mercoledì 22 ottobre 2008

Miracolo a Sant'Anna


"Non è un film contro la Resistenza. Il film di Spike Lee Miracolo a Sant'Anna - tratto dal romanzo di Mc Bride (Bur Rizzoli) - è un racconto della Seconda guerra mondiale, una narrazione che spezza la monumentalità di un evento grandioso e terribile ridistribuendo i buoni e i cattivi all'interno di tutti gli schieramenti che si fronteggiavano in armi. Così al tedesco spietato si affianca il tedesco buono, al partigiano traditore il partigiano eroe che muore sparando e gridando 'Libertà', ai neri americani il capitano bianco razzista e incompetente, in un percorso pieno di citazioni colte (Axis Sally, la collaborazionista impiccata dagli americani insieme all'altra 'voce' di Hitler, Lord Waw Haw), di continui rinvii ad altre grandi narrazioni cinematografiche di quella guerra, compreso il nostro Paisà per quanto riguarda la battaglia nel fiume. Non c'è la guerra civile (i fascisti non figurano tra i combattenti), ma c'è la 'guerra ai civili'. Tra il 1943 e il 1945 la furia dei nazisti contro i civili italiani fece registrare oltre 400 episodi di uccisioni collettive (con un minimo di 8 morti): alla fine, la somma fu di circa 15.000 vittime. Mai, mai nella nostra storia una simile violenza si era abbattuta contro gli italiani all'interno dei nostri confini. S. Anna di Stazzema fu uno degli episodi più efferati. Nel film il massacro è raccontato benissimo, con una scena che ti prende alla gola, ti lascia commosso ed attonito. Eppure è proprio qui che ci si aspettava un'impennata alla Spike Lee. Perché quell'orrore? Che senso aveva dal punto di vista militare sparare su donne e bambini e infierire sui loro cadaveri? Anche se fosse stata una rappresaglia, perché in quelle proporzioni, perché con quella ferocia? Può darsi, come ha suggerito lo storico Michael Geyer, che i corpi martoriati delle vittime italiane siano diventati allora 'il laboratorio' in cui i soldati tedeschi in Italia elaborarono la drammaticità della loro esperienza soggettiva: un patto scellerato che nelle stragi coglieva l'occasione per la 'riaffermazione della compattezza e della solidità della comunità guerriera'; ma anche un abisso di spietatezza, alimentato dal rancore e dallo spirito di rivalsa verso un Paese ostile. Sapevano, come gli italiani, che la guerra era perduta, ma non potevano dirlo e tornarsene semplicemente a casa: ne derivava contro i nostri connazionali un odio feroce e implacabile. E' tutto molto convincente, ma non basta. La guerra è violenza: a S. Anna di Stazzema c'è uno straripante eccesso di violenza che lascia come inebetiti. Ecco, Spike Lee poteva spingersi con il suo talento e la sua poesia là dove gli storici si fermano. Poteva ripetere il miracolo cinematografico e storiografico dei fratelli Taviani con La notte di San Lorenzo. Non lo ha fatto, regalandoci un buon film di guerra e basta." (da Giovanni De Luna, Un miracolo solo di violenza, "TuttoLibri", "La Stampa", 11/10/'08)

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