venerdì 17 ottobre 2008

La tigre bianca di Aravind Adiga


"La Nuova India! Vertiginosa crescita economica, high tech, borsa alle stelle, una borghesia urbana all'assalto. Tutto vero. E il mondo, compresi noi, si aspetta che le cose lì vadano ancora meglio, a differenza della dormiente Europa. Non così Aravind Adiga, corrispondente asiatico per il Time Magazine: col suo tagliente romanzo d'esordio La tigre bianca (The White Tiger), vincitore di The Man Booker Prize, in libreria per Einaudi, nuota controcorrente, e risale con rabbia nel buio sottopancia della rivoluzione indiana. Niente celebrazioni, avverte fin dall'inizio, quando il protagonista Balram Halwai inizia a scrivere la prima delle sue sette lettere al premier cinese Wen Jiabao in procinto di arrivare in visita a Bangalore per capire quali sono i segreti dello straordinario sviluppo: la vera storia del boom economico di questo paese (è il senso del suo discorso che sunteggiamo), gliela racconto io, Balram, nato nelle Tenebre - l'India dei villaggi di fango, della miseria più orrenda, dei 'ragni umani') - e diventano un grande imprenditore, uno dei migliori, come si conviene all'India: 'con i piedi in due staffe', 'onesto e corrotto, cinico e devoto, scaltro e sincero', poco credente ma sempre pronto a 'baciare i culi' dei 36 milioni di divinità contemplate, più quello del dio dei musulmani e quelli dei 'tre dei cristiani'. Una visione sarcastica che ci accompagnerà durante tutta la lettura del romanzo, mettendo da parte, con una scrittura serrata, i ritmi antichi e i profumi esotici cari a tanta - ma non a tutta - letteratura angloindiana. [...]" (da Susanna Nirenstein, India dal fango al lusso, "La Repubblica", 17/10/'08)
"Out of the Darkness: Adiga's White Tiger rides to Booker victory against the odds" (da Guardian.books)

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