lunedì 27 dicembre 2010

La verità delle menzogne


"Mario Vargas Llosa è essenzialmente un letterato, oltre a essere un grande romanziere, e tuttavia, all'annuncio del premio Nobel, di lui si sono piuttosto sottolineate le vicende e convinzioni politiche. Benvenuto dunque il suo libro esile ma essenziale, La verità delle menzogne. Saggi sulla letteratura, nella traduzione di Angelo Morino. Un libro, che risale al 1990, in cui si consacra la fede di Vargas Llosa nel romanzo, offrendo i tanti «spunti della sua ben attrezzata officina» (sono parole del critico José Carlos Mainer su Babelia).
Tra questi spunti, nella riedizione spagnola del 2002, si trovava Cuore di tenebra di Joseph Conrad con il sottotitolo Le radici dell'umano. Circostanza assai importante perché proprio dalla lettura di Cuore di tenebra nacque, in Vargas Llosa, molti anni più tardi, il proposito di scrivere la sua opera più recente: quel Sueño del Celta, che, appena uscito in Spagna, sarà pubblicato in Italia nel maggio 2011, come sempre presso Einaudi, tradotto da Glauco Felici.
A dire il vero nell’edizione italiana tra i tanti romanzi esaminati, che vanno da Morte a Venezia a Festa mobile, passando per opere notissime quali Il grande Gatsby, La signora Dalloway, Il dottor Zivago, Il Gattopardo, manca proprio Cuore di tenebra.
Compare, tuttavia, più volte, proprio il nome di Conrad, citato per i suoi «meditabondi bucanieri», accanto ai «flemmatici aristocratici proustiani», agli «omuncoli incalzati dall'avversità» di Kafka e dagli «eruditi metafisici» di Borges: personaggi estremamente diversi tra loro che, pure, come dice Vargas Llosa, ci esaltano e ci commuovono «non perché non hanno nulla a che vedere con noi», ma perché il romanzo è un'abilissima mescolanza di verità e di menzogna.
Diciamo pure che tutto il testo di Vargas Llosa è un'appassionata disamina della finzione romanzesca, in quanto fronteggia la nostra vita «per raccontarla», pur trasformandola. E tanto è più abile la mescolanza, tanto più valido è il romanzo in cui «i fatti sono sottoposti a profonde modificazioni» ora dettate dal tempo ora dalla disposizione d'animo dell'autore ora dalla Storia.
Fondamentale concludere che «ogni buon romanzo dice la verità e ogni brutto romanzo mente» e questo, proprio perché «dire la verità» per un romanzo significa far vivere al lettore un'illusione e «mentire», invece, è, al contrario, essere incapace di compiere quel sopruso.
La verità delle menzogne, come si sarà capito, è un testo appassionante per il modo personalissimo in cui l'autore rilegge testi molto noti offrendone singolari interpretazioni: esemplari, in questo senso, ci sembrano, tra i tanti, Lolita, Il Gattopardo, Gente di Dublino, ma se ne potrebbero citare molti di più. Chi scrive ha avuto la fortuna di conoscere Vargas Llosa nel 1965, alla sessione del Premio Internazionale Formentor che, in quell'anno, si tenne a Saint Raphaël, nel Sud della Francia. Il giovane, poco più di un ragazzo, magro e bruno, con un gran ciuffo che gli ricadeva sulla fronte, all'epoca aveva pubblicato La città e i cani, affidandosi all'editrice spagnola Seix Barral, che tanti meriti ebbe nel lancio dei nuovi scrittori spagnoli antifranchisti.
La sua vita, da sempre caratterizzata dalla passione per la letteratura, e di questo Vargas Llosa ha parlato anche nella prolusione del Nobel, e da atti di coraggio, ebbe, attraverso l'amicizia con Carlos Barral, una svolta. Fu, infatti lì, negli uffici di Barral, che Carmen Balcells, a quel tempo non ancora agente letteraria ma soltanto una giovane collaboratrice, adorna di una vistosa crocchia, lesse le prime quaranta pagine della Casa Verde, le sentì come una rivelazione, come un'opera innovatrice e decise di recarsi a Londra. Lì abitava Vargas Llosa che manteneva la famiglia lavorando come insegnante. Carmen si fece prestare cinquecento dollari da un amico, persuase Vargas Llosa a lasciare la cattedra e, di colpo, assumendo la veste di agente letterario, si sostituì a Seix Barral perché terminasse la stesura di Conversazione nella Cattedrale.
Come ricorda ora Vargas Llosa, fu una congiunzione di straordinaria generosità anche da parte di Carlos Barral, il quale, senza porre alcuna condizione lo liberò dall'impegno con la casa editrice. Dice Vargas Llosa: «soltanto lui poteva fare un simile gesto. Il che dimostra che tipo fosse». Insomma, nonostante le difficoltà, i sacrifici e le disavventure anche politiche, la «carriera» di Vargas Llosa, fortemente sostenuta da Carmen Balcells e oggi consacrata dal Nobel, suona proprio come un buon romanzo." (da Angela Bianchini, Quanti scrittori per fare un Nobel, "La Stampa", 23/12/'10)

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