lunedì 13 ottobre 2008

Orhan Pamuk: la biblioteca del Nobel


"La mia biblioteca è nata direttamente da quella di mio padre. Quando avevo diciassette o diciotto anni e iniziai a dedicare la maggior parte del mio tempo alla lettura, divorai i volumi che mio padre conservava nel nostro salotto, e anche quelli che trovavo nei negozi di libri di Istanbul. Quelli erano i giorni in cui se leggevo un libro di mio padre e mi piaceva, non mi facevo scrupolo a portarlo in camera mia e sistemarlo in mezzo ai miei libri. Mio padre, che era ben contento di vedere che suo figlio leggesse, era altresì felice di veder emigrare i suoi volumi dalla biblioteca e ogni qualvolta scopriva uno dei suoi libri sui ripiani della mia, mi prendeva in giro esclamando: 'Ah, vedo che questo volume è sato promosso di grado!'. Nel 1970, quando avevo diciotto anni, come tutti i ragazzi turchi con un grande interesse per i libri, iniziai a scrivere poesie. Già dipingevo e studiavo architettura, ma il piacere che ottenevo da entrambe queste attività iniziava a svanire. Di notte fumavo e scrivevo poesie che nascondevo a occhi estranei. Fu in quel periodo che lessi una raccolta di poesie che mio padre - che da giovane aveva desiderato diventare poeta - conservava su un ripiano della sua biblioteca. Adoravo i volumi sottili e sbiaditi di poeti che nella letteratura turca sono meglio noti come appartenere alla Prima Ondata - Orhan Veli, Melih Cevdet e Oktay Rifat - sono ricordati con il nome della prima raccolta di poesie che pubblicarono insieme Garip ('Strano'). Apportarono alla poesia moderna turca il linguaggio della strada, esaltandone lo spirito, rifiutando le convenzioni formali del linguaggio ufficiale e il mondo oppressivo e autoritario che riecheggiavano. Mio padre ogni tanto prendeva una prima edizione di uno di questi poeti e ci intratteneva leggendo ad alta voce e sfoggiando un'aria che ci portava a credere che la letteratura era davvero uno dei tesori più preziosi e meravigliosi della vita. Mi lasciai ispirare anche dai poeti della Seconda Ondata, che portarono questo spirito innovativo nella generazione seguente, contribuendo con una voce narrativa ed espressionistica alla poesia, conferendo alle loro composizioni un misto di dadaismo, surrealismo, di motivi ornamnetali. Quando leggo adesso questi poeti ormai scomparsi (Cemal Sureya, Turgut Uyar, Ilhan Berk), ricordo di aver pensato di poter scrivere come scrissero loro, come fa colui che guardando un dipinto astratto è abbastanza ingenuo da pensare di poterne realizzare uno egli stesso nello stesso modo. O meglio, ero come un artista che osservando un dipinto che ammira ritiene di poter comprendere in che modo sia stato realizzato. E proprio come quell'artista si precipiterebbe nel proprio studio per dimostrare di avere ragione, così io correvo immediatamente alla scrivania a comporre poesie. Nella biblioteca di mio padre c'erano anche i primi libri pubblicati da Nazim Hikmet negli anni Trenta, prima che andasse in carcere. [...] Rimpiango di non essere stato capace di togliermi dalla mente l'idea utilitaria dell'Illuminismo secondo cui i libri esistono per prepararci alla vita. Forse ciò dipende dal fatto che la vita di uno scrittore in Turchia dimostra che è così. Ma tutto ciò ha anche a che vedere col fatto che a quei tempi la Turchia era sfornita di quelle grandi librerie nelle quali è possibile individuare e scegliere qualsiasi libro si desideri. Nella libreria immaginaria di Borges, ogni libro assume un aspetto mistico e la biblioteca stessa offre suggerimenti di un infinito poetico e metafisico, riflettendo la complessità del mondo esterno. Dietro questo sogno ci sono vere librerie, con più libri di quelli che uno possa mai contare o leggere. Borges era direttore di una libreria a Buenos Aires. Ma quando io ero giovane non c'era un negozio di libri nemmeno lontanamente simile a quello, né a Istanbul né in tutta la Turchia. E per quanto riguarda i libri stranieri, nessun negozio ne aveva. Se volevo imparare tutto ciò che c'era da imparare, e diventare una persona colta ed eludere così gli stretti vincoli della letteratura nazionale - imposti dalla cricca dei letterati, dalla diplomazia letteraria - e applicati e fatti rispettare con proibizioni e veti severi, dovevo necessariamente formarmi una biblioteca molto più vasta. [...] Quando ero giovane il mio rapporto con i libri era limitato dall'ottimismo tipico dell'incurabile positivista che crede di poter avere il controllo sul mondo intero tramite l'apprendimento. Credevo che un giorno avrei sfoggiato tutta la mia erudizione in un romanzo. In me c'è qualcosa del protagonista autodidatta della Nausea di Jean Paul Sartre, che legge tutti i libri della sua biblioteca, dalla A alla Z, e anche di Peter Klein, il protagonista del libro di Elias Canetti, Auto da fé, brutalmente fiero dei suoi libri come un soldato potrebbe esserlo del suo reggimento. La biblioteca borgesiana non è per me la fantasia metafisica di un mondo infinito - è la biblioteca che io ho messo insieme nel tempo, volume dopo volume, nella mia casa di Istanbul. Acquistavo senza alcun indugio. Ci mancava davvero poco che mi seppellissi nei libri, ma anche quando me ne resi effettivamente conto, continuai a comperarne, come per vendicarmi della vita che non vivevo. E' soltanto adesso, a distanza di così tanti anni, che mi rendo conto di quanto siano state felici quelle ore trascorse a fare amicizia con i librai, in quei gelidi negozi, sorseggiando il tè che mi offrivano, ispezioanndo quelle polverose pile di tomi da cima a fondo. Dopo aver ispezionato meticolosamnete tutte le mensole dei venditori delle librerie antiquarie di Istanbul nel Sahaflar Market per ben oltre dieci giorni, arrivai alla conclusione che ciascun libro pubblicato in alfabeto latino dalla fondazione della Repubblica agli anni Settanta era passato per le mie mani. [...] Durante i tentacinque anni che ho impiegato per scrivere i miei romanzi, ho imparato a non ridere dei romanzi altrui, a non metterli in disparte, per quanto sciocchi superati obsoleti fuori tempo stupidi sbagliati o strani possano essere. Il segreto dell'amore per questi libri forse non era tanto leggerli nel modo auspicato dai loro autori ... il punto è leggere questi libri - strani e indifferenti e intercalati a momenti di stupefacente bellezza - così da calarmi nei panni dei loro autori. Non si evade dal provincialismo scappando via dalla provincia, ma facendola propria. Ecco come ho imparato a immergermi lentamente nella mia biblioteca in costante espansione, e come ho imparato a prenderne le distanze. E' stato dopo che ho compiuto quarant'anni che ho imparato che la ragione più irresistibile per amare la mia biblioteca era che né i turchi né gli occidentali la conoscevano. Ma adesso mi dicono: 'Hai vinto il premio Nobel e quest'anno la Turchia è ospite d'onore alla Fiera del libro di Francoforte. Potresti descriverci la tua biblioteca turca?'. Sono pronto a farlo, e a far sì che anche altri amino la mia biblioteca turca, ma mentre mi accingo a fare ciò che mi è stato chiesto, temo di innamorarmene troppo io stesso ..." (da Orhan Pamuk, La biblioteca del Nobel, "La Repubblica", 13/10/'08)

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