lunedì 26 luglio 2010

Edwige, l'inséparable

"Assenza, più acuta presenza" (Attilio Bertolucci)

"Un orfano inconsolabile di 89 anni. Edgar Morin si definisce così, da quando, il 29 febbraio di due anni fa è scomparsa la moglie, l'amatissima Edwige. Per il celebre intellettuale francese, quella donna di 76 anni era stata tutto, 'moglie, amante, madre e figlia'. A lei era unito da un legame profondo e vitale durato tre decenni: 'Eravamo inseparabili, radicati l'uno nell'altra, pur conservando ciascuno la propria personalità. Vivevamo un amore intenso e necessario, fonte continua di gioia e poesia. Con lei la vita quotidiana era un paradiso e la nostra casa un nido di felicità. A dieci anni ho perso mia madre, so cosa significa essere orfano. Alla morte di Edwige ho riprovato le stesse sensazioni, mi sono sentito orfano una seconda volta'.
Da tale straziante condizione è nato un libro bellissimo e struggente, attraversato dal dolore e dominato dall'amore: Edwige, l'inséparable (Fayard). Come già André Gorz in Lettera a D. Storia di un amore (Sellerio) e Jacques Le Goff nelle pagine Con Hanka (Laterza), Morin ha sentito il bisogno di confrontarsi con il ricordo della propria storia di coppia, affrontando un terreno ad alto tasso emotivo, poco consono al razionalismo degli intelelttuali. L'ha fatto con sincerità disarmante. scrivendo un libro disperato, testimonianza della sofferenza di chi rimane, ma soprattutto omaggio a colei che non c'è più. 'Ho scritto il libro per far conoscere mia moglie, una persona segreta e quasi misteriosa. Volevo mostarne le qualità e la forza, pur senza nasconderne i difetti', racconta lo studioso, accogliendoci nella sua casa parigina piena di libri, dove si aggira silenziosa Herminette, la gatta tanto amata da Edwige. 'Mentre scrivevo, piangevo e soffrivo, ma continuavo a starle vicino. Era un modo per lottare contro la morte, facendo durare la sua memoria'.
Morin aveva incontrato Edwige nel 1961 a santiago del Cile, rimanendo folgorato dalla sua bellezza. La giovane donna però era sposata, con una figlia. I due dovettero attendere diciassette anni per ritrovarsi in Francia, dove divennero immediatamente amanti. Cominciò così l'appassionante storia d'amore rievocata nelle pagine del libro, nella cui seconda parte, adottando la forma del diario, l'autore del Metodo ripercorre invece il calvario della malattia. [...] Citando il poeta Khalil Gibran, Morin ricorda che spesso si riconosce la grandezza di un idillio nel momento in cui lo si perde: 'Sarebbe meglio rendersene conto prima, misurando la profondità e l'importanza di una relazione mentre la viviamo. Purtroppo molto spesso non è così. L'immensità del vuoto lasciato diventa allora la misura dell'amore appena perso'. [...]" (da Fabio Gambaro, Edgar Morin: è morto il mio amore, adesso sono orfano, "Il Venerdì di Repubblica", 23/07/'10)

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