Biblioteca civica "MINO MILANI" bibliogarlasco@yahoo.it tel. 0382/801009 "Le paradis, à n'en pas douter, n'est qu'une immense bibliothèque" (Gaston Bachelard) SELEZIONE DI ARTICOLI SULL'UNIVERSO-LIBRO
mercoledì 13 maggio 2009
Siamo sulla strada o stiamo per finirci
"«Io, gli altri». Non so voi, ma io, gli altri li incontro innanzitutto per strada. E non è detto che ci si parli. Anzi. Tra noi infatti c'è quella virgola. Ed è una barriera architettonica più che sufficiente. Utilissima, in quest'epoca esibizionista fondata sull'Ego. Gli altri? E che vogliono? Che c'entrano con me? Io sono io. Gli altri, che si arrangino. Non è forse questo il principio-guida del liberismo? Tra le conseguenze, non solo il crollo di Wall Street. Per dire: anni fa, in seguito a grandi piogge, Torino rimase isolata dal resto del Paese per la prima volta nella storia. In certi quartieri vennero a mancare luce ed acqua. E in un supermercato della Crocetta, posto sciccosissimo, vidi due dame griffate e senza dubbio istruite venire alle mani per l'ultima confezione da sei di minerale. Scena promettente, per il futuro. Comunque: se si digita la parola «strada» sul sito di Ibs, la libreria italiana on-line per definizione, non compare subito Sulla strada di Kerouac, ma salta fuori nientepopodimenoche il Nuovo codice della strada e regolamenti, con tanto di «guide dottrinali, giurisprudenza, tabelle e formule». E infatti di cosa avremmo bisogno, se non di un nuovo codice con tutti gli annessi? Ma di nuovi codici non c'è traccia. Quanto a quello vecchio, non sono in molti a ricordarselo. Più o meno, diceva: non ci alza da tavola finché tutti non hanno finito di mangiare. Ecco. In Questo non è un paese per vecchi, il libro, non il film, di Cormac McCarthy, il vecchio sceriffo ricorda a un tratto di essersi imbattuto una volta nei registri polverosi di una scuola texana, risalenti agli Anni Sessanta. E di avere scoperto come all'epoca, da parte degli insegnanti, la maggior preoccupazione dal punto di vista della condotta fosse che gli allievi avevano l'abitudine di attaccare la gomma da masticare sotto i banchi. Sono passati appena quarant'anni, riflette lo sceriffo, e oggi all'ingresso delle nostre scuole ci sono i metal detector. Deve essere successo qualcosa, si dice l'uomo con a stella di latta appuntata sul petto. Già, deve essere successo qualcosa. Solo che spesso non sappiamo dire esattamente cosa: strada facendo, ce lo siamo dimenticato. Certo di mezzo c'è stato tra le altre cose il Sessantotto. Ma il discorso sarebbe lungo e le probabilità di urtare la suscettibilità dei numerosi reduci, sempre in prima linea a rivendicare le rispettive imprese in quell'anno formidabile, elevatissime. E se per sbaglio uno cita L'elogio della disciplina di Bernhard Bueb, col fatto che l'autore è tedesco si becca automaticamente del «nazista». Perciò amen. Sta di fatto che «io, gli altri» come si diceva li incontro innanzitutto per strada. E difatti è per strada che di norma si finisce accoltellati, specie tra adolescenti, a Roma come a Londra. Niente di nuovo sotto il sole, per carità: gli storici stornelli della mala capitolina cantati a Regina Coeli e dintorni pullulano di lame. Ma colpisce oggi la frequenza con cui nelle pagine di cronaca ci si imbatte in «bravi ragazzi» di «buona famiglia», scritto per giunta senza ironia. Sarà tutta colpa del gangsta-rape dei videogiochi? O c'entra per caso anche il fatto che noi adulti abbiamo da tempo rinunciato a comportarci da genitori? (Troppo faticoso: si sa, meglio farseli «amici», i pupi). Ecco, le dame che s'accapigliano per l'acqua minerale e i bravi ragazzi che si accoltellano per una parola di troppo paiono nulla rispetto a tanti altri episodi di degrado, dal caso Parmalat all'ultimo stupro «del branco» passando per torture in nome e per conto della Democrazia e quant'altro. E però fanno parte dello stesso trend. A proposito di trend: quello attuale com'è noto, tra le varie crisi economica ed ecologica ed energetica e la new entry messicana, è alquanto negativo, anche se non è bello dirlo perché bisogna sempre mostrarsi ottimisti. Tanto che a Hollywood non sanno bene che fare con il film tratto da La strada, altro romanzo di McCarthy, perché troppo duro, senza speranza. E pensare che nel libro la speranza c'è, ed è davvero un miracolo, a quel punto della storia. Ora, di romanzi e racconti che hanno a che fare con la strada ce n'è a bizzeffe. Tra i miei amati, Vecchio al ponte di Hemingway, ritratto della disperazione dei profughi di ogni guerra. Ma se c'è un romanzo che mi ha ossessionato, tra quelli usciti negli ultimi anni, è proprio La strada. Che qualcuno per pigrizia ha scambiato per fantascienza, mentre è innanzitutto una profezia (McCarthy come Cassandra, le dame dell'acqua minerale e i bravi ragazzi coi coltelli precoci interpreti di un futuro fatto di disastri e cannibalismo: vedi l'ultimo rapporto di Nature, secondo cui ci restano appena vent'anni per cercare di evitare la catastrofe ambientale; però tutti a ironizzare per ignoranza e/o scaramanzia sui 99 mesi ipotizzati da Carlo d'Inghilterra), o se va bene una metafora di questo nostro bel presente. Insomma: o siamo già sulla strada, oppure siamo diretti proprio lì. Io, gli altri. Com'è che diceva quel tale? Homo homini lupus. Qualcuno per caso ha in mente una strada diversa?" (da Giuseppe Culicchia, Siamo sulla strada o stiamo per finirci, "TuttoLibri", "La Stampa", 09/05/'09)
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1 commento:
ottima recensione! sempre molto bravo culicchia
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