venerdì 15 gennaio 2010

La Rete alla prova della rivoluzione


"Lo scorso anno si è celebrato il ventesimo anniversario delle rivoluzioni che nell'Europa dell'Est fecero piazza pulita dei governi comunisti. Il 2009 è stato anche l'anno in cui centinaia di migliaia di iraniani sono scesi in strada per manifestare contro un'elezione presidenziale molto contestabile. La grande differenza tra queste due forme di protesta è stata il modo col quale sono circolati articoli e immagini. Nel 1989 le notizie viaggiarono per telefono, fax, telefax e radio a onde corte; nel 2009 informazioni e immagini sono arrivate in tempo reale, via cellulare e Internet. Discutiamo di questi sviluppi con Timothy Garton Ash, professore di Storia a Oxford, che ha assistito di persona a molte rivoluzioni del 1989 - il suo libro The Magic Lantern è considerato il miglior resoconto degli avvenimenti di quel periodo - ed Evan Williams, il creatore di Blogger e Twitter, del quale è presidente. Twitter, un servizio di social network che limita i messaggi a 140 caratteri, è stato molto usato durante le proteste in Iran.
Le nuove forme di comunicazione hanno mutato la natura delle rivoluzioni? Hanno reso più facile sfidare le autorità?
Garton Ash: «Penso che ne abbiano il potenziale, ma non vi è nulla di automatico. Ricordo di aver letto un articolo, una ventina di anni fa, intitolato più o meno "il fax vi renderà liberi". Il fax non può rendere libero nessuno, nessuna tecnologia di per sè può liberare qualcuno. È vero che le comunicazioni nel 1989 erano primitive rispetto agli standard odierni: non esisteva la posta elettronica, non c'erano telefoni cellulari, laptop, Internet, Facebook, YouTube e Twitter! Si comunicava soltanto con le macchine da scrivere, con le stazioni radio a onde corte come Radio Free Europe o Bbc, e grazie alla televisione, il mezzo di informazione allora più efficace. È risaputo che la notizia data dalla tv la sera del 9 novembre poco dopo le 22.30, quando il conduttore del telegiornale della Germania Ovest disse che i cancelli del Muro di Berlino erano aperti (il che non era vero), contribuì a far accadere proprio questo, perché una folla enorme di persone credette che la notizia fosse vera e si precipitò al muro. In molti Paesi la vera battaglia consistette nel far sì che la televisione di Stato riportasse ciò che stava realmente accadendo. Durante la Rivoluzione di Velluto di Praga mi trovavo in piazza San Venceslao. La gente gridava: «Vogliamo la diretta! Vogliamo la diretta!». Uno dei capi del partito comunista polacco disse al capo di Solidarnosc: «Senti, preferiamo consegnarvi la polizia antisommossa che la televisione di Stato».
Evan, durante i fatti in Iran deve essere stato entusiasmante vedere che qualcosa che aveva inventato era così utile ...
Williams: «Proprio così. Il nostro primo pensiero è andato con ammirazione e rispetto a coloro che in molti casi rischiavano la loro vita per mandare messaggi. Al tempo stesso la nostra maggiore preoccupazione è stata assicurarci che il servizio funzionasse al meglio e far sì da poterlo rendere ancora migliore. Constatare il potenziale di qualcosa che abbiamo creato ci esorta a escogitare nuovi modi per diffonderlo ancor più e per renderlo più facile nell'utilizzo. Non posso certo dire che avessimo in mente una rivoluzione quando abbiamo creato Twitter, ma ci rendemmo subito conto che rendeva più coraggiosi gli utenti, perché potevano vedere ciò che gli altri pensavano e constatare se gli altri erano d'accordo con quello che facevano. Io considero le nuove tecnologie un continuum che porterà a realizzare il pieno potenziale di Internet, lo stesso potenziale di cui la gente parlava nei primi tempi, ovvero la democratizzazione dell'informazione. Dieci anni fa ho dato vita anche a Blogger che è stata una delle prime e più popolari piattaforme di blogging. Neanche in quel caso potevo immaginare che potesse diventare qualcosa di utile e importante. Era solo un modo per consentire uno scambio agevole dei propri pensieri. So da chi vive sotto un regime oppressivo che i blog sono stati rivoluzionari, e hanno offerto loro per la prima volta un modo per esprimersi liberamente».
Garton Ash: «Secondo me il loro potenziale è immenso. Si pensi a quello che è accaduto in Birmania nel 2007, quando la gente è riuscita a diffondere le immagini delle dimostrazioni e delle cariche della polizia scattate con il cellulare, o a quello che è stato possibile in Iran grazie a Twitter, o Facebook o YouTube. Queste tecnologie di per sè non cambiano l'essenza di una rivoluzione, che per aver luogo necessita della forza di volontà concentrata di moltissime persone in un dato posto, persone che hanno il coraggio di scendere in piazza a protestare. Di per sè, però, le tecnologie non hanno la possibilità di liberare nessuno. Credo che rendano molto più difficile per i dittatori tenere i popoli tagliati fuori dal mondo e continuare a opprimerli. Noi dovremmo dare una mano perché tale liberazione abbia effettivamente luogo. Chi mette a punto queste tecnologie dovrebbe spiegare meglio come rendere questi servizi accessibili nei Paesi nei quali non c'è libertà».
Williams: «Siamo molto scettici quando si parla di "alimentare" le rivoluzioni. Non è così che la pensiamo. Tutto sta nel dare alle persone più potere per fare quello che intendono fare. Crediamo fortemente in questo. Certo, la nostra speranza è che la gente possa fare questo ovunque, senza ingerenze e interferenze. A mano a mano che Internet imparerà ad aggirare gli ostacoli, ci saranno sempre più accessi alla Rete. Se non riuscirai ad accedervi tramite una connessione telefonica, ci riuscirai con una connessione wireless, e sarà molto più difficile da fermare. Una volta che tutti saranno in grado di parlare con tutti, che l'informazione circolerà molto rapidamente, la gente inevitabilmente finirà con l'avere la meglio sui regimi dispotici».
Garton Ash: «Io non parlerei di "alimentare" una rivoluzione. Noi possiamo metterli in grado di farla, ma soltanto i popoli devono decidere quando mettere a repentaglio la propria vita. Una mia seconda obiezione riguarda l'efficacia dei nuovi media. L'Istituto Reuters per lo studio del giornalismo all'università di Oxford ha redatto uno studio su internet in Russia. Qui internet è incredibilmente attivo, ma ha un impatto politico prossimo allo zero perché gli organi di informazione mainstream e ogni altro aspetto della vita sono controllati. Tutto ciò è la conferma che qualsiasi mezzo, internet, Twitter o altri ancora, di per sé non può perseguire alcuna finalità di questo tipo. Sono necessari altri mezzi, compresi i mezzi di informazione mainstream. Io credo che una delle premesse basilari dell'ordine internazionale del XXI secolo sia che la gente deve avere accesso liberamente all'informazione. In realtà ci sono stati almeno un paio di casi inquietanti nei quali alcuni fornitori di servizi internet o di telefonia mobile hanno firmato accordi che permettono ai regimi di controllare e tenere costantemente sott'occhio Internet. Non sono solo gli oppressi che possono utilizzare le nuove tecnologie, ma anche gli oppressori, particolarmente se noi le vendiamo a loro».
Evan, Twitter limita i messaggi a 140 caratteri. Non crede che potrebbe impoverire la comunicazione?
Williams: «No. Twitter non si pone come un sostituto di forme più lunghe ed elaborate di comunicazione, come il giornalismo, i reportage o analisi dettagliate. Nel migliore dei casi i vincoli di Twitter accentuano le capacità di scrittura. Essere concisi può essere molto efficace».
Garton Ash: «Io non sono convinto che i tweet impoveriscano il linguaggio, ma che possano arricchirlo. Conosce la vecchia battuta, no? «Perché hai scritto un pezzo da 2000 parole? Perché non ho avuto il tempo di scriverne uno da 500». Penso che vi sia una vera crisi nel modo di fare giornalismo dall'estero. Ciò che i media internazionali stranieri mainstream riferirono all'epoca, fu di importanza cruciale per le Rivoluzioni di Velluto del 1989 e anche per la Rivoluzione delle Rose in Georgia nel 2003 o per la Rivoluzione Arancione in Ucraina nel 2004. Credo che se non si ha quel genere di reportage approfondito e analitico che io e altri abbiamo cercato di scrivere, è molto difficile per la gente comune capire che cosa stia realmente accadendo».
Williams: «Sono d'accordo. Nel migliore dei casi, questi media sono complementari. Twitter può rivelarsi molto utile perché può offrire molti più punti di vista, molte più informazioni sui fatti, riferiti in tempi sempre più rapidi. Un giornalista è quindi in grado di raccoglierli, esaminarli, separando il grano dal loglio. Questo è meraviglioso».
Garton Ash: «Sì, anche se il problema è proprio questo: come separare il grano dal loglio? I nuovi media sono efficientissimi nel diffondere voci solo per "sentito dire"».
Williams: «La gente lo ha sempre detto anche di internet, anche se in realtà non è così difficile distinguere la verità dalle frottole. Io la penso così. Poiché tutti possono parlare e farsi sentire, è normale che su internet circolino molte voci, molti "sentito dire", ma altrettanto rapidamente emergono le fonti attendibili, perché col passare del tempo la reputazione conta, anche su internet, come conta in altri ambiti che non siano Internet. La gente ha imparato: gli utenti che cercano informazioni su internet sono consapevoli che non devono credere a tutto quello che leggono».
Garton Ash: «Non sono poi così ottimista sulla capacità democratica di diffondere il sapere su Internet, né che gli utenti siano davvero in grado di separare il grano dal loglio. Nella maggior parte dei casi la gente su internet si affida a siti attendibili, come quello del New York Times e una mezza decina di altri. In conclusione, io credo che se smantellassimo tutto l'apparato del giornalismo più tradizionale e autorevole, avremmo un problema. E oltretutto avremmo posti dove si fanno circolare di proposito determinate voci, proprio come nel regime iraniano».
Williams: «Sappiamo tutti che non è un buon motivo ritenere vera una notizia soltanto perché proviene da una fonte di spicco o di alto grado. Anche i giornalisti commettono errori e il New York Times ha pubblicato notizie non vere. Lo dico anche perché in molti, moltissimi articoli scritti su di noi, di rado ho trovato una precisione e un'accuratezza del cento per cento nelle notizie riportate. Internet mi consente di porvi rimedio e di correggere queste informazioni. E le persone attente e che si fidano di me potranno ricavarne punti di vista diversi»." (trad. di Anna Bissanti, La Rete alla prova della rivoluzione, "Il Sole 24 Ore", 15/01/'10)

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