lunedì 10 gennaio 2011

Morti favolose degli antichi


"Morti favolose degli antichi (Quodlibet) di Dino Baldi è un libro poco consueto dalle nostre parti. Certo, sceglie di parlare di morti che hanno dalla loro la lontananza e spesso l'alone della leggenda. E tuttavia è questo un genere letterario piuttosto esiguo fra noi e tipicamente anglosassone. Lassù, fra i lunghi inverni e le nebbie e in un forte senso dello humour e dell'understatement, non c'è editore, dai più austeri ai più popolari, che non abbia un suo Exit lines o Ultime parole famose come temi della "storia culturale".
Le famose morti antiche così come ci sono state tramandate da storici e biografi, sono sovente un calco della vita, ne conseguono e la raffigurano. Echeggiano e compendiano il carattere e le opere del personaggio, li sublimano, e ciò fa spesso dubitare della loro autenticità ma non toglie, anzi le carica di suggestioni.
Saffo che si getta da una rupe esasperata dalla passione per un giovane barcaiolo indifferente alle sue grazie appassite. Anacreonte, poeta delle gioie del banchetto, muore soffocato da un acino d'uva rimasto in fondo a una coppa, mentre il commediografo Antifonte, colpito da una pera. Pindaro, cantore delle glorie degli atleti, si addormenta in un ginnasio di Argo reclinando il capo sulle ginocchia di un fanciullo. A Sofocle scoppiò il cuore per la gioia di aver vinto a novant'anni l'agone tragico. Euripide, in fama di misogino, fu sbranato da una muta di donne inferocite. Fileta, poeta e grammatico, cagionevole di salute e magrissimo per tutta la vita (portava scarpe con suole di piombo per non essere soffiato via dal vento), spirò sfinito dalle lunghe meditazioni notturne sulla soluzione di un rompicapo. Zenone di Cizio, il filosofo stoico, a novantott'anni inciampò, cadde, batté la mano in terra e disse imperturbabile a Plutone: «Sto arrivando». Il suo tenace avversario Alessino di Elide annegò urtando in una canna mentre nuotava nel più nobile dei fiumi, l'Alfeo, nel Peloponneso.
La più strepitosa è la storia di Aristea narrata non da gente qualsiasi ma da Erodoto e altri suoi colleghi. Nato qualche decennio prima di Omero a Proconneso e cospicuo cittadino di quell'isola sul Mar di Marmara, un giorno entrò in una lavanderia e vi morì. Il proprietario chiuse il locale e andò a informare i parenti del defunto. Quando questi arrivarono al negozio, non vi trovarono nessuno né vivo né morto, e un tale di Cizico sopraggiunto da una città vicina raccontò di aver incontrato per strada Aristea diretto a Cizico. Sette anni dopo ricomparve, compose un poema in cui descrisse i suoi viaggi compiuti sotto la guida di Apollo nelle regioni più impervie del mondo, in Siberia e oltre. Dopo di che scomparve di nuovo, per ricomparire dopo altri duecentoquarant'anni a Metaponto, e lì finalmente morire per sempre, poiché i Metapontini videro la sua anima uscirgli dalla bocca.
A questo punto il libro di Baldi passa a morti storiche, certo più drammatiche ma non per questo meno capaci di eccitare la fantasia di drammaturghi e di poeti: le grandi donne, Lucrezia, Arria; il banchetto e poi il suicidio dei due Amanti Inimitabili Antonio e Cleopatra ad Alessandria d'Egitto; l'altro banchetto di Claudio a base di funghi velenosi ammanniti dalla moglie Agrippina; Nerone in fuga nelle brughiere della Campagna romana, Eliogabalo sorpreso dai soldati in una latrina e affogato nella cloaca ...
Baldi definisce il suo libro in cui raccoglie queste cose «un semplice divertimento». Vuol dire che non si è accanito nell'officina della scienza storica o filologica ma ha semplicemente voluto dare anch'egli ai suoi lettori di che "distrarsi" su un tema simile. Del resto, anche Trimalcione metteva sulla tavola una marionetta che rappresentava uno scheletro, e al colmo del banchetto scoppiava a piangere dettando all'architetto il modellino del suo sepolcro." (da Carlo Carena, Come muore un classico, "Il Sole 24 Ore Domenica", 09/01/'11)

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