lunedì 11 gennaio 2010

La principessa di ghiaccio di Camilla Lackberg


"Mezzogiorno, il termometro segna - 18°. Il cielo è grigio alluminio. Vento. Gelo. Melanconia. Desiderio di fuga. Profondo nord, un altro mondo. Forse è davvero per questo che gli svedesi scrivono ottimi noir: è il buio, il freddo fuori dalla porta di casa, il leit motiv esistenziale con cui devono combattere per oltre metà dell'anno. Conoscono le brume dell'anima. Camilla Lackberg ci aspetta nella sua villetta bianca immersa nella neve alta mezzo metro un po' fuori città: anche dentro tutto è candido, la cucina, il tavolo da pranzo circondato da una bow-window lattea, il divano e le poltrone su cui stanno sdraiati tre dei cinque biondi bambini di famiglia (due sono suoi, uno in comune con il compagno, padre di altri due ragazzini, gran poliziotto ex campione del reality Survivor cui Camilla chiese di fare il consulente per i suoi gialli). A dispetto dei delitti su cui ricama, Lackberg, 35 anni, ex economista, non è la dark lady che appare nel suo sito, ha un'aria serena e soddisfatta piuttosto, merito dei sei milioni, di copie di libri venduti negli ultimi cinque anni (tre milioni in Svezia dove va già in onda anche una serie tv, 400 mila in Francia dove si girerà un film): una serie fortunata di sette libri, tradotta in 27 Paesi, di cui il 12 gennaio esce in Italia il primo episodio La principessa di ghiaccio, pubblicato dal campione dei thriller scandinavi, Marsilio, scopritore di Stieg Larsson. Definiscono Camilla un'erede dello scomparso Stieg. Ma francamente non è vero. A essere diverse sono innanzitutto le atmosfere: lì un ritmo metropolitano, veloce, un gruppo di intelligenze raffinate a confronto, l'efebica hacker Lisbeth Salander che rompe tutti gli schemi ... qui no, è il contrario, perché la trama si svolge in una piccola località della costa un tempo abitata da pescatori di aringhe e oggi quasi solo turistica, Fjallbacka (Camilla ci ha davvero vissuto fino a 18 anni), un posto dove tutti credono di sapere tutto degli altri e la vita sembra scorrere tranquilla, ma ovviamente non è così: quella pace nasconde torbidi e violenti segreti. [...]
Signora Lackberg, la prima domanda è d'obbligo: perché i gialli svedesi hanno tanto successo? 'Sono vari i fattori, una lunga tradizione di letteratura noir innanzitutto, ma è vero che il clima crea una malinconia intrigante che durante il lungo inverno buio c'è più tempo per pensare, sognare, elucubrare. E poi c'è l'idea della società perfetta, del modello dove tutto funziona che va in pezzi: il crack, le crepe inattese sono elementi interessanti, e i lettori stranieri si sentono in qualche modo incuriositi e sollevati al pensiero che anche gli altri siano infelici. Il thriller è perfetto per un mondo in crisi'.
E' vero che il dato comune ai giallisti scandinavi è la denuncia sociale? Senz'altro c'è nei padri del fenomeno noir, Sjowall e Wahloo, ma anche in Larsson, in Mankell ... in lei. I cattivi nei vostri libri sono sempre i ricchi. 'Sì, ma è la verità. I ricchi spesso non si assumono le responsabilità del potere che hanno e credo che tutto gli sia permesso'.
Mah, non sono certo solo i potenti a frequentare i delitti. Ma andiamo avanti. E' alla scuola di 'crime fiction' che ha imparato a scrivere i suoi polizieschi? Ci vuole un metodo, tipo ogni cinque pagine un nuovo indizio? 'La miglior scuola è stata la lettura. Ho divorato gialli dagli 11 anni in su. Prima fra tutti Agatha Christie. Non ho un metodo, ma un ritmo sì: sento quando è il momento di svelare un nuovo particolare. Il lettore va lasciato riposare, ma quando sta per annoiarsi, devi ripassare all'azione'.
Chi preferisce? 'Gli inglesi, la Christie come ho detto, ma poi Peter Robinson, Reginald Hill, Asa Larsson, Hakan Nesser ... E Stieg Larsson, i suoi libri sono diversi da tutti gli altri, peccato che resteranno solo tre, ma ha aperto la strada a tutti noi'. [...]" (da Susanna Nirenstein, Così insidio Stieg Larsson, "La Repubblica", 11/01/'10)

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