martedì 17 giugno 2008

Trattato della lontananza di Antonio Prete


"'Lontano giace il mondo', cantava Novalis 'perso in un abisso profondo', ed ecco gli si presentavano dinnanzi 'lontananze (Fernen) della memoria, / desideri di gioventù, / sogni dell'infanzia': gli venivano incontro 'in vesti grigie, / come nebbie della sera / quando il sole è tramontato'. Noi invece l'abbiamo perduta la lontananza: tutto oggi appare vicino, a portata di mano. 'La tecnica del nostro tempo' scrive Antonio Prete 'la tecnica oggi trionfante, è infatti la tecnica del lontano. L'avverbio greco tele - lontano - che compare già nei primi poeti greci, va a comporre gli elementi e gli strumenti della tecnica contemporanea. Telefono, televisione, telematica. Tutto quel che è lontano - isole, deserti, città, avvenimenti, paesaggi, costumi di ignote popolazioni - viene oggi verso di noi, bruciando il tempo e lo spazio della lontananza'. Lontananza, invece, è parola prossima a 'ricordanza', il termine che Leopardi usava per indicare il movimento del ricordare, 'cioè il salire di un'immagine antica ... verso una nuova presenza, verso un nuovo tempo. Il tempo della poesia'. Il libro di Prete vuole invitare il lettore 'a sostare per un poco sulle figure nelle quali la lontananza si racconta e si dispiega, facendosi ritmo e passione, lingua e meditazione'. E' il libro, ricco e raccolto, di un poeta che parla di poesia: un libro che attraversa la letteratura, la pittura, il suono con passo veloce e ispirato, come tenendo gli occhi socchiusi nel pensiero. Si aprono così dinnanzi al lettore - che dovrà leggere invece con lentezza, assaporando gli accostamenti e le sequenze dei testi, rimanendo coinvolto dal discorso elegante dell'autore - alcune delle 'figure' principali della lontananza: l'addio, l'orizzonte, il cielo, la nostalgia e l'esilio; la pittura, la cartografia, la poetica; l'amore, l'ombra. 'Era già l'ora che volge al disio /ai navicanti e 'ntenerisce il core / lo dì c'han detto ai dolci amici addio' mormora Dante in Purgatorio VIII, 'e che lo novo peregrin d'amore / punge, se ode squilla di lontano / che paia il giorno pianger che si more'. 'Addio monti sorgenti dalle acque', pensa Lucia sul lago, mentre la luna inargenta e incanta il paesaggio. 'Addio del passato bei sogni ridenti', canta Violetta nella Traviata. La letteratura è piena di addii: da Arianna a Creusa, da Werther a Jacopo Ortis a Emma Bovary, a 'Notni nei Malavoglia, a Holderlin, Rimbaud, Kafka, Neruda. Tutto un mondo si allontana, nell'addio, e permane soltanto nel 'disio' di chi parte. Il giorno 'si more', sorge la luna: la luce stessa sembra farsi distante, sottile. L'addio preannuncia l'esilio, la morte: la lontananza suprema. I pittori del lontano impiegano l'azzurro. Leonardo che teorizza la forza della pittura consistere proprio nel dimostrare 'in una piana superficie per forza di scienza le grandissime campagne co' lontani orizzonti', pensa che le gradazioni dell'azzurro possano rendere, insieme alla luce e all'ombra, le distanze. E dipinge un'Annunciazione (agli Uffizi) che apre, fra le braccia e le ali dell'angelo, il paesaggio, oppure una Vergine delle rocce in cui il celeste è sommerso dal dorato (al Louvre) o si fa più intenso e soverchiante (alla National Gallery). Ma ecco anche la 'lontananza tempestosa' di Giorgione, l''intimità tonale' di Tiziano, la luce di Goya, Van Gogh, Monet; soprattutto quella del Viandante nel mare di nebbia e del Paesaggio di sera con due uomini di Caspar David Friedrich, e quella della Stella della sera di Turner. Come dipingere la lontananza è uno dei capitoli più suggestivi del libro. Incantesimo o artificio, meditazione: visione. 'L'alba vinceva l'ora mattutina / che fuggia innanzi, sì che di lontano / conobbi il tremolar della marina'. Anche i suoni segnano la lontananza: nel brano sui naviganti di Dante, è la 'squilla di lontano', al tramonto, ma in Leopardi sarà il vento che stormisce tra le piante nell'Infinito, o il canto che si ode per i sentieri 'lontanando morire a poco a poco' nella Sera del dì di festa. Il vento, soprattutto, è la voce del remoto che giunge sino a chi lo sa ascoltare: da san Francesco a Shelley, da Holderlin a Montale, è l'alito del cosmo che si fa sentire: 'Oh il gocciolio che scende a rilento / dalle casipole buie /, il tempo fatto acqua, / il lungo colloquio coi poveri morti, la cenere, il vento, / il vento che tarda, la morte, la morte che vive!'. E basterebbe poi pensare alla musica: il violino solo che apre il Benedictus nella Missa solemnis di Beethoven e che resiste sino alla fine, oltre le voci umane, concludendolo, è il 'mormorio di vento leggero' del Libro dei Re: Dio, abissalmente lontano, che passa accanto a Elia. 'Non addio', scriveva Eliot nei Quattro Quartetti, ma 'Buon viaggio!': 'not farewell, but fare forward'." (da Piero Boitani, Trattato della lontananza, "Il Sole 24 Ore Domenica", 15/'6/'08)

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