mercoledì 5 gennaio 2011

Nella biblioteca di Dio


"Nei sotterranei del Vaticano. O quasi. Qualche mese fa, infatti, Daniel Mendelsohn ha passato una settimana in Italia per raccontare la riapertura della Biblioteca Apostolica Vaticana dopo tre anni. Ha incontrato bibliotecari, studiosi, cardinali e semplici sacerdoti. Così è nato l´articolo uscito sul New Yorker di questa settimana, dal titolo I bibliotecari di Dio. «È un posto unico, anche perché è la sola biblioteca in cui per accedere devi avere il passaporto, essendo il Vaticano uno Stato a sé», ha scritto. "Un posto unico" nato per volontà di Niccolò V e quindi ampliato e modernizzato da Pio II, Sisto IV, Leone XIII, e, negli ultimi anni, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Il critico, a un passo dagli Archivi segreti, spiega: «Qui l´aggettivo "segreto", a dispetto di quanto sia stato modificato per effetto di Dan Brown, riacquista tutta la sua banalità etimologica: è qualcosa che è messo da parte».
Nei giorni della visita, Mendelsohn ha avuto modo di consultare veri e propri tesori bibliografici, dalle lettere di Enrico VIII ad Anna Bolena, alla Historia Arcana, un manoscritto del 550 dopo Cristo che creò sconcerto all´interno della Chiesa per la rivelazione di elementi scandalosi della vita dell´imperatore Giustiniano e della moglie Teodora. Gli elementi più scabrosi vennero omessi quando la Historia Arcana fu stampata per la prima volta come libro nel 1623, ma ora, in occasione della riapertura della biblioteca, è possibile esaminare il manoscritto nella sua integrità. Mendelsohn, che si dichiara ateo, si è reso conto che studiare la Biblioteca Vaticana significa analizzare uno dei modi con cui la Chiesa Cattolica ha interpretato la propria missione evangelizzatrice «È esattamente così», racconta nel suo appartamento di Chelsea. «Si tratta di una chiave di lettura illuminante ed estremamente affascinante per capire il rapporto del Vaticano con la conoscenza, con il potere, il segreto e l´autorità».
Cosa colpisce di quel luogo?
«È una esperienza che intimidisce e ti emoziona. È incredibile la quantità e la qualità dei tesori che sono conservati nella Biblioteca. L´atteggiamento di deferenza da parte dei bibliotecari nei confronti dei manoscritti è quasi commovente. È un rispetto che sfiora la venerazione nei confronti della possibilità di tramandare la cultura. Un altro elemento che mi ha colpito è la relativa mancanza di protezione, un tesoro del genere in altri paesi sarebbe molto più blindato. Credo che abbia a che fare con l´idea di evangelizzazione, e con la fede innata nella natura umana di Niccolò V, un pontefice colto che volle creare una sede di apprendimento umanistico nel cuore ideologico e geografico della chiesa cattolica».
Qual è il testo che l´ha emozionata di più?
«Da un punto di vista personale i manoscritti più antichi dell´Eneide, ma per l´importanza che ha avuto per la cultura occidentale direi la Historia Arcana di Procopio. Mi ha colpito anche il modo semplice in cui è archiviato: VAT GR 1001. Le lettere stanno per Vaticanus Graecus: indicano che il testo fa parte della collezione dei manoscritti greci del Vaticano, senza sottolineare il valore del contenuto. Un altro manoscritto è conservato con un nome apparentemente anonimo è il Libro I, proposizione 47, ed è una delle copie più vecchie esistenti del Teorema di Pitagora. Purtroppo non mi è stato possibile vedere la meravigliosa Bibbia di Montefeltro, con illustrazioni di Botticelli».
Qual è la sensazione che prova una persona che proviene da una cultura giovane nell´entrare in un luogo dove sono conservati tesori millenari?
«Potrei risponderle che sono americano soltanto da due generazioni, e che i miei studi sono classici, ma credo che chi ama la cultura in un posto così la sente e basta».
Cosa prova un intellettuale ateo all´interno di un´istituzione culturale gestita da religiosi?
«Sono ateo ma credo in chi crede. Anche quando preparavo il mio libro Gli Scomparsi (Neri Pozza) mi sono trovato a contatto con alcuni rappresentanti della comunità greca ortodossa, e sono rimasto molto colpito dalle persone che vivono autenticamente la propria fede».
Il Vaticano oggi rende pubblici testi che per anni erano accessibili sono al clero.
«La prima cosa che ho notato è che i bibliotecari non sono semplici archivisti ma uomini di cultura. C´è ovviamente un cambiamento facilitato anche dalle innovazioni tecnologiche, ma credo che il cuore di questo momento di apertura sia altrove, e ha a che fare con le scelte della chiesa, che hanno tempi e modi diversi da quelli del mondo secolare. Non sono un vaticanista, ma so bene che ci sono stati periodi bui e tragici nella storia della chiesa. Tuttavia credo che quello che sta avvenendo oggi sia nella linea di quello che è scritto nel Vangelo "non c´è nulla di nascosto che non debba essere rivelato e nulla di segreto che non debba essere conosciuto". L´impressione complessiva che ho avuto alla fine della visita è stata quella di trovarmi di fronte all´energia e non alla stanchezza della storia».
Quando Montaigne venne a consultare la biblioteca nel 1581, notò che i libri erano assicurati con delle catene agli scaffali.
«Si verificavano numerosi furti, e all´epoca si trattava probabilmente di copie uniche. Molte volte i furti erano fatti da studiosi, che avevano bisogno di consultare i manoscritti in questione».
L´attuale pontefice è un intellettuale colto: ritiene che ciò influenzi in qualche modo la funzione divulgativa e di studio della Biblioteca?
«Il rinnovamento e la modernizzazione è precedente al pontificato di Ratzinger, anche se la sua attenzione alla cultura ha certamente un ruolo importante. Molto si deve a Wojtyla, a proposito del quale ho scoperto un aneddoto esemplare nella storia della Biblioteca».
Quale?
«Nel 1990, in occasione di un viaggio in Messico, Giovanni Paolo II prese dalla Biblioteca un libro molto prezioso per farne omaggio al presidente. Si trattava di un rarissimo testo messicano del Seicento che il pontefice voleva restituire al paese d´origine. Solo che lo fece d´autorità, senza consultare il bibliotecario dell´epoca, padre Leonard Boyle, il quale, mandò in reazione una lettera di protesta nella quale spiegava che il libro non apparteneva al papa, ma alla Biblioteca».
Ritiene che la religione rappresenti un limite o un completamento della cultura?
«Non si può essere autenticamente colti se non si conosce la religione. E aggiungo: l´educazione religiosa è importante sia da un punto di vista morale che culturale. Qualunque cosa si voglia fare, è insostituibile: come puoi apprezzare la musica o l´arte figurativa se non conosci la religione?»." (da Antonio Monda, Nella biblioteca di Dio, "La Repubblica", 05/01/'11)

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