lunedì 20 dicembre 2010

Tlön, Uqbar, Orbis Tertius et El Sur


"«Debo a la conjunción de un espejo y de una enciclopedia el descubrimiento de Uqbar ...»: «Debbo la scoperta di Uqbar alla congiunzione di uno specchio e di un'enciclopedia. Lo specchio inquietava il fondo di un corridoio in una villa di via Gaona ...». Lo avrete riconosciuto. È il celeberrimo inizio di uno dei libri capitali della letteratura del Novecento (anzi, di sempre): Finzioni di Jorge Luis Borges. Il libro più raffinato dello scrittore argentino, quello cui deve – più di tutto – la sua immortalità. Uscì nel 1944 in Argentina, poi dilagò pian piano per tutto il mondo. In Italia arriverà nel 1955 grazie a Franco Lucentini e a una di quelle combinazioni che solo la letteratura può dare: la racconta molto bene Domenico Scarpa nel suo benemerito Storie avventurose di libri necessari (Gaffi). Ma questa è un'altra storia ...
Lo stesso Scarpa confessa in più punti di quel suo libro di critica, che è uso trascrivere a mano i passi degli scrittori che sta cercando di capire e interpretare. È una pratica, a mio parere, molto utile. Scrivere, o trascrivere, è entrare dentro la scrittura, è ricreare le parole e l'universo che esse sottendono; è ricercare l'essenza della letteratura nel suo farsi concreto: nell'essere scritta.
C'è stato un tempo – e parrà sempre più strano, in futuro – che gli scrittori, i libri li scrivevano a mano. Niente macchine da scrivere, meno che mai pc, figurarsi tablet. Posto che la scrittura resta fondamentalmente una magia, è vero però, che la tecnologia (come e dove si scrive) ne influenzi le caratteristiche intrinseche, e, chissà, forse anche la materia. Sta di fatto che Borges, quei racconti di Finzioni, li scrive mano.
Su carte finemente quadrettate, con quella sua grafia minuta, perfetta, nitidissima. Borges rimette mano al testo fino all'ultimo e trova sempre, nella ri-lettura (una volta che il testo è finalmente di-spiegato) occasione per modificare, migliorare, affinare. Qui sopra vedete come cancelli la parola sottostante e scelga il verbo «inquietare»: che lancia prospettive inaudite al racconto.
Ebbene. Nell'ottobre del 2008, la Fondazione Bodmer di Ginevra acquisì, per 378 mila franchi, il manoscritto: ventisei pagine. Era un modo per rendere omaggio allo scrittore, che a Ginevra aveva vissuto gli ultimi anni. «Abbiamo acquisito un manoscritto mitico» disse allora il direttore della Bodmer, Charles Méla, ben sapendo di non esagerare con gli aggettivi. Il testo di Tlön, redatto nel 1940, andava ad aggiungersi, nel patrimonio bodmeriano, a un altro Borges: il manoscritto di El Sur, cioè l'inizio e la fine di Finzioni. Oggi la Bodmer, grazie all'editore Puf, rende disponibile il manoscritto, in una ristampa anastatica e in un'edizione critica in spagnolo e francese. In un bellissimo libro, che vale la pena possedere e ammirare.
L'emozione di vedere il manoscritto borgesiano è grande. Ma certamente non pareggia quella di averli sottomano, fruscianti sotto le dita. Mi è capitato all'ultima Fiera di Francoforte. Il libraio antiquario Víctor Aizenman ha presentato un catalogo di manoscritti ed edizioni originali di Borges mozzafiato. Penso che fosse anche il precedente proprietario del manoscritto venduto alla Bodmer. Di sicuro alla Buchmesse aveva ancora tutte le prime edizioni originali stampate (e si stava entro i venticinquemila euro) e i manoscritti di Avvicinamento ad Almotàsim (secondo racconto di Finzioni), Le rovine circolari, La lotteria di Babilonia, Esame dell'opera di Herbert Quain. Non bastasse: c'era un pezzo unico. Il manoscritto di La biblioteca total, uscito nell'agosto del 1939 sulla rivista «Sur» e mai raccolto in volume. È la prima, spuria versione di La biblioteca di Babele (1944), il racconto che dà senso alla parola «borgesiano». Il prezzo «superava le centinaia di migliaia di euro», mi disse l'antiquario. Non aveva tempo da perdere con uno che chiaramente non aveva abbastanza soldi per iniziare una trattativa. Ma abbastanza passione da capirne il valore, sì.
È solo un pezzo di carta scritto, direte. Già. È proprio così. E si può dire lo stesso di quasi tutta la letteratura che ci ha fatto sognare. Qualcuno l'ha scritta, e per lo più a mano. E lo ha fatto per noi, i lettori, più che per se stesso. Ecco perché un semplice pezzo di carta ci può essere così prezioso." (da Stefano Salis, La minuta preziosa firmata da Borges, "Il Sole 24 Ore Domenica", 19/12/'10)

Tlön, Uqbar, Orbis Tertius

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