martedì 2 settembre 2008

Genji monogatari di Murasaki Shikibu


"Stando a quanto affermano gli studiosi si sa poco o nulla della scrittrice Murasaki Shikibu. Restano di lei il suo luminoso capolavoro il Genji monogatari, una raccolta di poesie, un diario. Murasaki nacque forse nel 973 o nel 978, e sempre forse nel 999 si sposò, ebbe una bambina, il marito morì, entrò a corte e nel 1002 iniziò la storia di Genji. Non sappiamo quando completò la stesura, anche se nel 1008, stando all'autrice stessa, il racconto già circolava di bocca in bocca. Fatto sta che un certo giugno del 1924 la storia de Genji approda nelle mani di Virginia Woolf, nel cuore di Bloomsbury. E' domenica, un giorno di sole caldo, stupendo e Virginia legge il Genji monogatari, insieme a David Copperfield - due capolavori, anche se non dello stesso genere. Il martedì dopo il 16 giugno, la scrittrice inglese è in piena stesura della recensione che le sgorga anche troppo fluida dalla penna. Dovrà semmai stringere, rendere più compatto l'articolo, medita tra sé nel diario. Procede alacremente, inferovrata non solo dall'immenso piacere della lettura; infiammata, piuttosto, da un motivo assai meno sublime, anzi, venale: ben 20 sterline avrà da "Vogue" per la recensione di The Tale of Genji, appena tradotto da Arthur Waley. Su quest'isola dove vivo, osserva Virginia, negli anni in cui lady Murasaki narrava le storie del principe splendente, i miei avi con le dita gonfie di fatica, il cervello contratto dal senso del pericolo, tenevano con difficoltà la penna in mano, e se qualcuno di loro componeva, erano omelie, trattati sull'Antico e sul Nuovo Testamento. In quei medesimi anni, dall'altra parte del globo lady Murasaki contemplava aiuole di fiori bianchi con i petali ancora socchiusi 'come la bocca di gente che sorride ai propri pensieri'. Virginia è colpita dalla metafora che le rivela con quale sapienza l'artista usi la lingua affidando a dei tocchi lievi la costruzione di atmosfere, la descrizione dei sentimenti. E si mette a immaginare. Sente lady Murasaki che legge a voce alta le storie di Genji a gente come lei, uomini e donne colti, squisiti, sofisticati. Uomini e donne adulti, che non chiedono storie di guerra per eccitarsi. Non pretendono catastrofi per sorprendersi. Al contrario, si lasciano assorbire nella contemplazione della natura umana, per volontà di conoscerla, più che di correggerla. La loro attenzione si concentra su come un uomo (Genji) si appassioni di una donna, e poi di un'altra; in che modo spasmodico desideri le cose che gli sono negate. Come aspiri alla tenerezza, all'intimità, e mai riesca a raggiungerla. Come si inebrii di fronte al grottesco, al fantastico. E riesca a sorprendersi della neve che cade. E come gode di quanto è bella! E mentre la osserva, desidera un altro, un'altra per condividere la gioia. Trasportata dall'immaginazione a un contatto quasi medianico con Murasaki, Virginia, che non sa nulla della scrittrice giapponese, si abbandona a una specie di ascensione immaginativa, di traslazione mistica. E nel brivido di un'affinità sgomenta con l'antenata intuisce la prima differenza: 'Lady Murasaki è senz'altro vissuta in un'epoca tra le più propizie per un artista, e in particolare per un'artista del suo sesso'. Era un'epoca in cui l'accento principale dell'esistenza non cadeva sulla guerra, e gli interessi degli uomini e delle donne non si fissavano su un solo oggetto, la politica. Libera dalla pressione violenta di queste due forze, che Virginia sente invece pesare sul tempo e luogo della sua propria esistenza, la vita all'epoca di Murasaki si esprimeva in complesse descrizioni del comportamento umano, in poesie che spezzavano la superficie del silenzio lasciando code d'argento. O nella danza e nella pittura e nell'amore della natura selvaggia, che 'proviamo soltanto quando ci sentiamo sicuri'. Sicurezza che non è più quella di Virginia. Era naturale allora per uno scrittore scrivere di cose ordinarie con tanta bellezza. Murasaki del resto lo esplicita, e Virginia concorda: ci sono due specie di artista, l'artista che insegue il capriccio, e l'artista che cerca di rendere la bellezza reale delle cose che gli uomini usano giorno dopo giorno. E' facile impressionare qualcuno se si disegna un rabbioso mostro marino in un mare in tempesta. Mentre all'artista Murasaki (come a Virginia) interessano i monti e i fiumi così come sono, le case come le vediamo dovunque, con la loro autentica bellezza e armonia di forme. A Murasaki piace 'pronunziarsi sul cuore umano'. E per fare ciò, è consapevole di dover 'diffidare di tutte le ariette e graziette alla moda, di tutti i trucchi di eloquenza studiati solo per piacere a chi guarda da fuori'. [...] Storia dopo storia, senza fretta, senza fine, come sgorga l'acqua da una fonte, la vita di Genji fluisce dalla penna di Lady Murasaki. E nuovi personaggi intorno a lui sorgono come le stelle nel cielo, luminose, serene, senza spingere, senza affrettarsi. Non vogliono certo oscurare il rpincipe che rimane l'insuperabile eroe al centro del suo mondo; semmai, affermano il diritto alla loro propria lucentezza che Lady Murasaki equanime loro riconosce. A Bloomsbury, mille e più anni dopo, la vita è diversa, anche se forse non troppo diversa quella amorosa. [...] Genji non è poi così differente da quella specie di principe splendente che dopo qualche anno Virginia Woolf si inventerà, e chiamerà Orlando. [...] Parte dello charme che Murasaki esercita sul lettore è senz'altro contingente, comprende Virginia Woolf. E' un sapore esotico, sì che quando parla di 'case come se ne vedono dovunque', quelle case hanno pur sempre un'aura straniante. Ma ragiona: le faremmo torto se sedotti dal nostro proprio voyeurismo e bovarismo, le affibbiassimo un sentimentalismo che non ha affatto: se le attribuissimo un'estetica del grazioso che non le appartiene. La sua arte è squisita, ma senza un tocco di decadenza; è fresca, è purissima. Non v'è traccia di languore. Nel modo in cui Virginia Woolf rimane sull'orlo affascinata, nel modo in cui ammira senza volersi impossessare di niente, io vedo una lezione di etica e di stile. La storia di Genji è e rimane per lei un libro 'straniero' dove in maniera simile e insieme diversa si intrecciano i fili del piacere e del dolore nelle vicende umane. Poiché c'è qualcosa che è lo stesso, il lettore si immedesima. E' tale modo disappropriante che mi consente un'ultima osservazione, da straniera. Allo stesso modo di Virginia xenofila. Questo è un libro scritto da una donna mille anni fa. In esso più volte la scrittrice a mo' di mise-en-abime innalza un inno alla scrittura. E intende propriamente la calligrafia. E allude a un godimento tutto speciale, un godimento più grande di quando nella parola cerchiamo il fantasma del significato, un godiemnto della piena presenza della parola - lì per essere gustata con gli occhi; una parola che è bella per come la mano l'ha tracciata. E' la scrittura che è bella, e d'artista la mano che ha disegnato quei segni: ecco una nostalgia davvero irreparabile, ecco un impero dei sogni e dei sensi definitivamente tramontato." (da Nadia Fusini, Il principe splendente, "La Repubblica", 02/09/'08)
The Diary of Murasaki Shikibu (da Upenn.edu)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non conoscevo la storia di questa poetessa.
Ho dato un'occhiata a questi post, e sono decisamente interessanti.

Mi serviranno sicuramente per trarre spunti alle mie letture!
Grazie
Giusy
georgec@alice.it