sabato 20 giugno 2009

Il superstizioso di Francesco Recami


"E’ arrivato il tempo, credo, di prestare maggiore attenzione ai romanzi di
Francesco Recami, che si succedono da qualche anno con puntuale regolarità. Prendiamo Il superstizioso, che è entrato di prepotenza nella cinquina del Premio Campiello. E’ la storia di Camillo, agiato proprietario di un negozio di scarpe, sposato e senza figli, la cui maggiore preoccupazione consiste nel decifrare, attraverso riti propiziatori, i segni che governano il suo destino. La realtà presenta ai suoi occhi una serie di indizi e di coincidenze che sembrano rispondere a un ordinamento occulto, a una logica segreta. E lui si danna, in modo maniacale, a ricercare le tracce di
una buona o cattiva ventura. Un segnale che si ritiene eminentemente fortunato - il passaggio simultaneo di tre treni nella stessa direzione - lo induce a concedersi una giornata di vacanza, a tornare anzitempo a casa. Entrando di soppiatto, inciampa rovinosamente nel gatto, ma la caduta e la perdita dei sensi sono accompagnate da una nubecola di gemiti e sospiri che arrivano dalla camera da letto. Il gran sospetto che alimenta la superstizione, un sospetto quasi metafisico, lo introduce così nel vortice subalterno della gelosia. Camillo si adopera a cercare con i più ingegnosi accorgimenti, fino a inventarle, le prove che la moglie lo tradisce. Indaga nel suo passato e nelle sue odierne frequentazioni, applicando una logica che, quanto più ferrea, risulterà soccombente davanti al capriccio del caso.
Saltando ovviamente le conclusioni, ho dato appena le coordinate di una vicenda condotta con acuta intelligenza, con catturante umorismo. Il tema del sospetto, che presiede alla superstizione e alla gelosia, riappare in toni meno esemplificativi e più distesi in un altro romanzo di Recami, fresco di stampa, Il ragazzo che leggeva Maigret. Giulio è chiamato comunemente Maigret perchè manifesta una passione insolita, maniacale per il commissario immortalato da Simenon: così umano, intuitivo, alieno dai freddi ragionamenti alla Sherlock Holmes, dai gialli inglesi «tutte balle e tazze di tè». Ha letto tutti i suoi libri, ama come lui il cibo robusto, gli piace asciugarsi i panni bagnati contro la stufa e non vede l’ora di poter caricarsi una buona pipa. Soprattutto non perde occasione per emulare il suo talento investigativo. L’ambiente è propizio, Giulio vive in un paese solcato da canali e avvolto da nebbie, dove al nobile dissoluto fanno corona gli esemplari di una umanità marginale e dimessa: il padre di Giulio, che è fattore e guardacaccia di una famiglia decaduta, il custode della Chiusa, il fallimentare commerciante di vini, la moglie smaniosa dell’orologiaio, l’oste malfamato, le tre sorelle inacidite dalla vedovanza ... Il ragazzo intravede nella nebbia uno sconosciuto che getta nel canale quello che sembra un voluminoso involto o, chissà, un corpo umano. Parte di qui la sua indagine che lo porta a dipanare un intreccio di vite miserabili, di piccole e grandi bramosie, di sogni provinciali. Ad ogni passo si confronta idealmente con il famoso commissario, chiedendogli suggerimenti ma opponendogli anche le risultanze di una realtà vera, non fantasticata. E’ in questo duttile rapporto con il grande modello che il romanzo, non privo degli abituali colpi di scena, trova la sua ispirazione, il suo filo di eleganza. Tutto si svolge in una giornata di neve, che cancella le tracce e sembra propizia al crimine. Ma non ci sarà scorrimento di sangue come accade nei romanzi di Simenon e al ragazzo spetterà alla fine una funzione conciliatrice e assolutoria nei riguardi delle persone variamente coinvolte nella vicenda: poveri esseri sbatacchiati dalla vita, per i quali anche il burbero Maigret avrebbe provato comprensione. Il suo piccolo allievo, che sogna di diventare commissario, si compiace appena di avere interpretato dignitosamente una avventura del Maigret «da giovane», quella che non è stata mai raccontata." (da Lorenzo Mondo, Come Maigret tra nebbie e canali, "TuttoLibri", "La Stampa", 20/06/'09)

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