sabato 14 febbraio 2009

New Italian Epic di Wu Ming


"«Non si può essere grandi nel proprio tempo, la grandezza fa sempre appello ai posteri per i quali essa diventa passato». Così Bachtin sintetizzava l'effetto di distanza da un 'passato assoluto' - cioè inteso come categoria gerarchica
assiologica - che caratterizza l'epica antica. Il mondo epico, scenario della grandezza eroica, è separato dal presente, cioè dal tempo del cantore (o dell'autore e dei suoi lettori) da una distanza assoluta che lo rende inaccessibile all'esperienza personale. Il passato epico è, insomma, quella forma di percezione artistica dell'uomo e dell'evento per mezzo della quale un presente esiliato da ogni grandezza si mette al servizio di una memoria futura del passato. Questa forma si basa sulla priorità estetica del senso della vista. Il mondo epico è narrato a parole per gli occhi e dagli occhi. Un mondo abbracciato dallo sguardo panoramico di un testimone oculare escluso dall'evento il quale, terzo canto dell'Iliade quest'estetica dello splendore sensibile di un cosmo rappresentato come totalità compiuta trova la propria tecnica poetica nella teichoskopia (letteralmente 'guardare dalle mura') quando Elena, sollecitata da Priamo, sale sugli spalti di Troia, e, seduta fra gli anziani, riconosce gli eroi achei che si schierano in ordine di battaglia in fondo alla piana. E' un momento di spettacolo nello spettacolo: tutti i pubblici - quello dei presenti, quello dell'aedo e dei futuri lettori del poema - sono già in embrione nello sguardo autoptico di Elena. Solo dopo questo avvistamento la battaglia può avere inizio. E non finire mai. Se consideriamo questi tratti dell'epica antica (distanza assoluta ed estetica letteraria dello spettatore) l'ipotesi di un ritorno al modo epico nella recente narrativa italiana avanzata da Wu Ming in New Italian Epic (Einaudi) acquisisce un'indubbia forza di lettura del presente. Bisognerà, certo, superare il fastidio per gli annunci di 'svolte epocali' che si ripropongono oramai con cadenza settimanale e anche altri aspetti respingenti di un testo militante fino alla partigianeria. (A volte la categoria di 'tono epico' viene usata in modo tanto elastico da svuotarla di significato. La parte in cui s'indicano autori, opere, testi esemplari risulta, così, poco 'condivisibile' perché frutto di una critica che si presenta apertamente come autobiografica, con tutto ciò che di self congratulatory questo comporta e, dunque, tende a muoversi lungo linee che privilegiano una qualche comunanza di vita, interessi, intenti, il che comporta che il condiviso soppianti il condivisibile). Una volta sbarazzatisi di questa riluttanza, però, si faticherà a non riconoscere che una soglia storica è stata effettivamente attraversata in Italia al principio degli anni '90 da una generazione in formazione (generazione letteraria, sottolinea Wu Ming). Mani Pulite, crollo del Muro di Berlino, Prima guerra del Golfo. Questi i tre accadimenti che - a mio modo di vedere - nel giro di un paio d'anni segnano la nuova stagione. Con i primi due tramonta, infatti, l'orizzonte rivoluzionario che per più di un secolo aveva orientato il corso della storia europea (un mutamento la cui enorme portata culturale non è stata ancora pienamente stimata). Degradazione della politica e smobilitazione ideologica comportano allora una 'de-epicizzazione' della vita quotidiana: da questo momento, ogni grandezza apparterrà al passato (o al futuro). Il presente non è tragico - non ne ha l'altezza -, è meschino. Con i secondi due (crollo del Muro, guerra del Golfo), vaste aree dei mondi della vita vissuta vengono, poi, colonizzate dall'irrealtà televisiva. Entrambi gli eventi sono, infatti, vissuti dalla mia generazione come eventi mediatici. In entrambi i casi, una notte trascorsa davanti alla tv. O poco più. Nel ritorno al modo epico, sia sul piano tematico (grandi imprese, guerre, anabasi, conflitti destinali) che su quello formale (ampio respiro, lunga gittata, ricerca del grande stile), si ha la reazione di una famiglia non biologica di scrittori (una tra le altre, sia ben chiaro) che si sente imprigionata in un'epoca di restaurazione. A un immalinconirsi della società civile si reagisce con la proclamazione di un impegno etico nei confronti dello scrivere, a un vizioso minimalismo della politica con un massimalismo della narrazione. Quando il destino ti ha riservato soltanto i toni della commedia - ironia, sarcasmo, farsa, in quest'ordine degradante - abbracciare la distanza assoluta dell'epica può significare ritrovare il senso della lotta. Su questo piano, il ritorno all'epos è il modo di dire no ai giorni del presente scelto da una generazione cui è toccata in sorte la dittatura del comico. Vi è, però, ben delineato da Wu Ming, un secondo movimento del ricorso epico, questa volta non reattivo ma proattivo. Il ricorrere storico dell'epica produce usi della narrativa letteraria diversi dai precedenti (non migliori né peggiori, e anche questo sia ben chiaro). Con la sperimentazione di poetiche di riuso passionale della tradizione, con l'attitudine popular ad alta complessità narrativa, con l'apertura alla transmedialità comunitaria, diviene possibile un agire comunicativo rivolto al futuro. Soprattutto si tenta di recuperare uno sguardo orbitale - analogo contemporaneo della teichoskopia omerica - che ribalti in senso virtuoso l'illusoria panoramicità della visione a distanza televisiva. Un intero mediascape di sguardi, vissuti, sofferenze altrui viene allora abbracciato dalla ritrovata magnanimità epica. Saviano, ad esempio, non ha vissuto ogni singola storia che racconta, molte le ha verosimilmente tratte dalla cronaca, ma assume una postura epica quando si fa testimone autoptico di tutte garantendo per esse in prima persona (fino alle estreme conseguenze). In questo senso, autofiction introvertiva e nuova oggettivazione epica non sono estranee. Sono, piuttosto, due fasi di oscillazione di un medesimo movimento. Un pendolo che non può, proprio non può, arrestarsi nel mezzo di un accordo con la mediocrità del presente perché lì s'impaluderebbe nelle marcite dell'inesperienza." (da Antonio Scurati, Reagire con la scrittura al degrado politico e alla smobilitazione ideologica, "TuttoLibri", "La Stampa", 07/02/'09)

Wu Ming, se questa è letteratura di Fabrizio Rondolino (da LaStampa)

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