sabato 11 dicembre 2010

I lettori del futuro

"Tutto è partito da un testo per ragazzi: il classico Alice, che in versione e-book è diventato un'opera multisensoriale. Ma la metamorfosi riguarderà tutti i volumi digitali prossimi venturi. Arricchiti da fotografie, mappe, grafici, filmati per la versione iPad. Veri e propri 'libridi' da leggere, da guardare, da ascoltare. Insomma, le sole parole non bastano più a immaginare un mondo. Sta nascendo una nuova forma di creatività? O saremo prigionieri della fantasia?


Per stupire le bambine vittoriane che incontrava per strada o sulla linea ferroviaria Oxfrod-Londra (ai maschietti badava meno), Lewis Carroll teneva nella borsa che portava sempre con sé alcuni mirabilia: illusioni ottiche, piccoli automi, scatole magiche, specchi sorprendenti, come quello che non inverte la destra e la sinistra. Oggi la borsa del vecchio e ingegnoso illusionista di Alice nel paese delle meraviglie sarebbe ben più leggera ma anche più fornita di giochi, trucchi e illusioni. Gli basterebbe un iPad: ma non sarebbe più l'unico ad averlo. L'illusionismo si è democratizzato, o almeno è arrivato sul mercato.
La prima volta che qualcuno ci mostra un iPad quasi invariabilmente cerca di stupirci mostrandoci proprio l'edizione iPad di Alice nel paese delle meraviglie, con la simulazione di gravità per cui nelle illustrazioni del testo un orologio oscilla appeso a una sua catena e gli oggetti si spostano seguendo le scosse che diamo effettivamente alla tavoletta elettronica. Ooooh! Catturare l'attenzione dei bambini è sempre stata una gran bella sfida per scrittori ed editori. Proprio Teste di ricambio, un bizzarro libro per bambini aveva ispirato a Raymond Queneau i suoi dieci sonetti a versi intercambiabili (Centomila miliardi di poesie). In Italia i libri-giocattolo se li inventa un altro genio, Bruno Munari. Oggi le librerie per bambini e ragazzi, o i reparti specializzati delle librerie, esibiscono libri che non sono solo libri ma contengono giochi, materiali, persino strumenti scientifici (per esempio, i libri laboratorio di Editoriale Scienza).
Molto di questo (ovvero, tutto ciò che non implichi un'attività vera e propria del piccolo lettore sulla materia fatta di molecole e non di pixel) ora si moltiplica grazie alla tecnologia. Già ora sono su iPad (oltre ad Alice) Geronimo Stilton, riduzioni dalla Bibbia, libri da colorare. Dato poi che la tecnologia fa regredire a stadi infantili anche i sessantenni, è possibile leggere o rileggere fra gli altri Il cacciatore di aquiloni (Simplicissimus-Piemme) nella sua incarnazione per iPad, con fotografie, mappe, testi collaterali, file audio e grafici a portata di dito.
È il "librido" o il "libroide". Qui bisognerebbe usare quella forma apparentemente casta e igienica di turpiloquio che è il tecnicismo: spin-off, cross-over, multimedia. È proprio sovrapponendo le modalità diverse del trapianto testuale, del salto di genere e del cambio di mezzo, infatti, che si può provare a riassumere quanto sta succedendo alla forma del libro, da quando i tecnologi hanno aperto lo sportello della gabbia tipografica. Se esiste un dipartimento ultraterreno degli eccentrici, è probabile che è proprio di questo che Lewis Carroll stia parlando con Marshall McLuhan - il genio della massmediologia a cui sta per essere dedicato un convegno allo Iulm di Milano (1911-2011: Il secolo McLuhan, 20-21 dicembre).
È del tutto sensato e legittimo che nascano prodotti progettati e realizzati direttamente per l'iPad. Diverso è il caso dei libri tradizionali che vi vengono riversati e arricchiti, o meglio, trafitti e lardellati di link, magari gustosi ma certo nutrizionalmente superflui. Bisogna fare una seconda distinzione, tra romanzi (o comunque fiction) e saggi (o comunque prosa non-fiction). In questi tempi Umberto Eco sta aggiornando la sua pionieristica idea di enciclopedia multimediale (su cd-rom) con il vasto progetto della Storia della Civiltà Europea (Encyclomedia Publishers), i cui primi volumi stanno uscendo, con originali sistemi di integrazione dalla carta stampata al web, nei diversi formati. Benissimo: più informazioni, meglio organizzate e a prezzi più economici. Ma quando si annunciano, dall'estero, versioni integrate di Orgoglio e pregiudizio con video con attori famosi, è naturale chiedersi se al godimento del lettore non bastasse la scrittura di Jane Austen. Siamo condannati in blocco al feticismo di chi usa il romanzo preferito come Baedeker e va a visitare le spiagge di Proust, i ristoranti di Maigret e, se solo fosse possibile, le baldracche di Bukowski? Come diceva proprio McLuhan, più si alza la definizione, più si abbassa il livello di attività interpretativa da parte del fruitore (modo gentile per ripetere, con Iannacci e Viola: "La television la te indormenta come on coion"). Per la lettura come flusso multisensoriale e trasognato c'è in ogni caso il cinema.
Ma poi. Se già scrivere un libro decente non è un affare da poco (checché diano mostra di pensarne editori tirchi, critici improvvisati e anche lettori superficiali), immaginarsi cosa diventerà scriverlo bene e poi mantenere alla stessa altezza anche i contributi multimediali, acquisendo i diritti di opere edite o commissionandone di inedite. E poi quanto costerà tutta quella roba? Quel po' di vantaggio che si poteva ottenere con il risparmio su carta e costi di stampa e di distribuzione è stato già ampiamente intaccato dagli esosi produttori e dalla creatività del fisco (la cultura non si mangia, dice, ghignoso, l'esattore: l'Iva sui prodotti di intrattenimento invece sì). Ora si rischia di annullarlo dalla strana necessità di corredare il testo di questo genere di contenuti di cui non si sa come l'homo sapiens sapiens abbia potuto fare a meno sinora. Come si è già visto con la fotografia e con la musica, c'è la sensazione di andare incontro a un'epoca di (ulteriore) svalutazione delle opere dell'ingegno, a tutto vantaggio di quelle dell'engineering.
E poi, cosa sono tutte queste didascalie e spiegazioni? Un piccolo esempio: su Wikipedia, non solo la voce Romanzo Criminale contiene uno specchietto con la "chiave" dei personaggi del libro, che vengono riportati al loro modello nella realtà. Anche la voce Banda della Magliana rivela quali personaggi della fiction corrispondono ai veri banditi. Non è strano? La multimedialità libroide porta con sé una dotazione di imprevedibile ricchezza di spiegazioni inutili. Certo, c'è sempre stato il lettore tassonomico che consulta la Treccani per sapere quale personaggio di Il Nome della Rosa è "realmente vissuto" e quale no. Ma nel momento in cui il testo diventa permeabile al materiale extratestuale qualche ragione di opportunità converrà porsela, prima che gli ingegneri della multimedialità non decidano che i testi letterari non sono più autosufficienti.
Ogni rischio sarebbe scongiurato qualora si aggiungesse senza sostituire. I bambini amano l'iPad, ma hanno sempre adorato anche il libro tradizionale e sarebbe un delitto togliere loro la possibilità di immaginare autonomamente. Certi adulti adorano seguire Vladimir Nabokov, quando in un decina di pagine fitte di scrittura e diagrammi ricostruisce la mappa dei giri per Dublino di Leopold Bloom, nell'Ulysses di James Joyce: ma dedicherebbero non più di un'occhiata annoiata a una schermata che riassuma tutto, su Google Maps.
Il rischio è che, tempo una generazione e mezzo, non sarà più possibile raccontare neppure una barzelletta senza chiedere l'aiuto di un valente regista e di uno scenografo magari megalomane. La sicurezza è che se oggi Richard Wagner volesse insistere con il suo concetto di 'opera totale' gli toccherebbe anche cucinarci qualcosina." (da Stefano Bartezzaghi, I lettori del futuro, "La Repubblica", 11/12/'10)

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