lunedì 6 luglio 2009

Manoscritti ritrovati


"C'è un modo per vedere come è nata la letteratura italiana. Ed è quello di andare in una delle biblioteche che a Firenze, Londra, Parigi, New York o in qualche altro posto del mondo conservano, nel buio di un armadio blindato, le carte su cui gli scrittori hanno composto le loro opere. Chi ha avuto la fortuna di farlo, difficilmente lo dimentica. Perché in quelle carte, fitte di ripensamenti e cancellature, è possibile vedere una cosa che la storia il più delle volte cancella: il dubbio e la ricerca che sta dietro alla quiete apparente dei classici. La ventina di fogli gelosamente custoditi nel caveau della Biblioteca Vaticana in cui Petrarca ha abbozzato il suo Canzoniere sono, in questo senso, una testimonianza emozionante. In quel fascicolo arrivato miracolosamente fino a noi vediamo Petrarca dialogare con se stesso in latino mentre è al suo tavolo di lavoro: notare le ripetizioni di un avverbio in un giro di versi (attende 'più' 'attenzione al più'), compiacersi per una scelta felice (hic placet), registrare il tempo di scrittura (nocte concubia) o le banali interruzioni (vocor ad cenam). Nessuna tra le letterature moderne può allungare tanto lo sguardo a fondo nelel proprie origini e allo stesso tempo vedere nascere una così alta realizzazione di se stessa. Anche perché non si tratta di una testimonianza unica: sempre in Vaticana è conservato un manoscritto con la Commedia di Dante che Boccaccio ha donato a Petrarca. Si tratta di un codice che - per la sua storia - sembra racchiudere in sé l'essenza stessa della letteratura italiana. Non solo unisce idealmente le 'tre corone' ma è poi passato nelle mani di colui che più di tutti ha contribuito alla loro promozione come modelli di lingua. Sarà infatti sul tavolo del giovane Pietro Bembo alle prese con il testo della prima edizione tascabile della Commedia di Dante, stampata nel 1502 da Aldo Manuzio. Sappiamo bene che in un Paese profondamnete diviso come il nostro, la letteratura è stata il primo laboratorio di una comune identità culturale. [...] Questo patrimonio di autografi disseminato in archivi e biblioteche del mondo ci mette in contatto con il farsi stesso della letetratura italiana. Ma non riguarda che un aporzione limitata dei testi che normalmente leggiamo: di molte opere non ci resta alcuna testimonianza autografa; di altre, abbiamo solo frammenti. Fortunatamente le copie ci permettono di ricostruire ciò che manca. E se molto è stato perduto (o non ancora ritrovato), altro - di certo - attende di essere riconosciuto. Anni fa Vitore Branca raccontò proprio su questo giornale la storia di un codice del Decameron, conservato a Berlino, che insieme a Pier Giorgio Ricci era riuscito ad attribuire definitivamente alla mano di Boccaccio. Simili acquisizioni cambiano radicalmente la nostra lettura dell'opera. Anche per questo, ogni volta che accadono, la mente di tutti va subito altrove: all'autografo della Commedia di Dante, santo Graal della nostra letteratura. Di quelle carte si sono perdute le tracce da secoli: non un rigo scritto da Dante è arrivato sino a noi. L'ultimo che dice di averne visto la scrittura, Leonardo Bruni, ai primi del Quattrocento la descrive così: 'Era la lettera sua magra e lunga e molto coretta, secondo che io ho veduto in alcune epistole di sua propria mano scritte'." (da Matteo Motolese, Manoscritti ritrovati, "Il Sole 24 Ore Domenica", 05/07/'09)

I manoscritti della Commedia

Nessun commento: