere...STUPENDO!!!vale continua con i tuoi libri...!!=)

Anonimo ha detto...

si, hai proprio ragione anche io la penso come te! :)

sissi ha detto...

Ciao! anche io sono d'accordo con voi due però vorrei tanto vedere la "faccia" di questa ragazza!:P