Biblioteca civica "MINO MILANI" bibliogarlasco@yahoo.it tel. 0382/801009 "Le paradis, à n'en pas douter, n'est qu'une immense bibliothèque" (Gaston Bachelard) SELEZIONE DI ARTICOLI SULL'UNIVERSO-LIBRO
lunedì 8 giugno 2009
L’abbandono delle Biblioteche nazionali
"Le cifre, nella loro brutalità, dicono già molto. E confrontando, a titolo di esempio, gli stanziamenti dello Stato italiano per le due Biblioteche nazionali centrali, di Roma e Firenze, con quelli francesi per la famosa Bibliothèque Nationale di Parigi, si rimane interdetti. Il rapporto è di circa uno a venti: per la sola gestione, 4.5 milioni all’anno da noi contro i cento milioni francesi. Eppure, quanto a dotazioni, i due istituti italiani nel loro complesso equivalgono a quello parigino. Siamo attorno ai 12-14 milioni di «unità bibliografiche». Ma è sulla questione del personale che si sono concentrate le più recenti polemiche italiane dovute alla minacciata (e in parte già realizzata) chiusura di alcuni servizi al pubblico delle nostre due maggiori biblioteche: meno di 500 impiegati tra Roma e Firenze, 2600 a Parigi. Un rapporto di 1 a 5. Per capirci qualcosa nel dedalo delle biblioteche italiane è necessario un breve excursus storico. Che Paolo Traniello, docente di Biblioteconomia a Roma 3 e autore di numerosi saggi sull’argomento, ha ben chiaro: «Con l’Unità le varie biblioteche esistenti furono assorbite nell’amministrazione statale e oggi la situazione è rimasta quella ottocentesca». Bisogna distinguere due grandi gruppi: le biblioteche pubbliche dello Stato e le biblioteche gestite dagli enti locali, che sono diverse migliaia e la cui consistenza varia, dalla Sormani di Milano alle minuscole realtà rionali, in netta crescita. Le statali, che fanno riferimento al ministero dei Beni culturali, sono 36, tra cui istituti di grandissimo pregio (dalla Braidense alla Marciana, all’Angelica): «Nove — ricorda Traniello — portano ancora sulla carta la definizione di nazionali, perché svolgevano funzione nazionale nei rispettivi stati preunitari e diverse sono le biblioteche universitarie, che si trovano negli antichi atenei, da Pavia a Padova a Pisa». Sono due, invece, le Nazionali a tutti gli effetti, ovvero le Nazionali centrali, quella di Firenze, che nacque nel 1861, e quella di Roma, fondata nel 1875. Che cosa significa «a tutti gli effetti»? Significa che hanno compiti che le altre non hanno: conservare l’intero patrimonio bibliografico italiano (i libri e i periodici, oltre al ricchissimo tesoro dei fondi antichi), acquisire e catalogare le nuove pubblicazioni (un flusso di 50-60 mila novità librarie e circa 300 mila numeri di testate all’anno), informare il pubblico attraverso bollettini completi. Per le nuove acquisizioni vige in Italia il diritto di deposito legale, per cui l’editore è tenuto a inviare alle due Centrali copia delle sue produzioni. Insomma, le Biblioteche nazionali rappresentano, come ovunque nel mondo, la cultura del Paese, la custodiscono e la tramandano alle generazioni future. «Il numero abnorme di biblioteche statali — precisa Traniello — è un gravame notevole sulle spalle dell’amministrazione, specie per il personale, che assorbe la gran parte degli stanziamenti». Nasce da qui il recente casus belli. Se da una parte le entrate per la gestione sono state decimate, è anche vero che da un decennio circa gli impiegati dei due istituti sono progressivamente diminuiti (quasi dimezzati), e i direttori faticano a mantenere gli stessi orari di servizio al pubblico. Così, dopo Roma, anche Firenze ha deciso che da luglio chiuderà la distribuzione pomeridiana, a differenza di quel che accade a Parigi, dove il servizio funziona fino alle otto di sera, domenica compresa. Due giganti moribondi e abbandonati. L’ultima preoccupazione dei politici, in questo momento. Anche se le due Nazionali ospitano quotidianamente studenti, ricercatori, studiosi: sui 700 mila in totale. Forse sarebbe una passo avanti se l’anomalia italiana della doppia Nazionale fosse rivista: in fondo negli altri Paesi ne basta una. Ida Antonia Fontana dirige la sede di Firenze: «È difficile razionalizzare un sistema così stratificato. Anche in Germania ci sono una sede centrale a Francoforte, una distaccata a Lipsia e una sezione audiovisiva a Berlino. Caduto il Muro, i vari Stati dell’Est misero a disposizione enormi finanziamenti per costruire bellissime biblioteche nazionali: in Croazia, in Estonia ... Erano la dimostrazione fisica dell’indipendenza». E da noi? «Si potrebbe dire che Roma, dove confluirono i fondi dei conventi e dei monasteri soppressi, è la biblioteca della cultura religiosa, mentre Firenze è la cultura civile. Come si fa a riunirle?». La direttrice Fontana risale piuttosto a una «scellerata» legge del ’79 per mettere a fuoco i problemi attuali: «Si riempirono di organici i cosiddetti giacimenti culturali, facendo pervenire giovani in esubero, e da allora non sono più state fatte assunzioni». Il risultato è che il personale è invecchiato, e negli ultimi tredici anni sono andati via 150 impiegati senza essere sostituiti: «La loro esperienza e i loro saperi sono andati perduti e non sono stati trasmessi a nessuno, gli ultimi lavoratori hanno sui sessant’anni ... Così si è creata una cesura incolmabile nel passaggio di competenze e si sono prodotti problemi quotidiani urgenti per mancanza di persone che possano fare anche i lavori pesanti richiesti da una struttura come la nostra, nei cui magazzini arrivano tra i 70 e i cento pacchi al giorno». Il risultato è un arretrato preoccupante nella catalogazione: 150 mila volumi e la metà delle 15 mila testate in arrivo continuo. C’è poi il capitolo informatico: le schede digitali da compilare, un sistema SBN che offre informazioni online su un catalogo unico nazionale, il «Tesaurus» da implementare ogni sei mesi, la consapevolezza che le schede elettroniche sono più deperibili della carta. Resta il sospetto che si possa verificare uno spreco di energie se Roma e Firenze catalogano gli stessi volumi: «Già adesso le due biblioteche interagiscono — osserva Fontana — e presto andranno ad agire come polo unico, in modo che la catalogazione nostra serva a Roma e viceversa. In futuro Roma dovrebbe lavorare soprattutto sulla fruizione e noi sulla catalogazione». Anche Traniello ritiene inutile un’eventuale riduzione a una sola Nazionale ma dice: «Potrebbero trasformarsi in una sola struttura pur mantenendo le due sedi: la cosa più importante è che le altre biblioteche vengano trasferite agli enti locali e le universitarie alle rispettive università, in modo da sgravare il ministero. È la formula adottata con successo in Spagna, dove la gestione di trenta biblioteche è passata alle comunità autonome». Sulla enorme sproporzione finanziaria rispetto agli altri paesi insiste Osvaldo Avallone, da sei anni direttore della Biblioteca nazionale di Roma. Avallone lamenta la riduzione del personale da 400 a 280 unità: «Andando avanti così fra dieci anni non ci sarà più nessuno e la trasmissione di saperi si perderà del tutto». Se dovesse parlare con il ministro competente? «Chiederei il ripristino delle risorse che c’erano nel 2001, in modo da recuperare la piena funzionalità della Biblioteca. Come funzionario posso solo dire che a differenza dell’Alitalia noi rappresentiamo la vera identità nazionale, la memoria storica, le radici, il presente e il futuro». Si ricade sulle colpe della politica. Con un’avvertenza: «La tradizione di insensibilità per le biblioteche è una costante di tutti i governi, senza eccezioni»." (da Paolo Di Stefano, L’abbandono delle Biblioteche nazionali, "Corriere della Sera", 07/06/'09)
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