lunedì 25 maggio 2009

Classici dietro le quinte. Storie di libri e di editori. Da Dante a Pasolini di Giovanni Ragone


"Quando è stata pubblicata la prima volta la Divina Commedia? È una domanda non certo da odierno quiz televisivo, ma da esame universitario di quelli d’una volta ... Salvo prova contraria, è accaduto a Foligno l’11 aprile 1472, lo stampatore si chiamava Johann Numeister, veniva da Magonza (dove poi se ne tornò): il compositore-correttore si chiamava Evangelista Angelini di Trevi. Traggo questa notizia, insieme ad una miriade d’altre, una più interessante dell’altra, dal denso, ma fascinoso libro Classici dietro le quinte. Da Dante a Pasolini, che aduna sedici Storie di libri e di editori, ad opera di un italianista della Sapienza di Roma, Giovanni Ragone, e di un drappello di suoi collaboratori (la Capaldi, il Ceccherelli, il Di Pietro, l’Ilardi, il Tarzia). La «ridda» delle affascinanti e spesso contrastate, talvolta drammatiche, vicende editoriali di altrettanti capolavori si apre, per l’appunto, con Dante, per proseguire con Petrarca, per cui sale in cattedra la Venezia quattrocentesca, capitale dell’editoria, con le duecento e più tipografie attive tra il 1463 e il 1500, sino all’arrivo nel 1489 di un genio, il laziale Aldo Manuzio. Dopo di lui sfilano sul dotto proscenio Luigi Pulci e il suo Morgante (e qui l’antagonista è il tonante Girolamo Savonarola, che ancora dieci anni dopo la morte dell’autore - 1494 - avrebbe voluto «farne fuoco e sacrificio a Dio»); poi è la volta dell’Orlando innamorato del Boiardo, con cui il conte di Scandiano, tra la gotta e le incombenze del governo, rinnova e nobilita nel 1482 l’enorme successo dei cosiddetti «libri di bataia», qualcosa, secondo le stime del Ragone, come mezzo milione di esemplari venduti nel corso del Cinquecento; ed infine vi fa la sua bella sfilata l’Ariosto col Furioso, stampato il 22 aprile del 1516 da Giovanni Mazzocchi da Bondeno, dopo sei mesi di costante applicazione ai 40 canti: ma già tre mesi dopo, grazie anche agli sforzi di messer Lodovico, si lavorava alla distribuzione tra potenti, letterati, ma anche un bel po’ di lettori comuni, della seconda edizione. Abbiamo citato i casi di alcuni tra i «maggior nostri» e delle loro opere sublimi: ma il Ragone scava anche tra i cunicoli della contro-editoria, quella pornografica (ma a che livello di stile! altro che le nostre Melissa P.!): quella che vede a Venezia, dove corrispondeva con i Grandi d’Europa, evitando accuratamente di pagare l’affitto, il focoso Aretino dei Ragionamenti impegnato a creare, con alcuni giovani aristocratici della Serenissima, un vero e proprio atelier di libri «scandalosamente erotici». La galleria del Ragone - inutile negarlo - si fa via via più avvincente quanto più ci si approssima all’Otto-Novecento. Il capitolo sul Cuore, anzi - per essere precisi - fra il torinese De Amicis e il milanese Treves è il «gioiello della corona»: si tratta della minuziosa ricostruzione d’una vera e propria maratona di tallonamento, a colpi di lettere e cartoline, tra l’ingiurioso e il patetico («Sono sgomentato. Tu mi scrivi ogni cosa fuorché del Cuore ... Io aspetto il Cuore, il Cuore, il Cuore», missiva del Treves del 27 maggio 1879), durata la bellezza di otto anni, dal 2 febbraio 1878 al 15 ottobre 1886: ma i risultati ripagano largamente autore ed editore, diciottomila copie vendute in 13 giorni, quarantamila in soli 2 mesi: nel 1907 - precisa Ragone - Cuore era giunto alla venticinquesima edizione. A rileggere di alcuni casi del secondo dopoguerra, a cui assistemmo di persona o di cui fummo ragguagliati dai protagonisti o da loro testimoni - Vittorini e Valentino Bompiani impegnati contro la censura politica a difesa della (ancor oggi) mirabile antologia Americana; Livio Garzanti inquieto per le reazioni moralistiche dei benpensanti in vista dei pasoliniani Ragazzi di vita; Giulio Einaudi in sorniona attesa, come il gatto col topo, dell’interminabile, ed alfine incompiuta, Cognizione del dolore gaddiana - c’è da provare un misto di commozione e di sgomento. Che tempi eran quelli, quando il pubblicare - magari in disagiate condizioni economiche - significava condividere una privilegiata avventura della mente e del cuore! Che tempi son questi, in cui il dare alle stampe si riduce ad aride strategie di marketing e di comunicazione, al tempestivo acquisto di adeguati spazi pubblicitari ed alla garanzia certa di prestigiose (?) comparsate televisive ..." (da Guido Davico Bonino, 'Io aspetto il Cuore, il Cuore, il Cuore ...', "TuttoLibri", "La Stampa", 23/05/'09)

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