venerdì 21 gennaio 2011

Discorso sulla matematica


"Nel suo celebre e surreale racconto Pierre Menard, autore del Chisciotte, Borges proponeva di ravvivare la letteratura basandosi sulla tecnica dell´anacronismo deliberato e delle attribuzioni erronee: «Questa tecnica, di applicazione infinita, ci invita a scorrere l´Odissea come se fosse posteriore all´Eneide, e il libro Le jardin du Centaure di Madame Henri Bachelier come se fosse di Madame Henri Bachelier. Questa tecnica popola di avventura i libri più calmi. Attribuire a Louis Ferdinand Céline o a James Joyce l´Imitazione di Cristo, non sarebbe un sufficiente rinnovo di quei tenui consigli spirituali?».
Borges va sempre preso seriamente, soprattutto quando sembra scherzare. Ha fatto dunque bene Gabriele Lolli a seguirne, consciamente o inconsciamente, il consiglio e a proporre nel suo ultimo e bellissimo Discorso sulla matematica. Una rilettura delle Lezioni americane di Italo Calvino. Lo dichiara esplicitamente nel sottotitolo. E lo mostra fin da subito nella prima pagina, che riproduce l´indice autografo delle Sei proposte per il prossimo millennio del grande scrittore, scomparso proprio mentre stava portandole a termine.
L´occasione di scriverle gli era stata fornita dall´Università di Harvard, che l´aveva invitato nel 1984 a tenere le prestigiose Norton Lectures: una serie di sei conferenze distribuite nel corso dell´anno accademico, e dedicate in senso lato alla "poesia". Calvino interpretò il termine liberamente, come "comunicazione poetica", e scelse come argomenti delle sue sei lezioni la leggerezza, la rapidità, l´esattezza, la visibilità, la molteplicità e la consistenza. Riuscì a completare le prime cinque, ma morì prima di poter scrivere la sesta. Le lezioni non furono dunque mai tenute e apparvero postume nel 1988, curate dalla moglie.
Ora, Calvino era uno scrittore particolarmente sensibile alla scienza e alla matematica. Negli anni ´60 si era trasferito a Parigi, aveva incontrato Raymond Queneau ed era entrato a far parte dell´Oulipo che questi aveva fondato: una singolare confraternita di letterati-matematici e matematici-letterati che perseguiva il triplice obiettivo di una scrittura che possedesse ed esibisse immaginazione scientifica, linguaggio logico e struttura matematica. Nelle Lezioni viene tessuta una trama di riferimenti e di connessioni che individuano le stesse caratteristiche in autori parascientifici appartenenti a quella che Calvino stesso definì «una linea di forza della letteratura», che va da Lucrezio a Borges passando per Ariosto, Galileo e Leopardi.
È dunque perfettamente sensato che Lolli abbia voluto rileggere Calvino alla Borges, andando a ricercare quegli stessi aspetti nella matematica invece che nella letteratura. Utilizzando, quindi, le stesse categorie delle Lezioni e applicandole a teoremi, dimostrazioni e paradossi matematici. Ad esempio i racconti noir di Léo Malet vengono accostati alla dimostrazione di "irrazionalità" della radice quadrata di 2 per spiegare come il tempo possa scorrere veloce. Al contrario nel Signore degli Anelli è lentissimo. Oppure: Hilbert si lega a Valéry, mentre dall´infinito di Cantor si può arrivare fino ad una citazione di Anthony Trollope. E d´altra parte cercando di capire l´insiemistica di Dedekind e Zermelo possiamo ritrovarci a leggere Kafka e Musil. Il risultato è un pezzo di bravura che intreccia le due discipline come i fili di un tappeto persiano, un fuoco d´artificio variopinto e scoppiettante che mostra con citazioni ed esempi com´esse siano in realtà due facce di una stessa medaglia, e si prestino perfettamente a parallele analisi strutturali ed estetiche.
Si tratta di un´opera sostanzialmente oulipiana, che soggiace alla costrizione formale di rileggere un libro di critica letteraria come se fosse un testo di filosofia della matematica. È sicuro che l´autore si sarà divertito molto a scriverlo: quanto al lettore, si divertirà anch´egli a leggerlo. E, se è un matematico, si morderà le dita per non aver pensato di fare la stessa cosa anche lui, prima dell´autore.
Oltre che alla lettera, il sentiero aperto da Lolli si può però ripercorrere anche nello spirito, costeggiandolo o allontanandosene a piacere. Ad esempio, si può ricordare che Calvino non fu né il primo, né l´ultimo italiano a ricevere l´onore di tenere le Norton Lectures. Nel 1992-93 toccò a Umberto Eco, che aprì con un doveroso omaggio a Calvino le sue Sei passeggiate nei boschi narrativi, dedicate a entrate e indugi nel bosco, esplorazioni di vari boschi reali o possibili, e indagini di strani casi e fittizi protocolli.
Volendo borghesizzare Eco, invece che Calvino, le cose si fanno più complicate. Ma è lo stesso Eco a suggerirci la via, scegliendo come uno dei boschi possibili un classico della divulgazione matematica quale Flatlandia di Abbott. Essendo in vena di imborghesimenti, però, tanto vale andare direttamente alla fonte. A Borges stesso, cioè, omaggiato sia da Calvino che da Eco, e pure lui autore di uno splendido ciclo di Norton Lectures nel 1967-68, su L´invenzione della poesia. I suoi argomenti, che vanno dal mistero alla metafora, dal racconto alla traduzione, dal pensiero al credo del poeta, sembrano fatti apposta. Ad esempio, non si adatta forse a entrambe le discipline l´affermazione che «la scoperta di un nuovo problema è tanto importante quanto la scoperta della soluzione di uno vecchio»? O che «non ci si deve preoccupare troppo delle definizioni»? O che «si usano parole comuni e le si rendono non comuni estraendone la magia»? O che «le parole sono un´algebra di simboli»?
Ma perché non rileggere anche la musica in chiave matematica? In fondo, già Pitagora parlava di armonia del mondo e della musica delle sfere. Volendo restare nell´ambito delle Norton Lectures, che sono state tenute da musicisti che vanno da Igor Stravinsky nel 1939-40 a Luciano Berio nel 1993-94, il ciclo che forse più attira l´attenzione è quello di Leonard Bernstein nel 1973-74.
Già il titolo, La domanda senza risposta, è una metafora del teorema di Godel e rimanda direttamente ai suoi enunciati indecidibili. Ma il resto non è da meno: non sorprendentemente, visto che l´intero ciclo di conferenze di Bernstein era già, a sua volta, una borghesizzazione di Linguaggio e mente di Noam Chomsky. Le prime tre conferenze, sulla fonologia, la sintassi e la semantica, corrispondono semplicemente alle tre divisioni logiche del linguaggio. Le due successive, sull´ambiguità e la crisi del ventesimo secolo, richiamano i paradossi e la crisi dei fondamenti. L´ultima, infine, sulla poesia della terra, non è altro che una riformulazione dei motti pitagorici.
Volendo, dunque, il ciclo di Bernstein potrebbe costituire una base per una rilettura dell´intera logica. Chissà, forse questo potrebbe essere il prossimo libro di Lolli, che è appunto uno dei più titolati logici italiani. Per ora, godiamoci il suo Discorso sulla matematica (Bollati Boringhieri)." (da Piergiorgio Odifreddi, I numeri della letteratura. Quando la matematica ci aiuta a leggere Kafka, "La Repubblica", 21/01/'10)

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