XXII Fiera internazionale del Libro di Torino
"Era il 1967, da poco me n’ero andata di casa, l’aria intorno a me aveva cambiato consistenza: scoprivo Romadi notte, passavo dall’anoressia alla fame, respiravo a pieni polmoni. Senza questo, forse ad accorgermi di Lettera a una professoressa ci avrei messo di più. Nutrita da un robusto anticlericalismo, legato al mio essere ebrea e comunista, nonché Pierina, figlia di famiglia non tanto agiata ma molto intellettuale, fu quella la prima volta in cui miaccorsi di alcune cose scomode. Avevo conosciuto preti spretati perché troppo a sinistra (indimenticabile fra tutti don Andrea Gaggero), ma mai mi era capitato qualcuno di così incrollabilmente cattolico, e insieme così incrollabilmente libero,come don Milani. Con la sua alterità, e con quella dei ragazzi di Barbiana, cominciai a fare dei conti che mi fecero saltare di volta in volta da una parte e dall’altra della barricata: una ginnastica salutare,un esercizio molto utile per capire che, davvero, gli altri siamo noi" (da Mirella Appiotti, Clara Sereni: "Don Milani, salutare ginnastica", "TuttoLibri", "La Stampa", 109/05/'09)
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