"Libri per tutti", tre giornate di studio a Milano, Palazzo Greppi, Sala Napoleonica, 24-26 settembre 2008.
"Che gli italiani non leggano è ormai un luogo comune. I cosiddetti lettori 'forti', quelli cioè che leggono più di 12 libri all'anno, sono solo il 3% della popolazione, mentre il 37% non legge affatto. La scarsa familiarità con la lettura non è una novità. L'Italia dopo essere stata fino alla metà del Cinquecento uno dei Paesi di più elevata alfabetizzazione, ha perso il primato, giungendo tra l'Ottocento e il Novecento a tassi di gran lunga più bassi degli altri Paesi occidentali. Anche ora che il divario è colmato, il consumo di libri è lontano dai livelli di altre parti d'Europa. Restano poi le solite vistose differenze tra Nord e Sud. Per quanto non vi sia una precisa relazione tra alfabetismo e abitudine alla lettura, le statistiche lanciano sistematicamente messaggi sconfortanti e c'è la tendenza a una sorta di analfabetismo di ritorno, persino nelle classi dirigenti. Ma le statistiche non dicono tutto. Non dicono ad esempio che sono esistiti generi editoriali di larghissima diffusione che hanno inciso profondamente sulla sulla formazione degli italiani. E' un insieme molto composito, costituito da titoli di devozione, di insegnamenti pratici, di testi letterari e scolastici. E' impropriamente definito 'popolare' per le sue caratteristiche materiali e tematiche, ma è diffuso e consumato a tutti i livelli sociali, anche se secondo pratiche differenti. Più che altrove in Italia l'uso del libro è legato alla preghiera, all'istruzione e molto meno allo svago. Così, mentre in Europa si consolidano pubblici abituati alla lettura come forma ordinaria di intrattenimento, in Italia stenta a formarsi un pubblico medio, stabile, abituato a leggere per consolidata abitudine più che per scopi di istruzione e di edificazione religiosa. Non è però facile riuscire a ricostruire il ventaglio completo delle letture di un'epoca. C'è sempre una pregiudiziale colta che seleziona le letture e penalizza sistematicamente quelle più diffuse e popolari. Finisce così col contare solo la produzione alta, quella che passa per le librerie - che sono luoghi poco frequentati dai lettori non abituali - e quanto è destinato a venire custodito nelle biblioteche. Ma librerie e biblioteche non hanno mai esaurito il panorama complessivo delle proposte di lettura. Sono più vitali altri circuiti - gli ambulanti, le fiere, le edicole, i supermercati - attraverso cui transitano miriadi di altri prodotti scritti destinati a non essere conservati. E' noto il paradosso secondo cui i veri libri rari non sono quelli che vengono salvaguardati come tali nei nostri istituti di conservazione, bensì i prodotti a destinazione popolare. Sono state censite 263 copie del Polifilo di Aldo Manuzio del 1499 solo in collezioni pubbliche, che è uno dei libri più ricercati dai collezionisti. Se si tiene conto che se ne saranno stampate 500 copie, si vede bene che a distanza di mezzo millennio se ne conserva una bella percentuale. Ma provate a cercare in una biblioteca uno di quei romanzi della Delly che tanto appassionavano le ragazze di qualche decennio fa. Se ne trovano solo sporadici esemplari in collezioni casuali di biblioteche di provincia. Di questi temi si parlerà al convegno milanese organizzato dalle università di Firenze, Pisa e Venezia e in collaborazione con la Fondazione Mondadori e l'Istituto Lombardo di Storia Contemporanea." (da Mario Infelise, Circolare, libri, circolare!, "Il Sole 24 Ore Domenica", 21/09/'08)
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