venerdì 6 giugno 2008

A Vienna travolti dal destino


"E' una città fantasma, la Vienna che ambienta due libri appena usciti. Un po'
magica e un po' da incubo, certo surreale a dispetto delle nitide circostanze storiche in cui le vicende si svolgono. Il venti di luglio è il racconto che dà il titolo alla raccolta di Alexander Lernet-Holenia (traduzione di Elisabetta dell'Anna Ciancia per Adeplhi). E' il giorno del fallito attentato a Hitler, ma la vicenda che vi si innesta prende le mosse molto prima, e precisamente nel 1936, quando un certo Alberti, studioso di glottologia, sposa la figlia di un tal dottor Joel, con cui condivide la passione per le antiche lingue orientali. Da quel momento in poi è tutto un intreccio di identità, di equivoci, di atmosfere
che si squarciano bruscamente. Al centro della storia non ci sono affatto il Fuehrer e la sua mancata fine, ma l'amicizia fra due donne e le trappole in cui il destino fa cadere entrambe. Anche negli altri racconti di questo libro, il destino - e con esso la guerra - travolge tutto. I personaggi, siano uomini o cavalle di razza come Maresi, che dà il titolo al primo, vengono spietatamente sradicati in un mondo che non riconoscono più. Ma chi è più sradicato di 'Mendel dei libri' che 'gli occhiali inforcati, la barba irsuta, vestito di nero, leggendo si dondolava come un cespuglio al vento'? Mendel non è in sinagoga, anche se quel moto scomposto potrebbe assomigliare a una preghiera. La sua casa - o meglio tutto il suo mondo - sta al caffè Gluck di Vienna. Dentro le pagine, che lui conosce come nessun altro. Mendel dei libri è un racconto di Stefan Zweig (traduzione di Ada Vigliani per Adelphi). E' la storia di un uomo mirabile che conosce tutti i libri: una specie di archivio informatico prima che inventassero i microchip. A lui si rivolgono studenti e professori in cerca del volume raro, del testo irreperibile, di un tassello mancante all'indicazione bibliografica. Mendel vive al caffè Gluck, tutti sanno dove trovarlo. E' un ebreo errante, momentaneamente devoto al 'rutilante e sfaccettato politeismo dei libri'. L'io narrante lo incontra quasi per caso, ne scopre la prodigiosa memoria bibliografica. Più avanti scoprirà anche che Mendel è davvero un ebreo errante: la storia lo scaraventa nel presente con violenza inaudita, il caffè Gluck lo perde e comincia per lui una serie di peripezie assurde. Lo scenario si sposta bruscamente, e l'io narrante si dà alla ricerca di quella misteriosa identità nascosta dentro i libri. Chi è Mendel? Una specie di biblioteca di borgesiana biblioteca di Babele - in carne ed ossa. Una lezione morale. Un mite simbolo di quel che significano i libri. E', anche e soprattutto, un ometto generoso che non lesina mai quel tanto che sa, incapace com'è di deludere anche la più bislacca richiesta bibliografica. E' il protagonista di un piccolo capolavoro che si può leggere in tanti modi diversi. In fondo, questo racconto di Zweig è una parabola sulla 'caducità e sull'oblio', ma anche sul nostro inesausto e indecifrabile bisogno di non essere dimenticati." (da Elena Loewenthal, A Vienna travolti dal destino, "TuttoLibri", "La Stampa", 31/05/'08)

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