lunedì 9 giugno 2008

Firmino: divorare libri è una virtù?


"Abbiamo appreso dai giornali che Firmino non è, forse, un topo molto originale, che il signor Savage suo creatore lo ha clonato da qualche altro libro, o se ne è fatto pesantemente ispirare. Ma appurarlo non è così importante, semmai è la conferma che si tratta di un 'caso' significativo, nel panorama dell'editoria contemporanea abituatissima alle copie esplicite o appena nascoste. Il super-successo di un libro, si sa, dipende dai lettori, e Firmino è andato forte, in libreria, e ha perfino trionfato al Salone del Libro di Torino, ma il libro ci incuriosiva e lo avevamo già letto prima del trionfo. Ci incuriosiva la storia del topo che divora libri per bisogno di nutrimento non corporale ma spirituale, però, a dire il vero, l'avevamo trovata piuttosto insipida. L'autore ha saputo mescolare abilmente echi disneyani e di moderno romanzo a fumetti, e più indietro quelli di una narrativa minore tradizionalmente yankee (alla Lardner, alla Nathan, soprattutto alla Frank Capra, che ne divulgò e fossilizzò le convenzioni): un 'fantastico' dolce e scorrevole, bizzarro e sentimentale, dei personaggi un po' strambi però vicini e affettuosi, una scrittura accattivante benché un po' pomposa, e la mescolanza dal punto di vista del topo (dell'Autore) di esperienza umana e esperienza topesca. Ma lo scrittore non è eccelso, Firmino fa fatica a tenere insieme la natura animale e gli antropomorfi, umanoidi bisogni di cultura. Un'operazione di testa e a tavolino? Oppure il frutto di una simpatica benché esile autenticità? Se fosse vero il plagio, la seconda ipotesi sarebbe da escludere. Ma non importa, quello che conta è quanto il successo di Firmino rivela non del suo autore (e dei suoi editori, dei suoi critici) ma dei suoi lettori. Il tema è l'elogio della lettura. Ma il vecchio luogo comune per cui 'chi legge è migliore di chi non legge' io non mi sono mai sentito di sottoscriverlo, avendo avuto la fortuna, in un passato lontano, di frequentare analfabeti e semianalfabeti che non leggevano mai o leggevano pochissimo ma che erano portatori o fruitori di una immensa tradizione orale, fatta di racconti realistici e sacri o profani, di apologhi e aneddoti, di proverbi e preghiere ... La storia del Novecento è stata però anche la storia dell'incontro tra quella cultura popolare con la cultura di massa, strumento di emancipazione e democrazia per 'i ceti non abbienti' e 'le classi subalterne'. Ma oggi? Oggi le vere e prime letture di massa sono i quotidiani regalati per strada - strumenti di pubblicità e inidrizzatori di consenso (solo più trasandati e veloci dei giornali e delle riviste a pagamento, che hanno troppo spesso per maestra e guida la dea Pubblicità) - e sono, tra i libri, i best-seller. Talvolta il pubblico è intelligente, anche più della critica, e può premiare un bel libro o un libro che ha senso, ma più spesso premia il libro più furbo e superficiale. L'ambizione di Firmino è esaltare l'amore per la lettura e gratificare i 'lettori forti' lusingandoli, dicendo loro che sono migliori, che hanno più sentimento, intelligenza, anima e che sono più umani di chi legge poco o niente. Anche se non ci sono più (almeno tra gli italiani) analfabeti portatori di cultura degna e alta, questa conclusione non è convincente. Provare a leggere i libri più letti - e io, per curiosità, lo faccio spesso - non è molto gratificante e per una piacevole scoperta, quante scemenze! Possono servire a capire cosa va e cosa no nel mondo e nella mass culture, e anche su cosa va e non va nel sistema editoriale, sempre più schiacciato sul mercato. E a capire i perché degli insuccessi: su mille presunti best-seller lanciati in un anno, pochissimi lo diventano davvero e gli altri sono destinati al macero, insieme a libri non venduti benché ottimi e necessari. Le gratificazioni offerte da Firmino al 'lettore forte' servono davvero ad accostare alla cultura come conoscenza utile e stimolo fattivo o non sono solo uno stimolo a consolarsi e piacersi, a non-pensare e ad allontanarsi dai problemi, a riempire il tempo e il vuoto sentendosi migliori solo perché si legge? Segnalo un libro che, al contrario di Firmino, mi è piaciuto tantissimo: Mister Pip - già recensito positivamente su queste pagine da Renzo Crivelli - del neozelandese Lloyd Jones. La lettura di Grandi speranze fatta ai bambini e ragazzi di un'isola lontana travolta da guerre e violenza aiuta qualcuno a crescere, a confrontarsi e trovarsi, a pensare e capire. Certi libri, dice Mister Pip, servono ancora, ma il contesto è importante." (da Goffredo Fofi, Divorare libri è una virtù?, "Il Sole 24 Ore Domenica", 08/06/'08)

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