sabato 30 gennaio 2010

Noi che siamo un grumo di sogni


"Quando hai terminato l'analisi, quel che ti resta in mente sono soprattutto i sogni e le loro interpretazioni. In analisi ripeti infinite volte lo stesso problema senza non dico risolverlo ma nemmeno impostarlo, poi càpita che sogni un personaggio o una scena (naturalmente mascherati, quindi irriconoscibili), e l'analisi spicca un volo. Io credo che Zanzotto, Bertolucci, Bellocchio, la Lamarque, insomma tutti i fratelli di analisi, abbiano (abbiamo) nella memoria un grumo di sogni: noi siamo in quel grumo. Lì è la nostra storia, la nostra denuncia, protesta e redenzione. Una nostra biografia, che non includa i nostri sogni, è falsa. Un uomo, una donna non è quello che è quando scrive, mangia, discute, fa l'amore: un uomo, una donna lo conosci quando ne conosci i sogni.
Entrando nei suoi sogni, entri in uno spazio che neanche lui conosce. Quando ti racconta un sogno, ti dice di sé qualcosa che non sa. Perciò è sincero. L'uomo che dice quel che sa, o che sa quel che dice, mente. Se unirsi in matrimonio vuol dire spartire la vita, in realtà una moglie in analisi è unita all'analista molto più che al marito. L'analista è l'unico destinatario dei sogni. Qualunque cosa lei sogni, anche di fare sesso, lo sogna per raccontarlo all'analista: vive in funzione dell'analisi.
Sto semplicemente prolungando le teorie esposte nell'Interpretazione dei sogni di Freud, che Bollati Boringhieri ripropone nel settantesimo anniversario della sua morte. È un libro epocale. Per questo, uscendo nel 1899, portava in copertina la data del 1900: per annunciare un nuovo secolo. È il testo-base dell'analisi freudiana. La traduzione di tutte le opere di Freud in Italia è stata diretta da Cesare Musatti che degli psicoanalisti italiani era il presidente. Ha sempre applicato con rigore il metodo freudiano con tutti coloro che ha avuto in analisi (lui li chiamava «pazienti», termine assurdo). Compresi Pasolini e Ottieri.
E chi scrive questo articolo. La sua tesi era che l'analisi è un cibo: se hai fame devi mangiare, leggere menù non serve a niente. Questo vale anche per i sogni. Puoi leggere e rileggere L'Interpretazione dei sogni, e non capire come funziona. Ma se la sperimenti per anni, ne conservi una traccia indelebile.
Naturalmente il sogno dev'essere il sogno sognato. Qualche anno fa è uscito Il libro dei sogni di Fellini, dove i sogni non sono quelli sognati. Fellini al risveglio scriveva il sogno, mezza giornata dopo lo correggeva, poi lo batteva a macchina, infine correggeva anche il testo dattiloscritto: e portava in analisi l'ultima stesura. Grottesco. Il sogno non c'era più, l'inconscio era sostituito dal conscio, lo sgradito dal gradevole, la vergogna dall'onore. Dire un sogno non urta contro il dolore o l'angoscia o il rimorso: urta contro la vergogna. Sul sogno tu butti qualche associazione, così come viene, per quanto conturbante (per te o per l'analista) possa sembrare. Lui conferma o rettifica o sta zitto. La verità è quel che vien fuori dal racconto più la conferma o la rettifica o il silenzio. Tu devi imparare a dire tutto. Non ce la farai mai, ma quel che è terapeutico non è che tu dica tutto, ma che tu raggiunga la disponibilità a dirlo.
L'interpretazione dei sogni è un allenamento all'espressione, che è l'esatto contrario della repressione: tutto, nella società, reprime (scuola, religione, famiglia, ufficio ...), tutto, in analisi, libera. Il sogno è il materiale che vuole esser liberato, l'interpretazione è la tecnica per liberarlo. Perciò l'ora trascorsa insieme fra analista e analizzando intorno a un sogno è un'ora di educazione anti-stato. Musatti diceva: «A volte ho paura che i carabinieri facciano irruzione e ci portino via, me e il mio cliente, per associazione a delinquere». Se la società reprime e l'interpretazione dei sogni esprime, l'una è criminale per l'altra. È questa la scoperta di Freud." (da Ferdinando Camon, Noi che siamo un grumo di sogni, "TuttoLibri", "La Stampa", 30/01/'10)

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