lunedì 2 febbraio 2009

Il vento della luna di Antonio Munoz Molina


"Il 21 luglio del 1969, mentre il piede di Neil Armstrong si posa per la prima volta sulla luna, nel sud della Spagna un ragazzino tredicenne segue appassionatamente la missione dell'Apollo 11 in televisione, inseguendo a suo modo il doppio sogno di sfuggire alla chiusa vita rurale della cittadina in cui è nato e di superare la soglia che lo separa dall'adolescenza. Quel ragazzino è, a grandi linee, lo stesso Antonio Munoz Molina, che pesca a piene mani nella propria autobiografia per raccontarci, con scrittura densa e ipnotica, una formazione nella Spagna della fine degli anni Sessanta. Per farlo, lo scrittore andaluso ci trasporta di nuovo a Màgina, l'immaginaria cittadina che ricorda la sua Ubeda natale e nella quale aveva già ambientato altri romanzi. E se già altrove aveva messo in campo una specie di alter ego, mai come ne Il vento della luna aveva parlato con tanta naturalezza della propria infanzia contadina. Certo, il nome del naarratore in prima persona non è mai esplicitato; certo, come ogni personaggio letterario, il protagonista vive anche di fiction e di invenzione. E tuttavia, in quello spazio confuso tra finzione e realtà, in quella Màgina arida e inospitale, è facile riconoscere la Spagna cupa della fine del franchismo, il mondo rurale scandito dai pregiudizi, dai rituali e dai cicli naturali, i ricordi delle letture e dei film di quegli anni, della scuola di preti, delle durissime raccolte delle olive, delle prime sensazioni adulte dell'autore. [...] L'emozione del ricordo ('Ricordo solo l'emozione delle cose', è l'epigrafe, tratta da Machado, che apre e illumina il libro), sostenuta da una pressione stilistica in crescendo, diventa memoria non solo personale, ma di tutta una generazione." (da Bruno Arpaia, Da ragazzino sognavo la luna, "Il Sole 24 Ore Domenica", 25/01/'09)

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