Biblioteca civica "MINO MILANI" bibliogarlasco@yahoo.it tel. 0382/801009 "Le paradis, à n'en pas douter, n'est qu'une immense bibliothèque" (Gaston Bachelard) SELEZIONE DI ARTICOLI SULL'UNIVERSO-LIBRO
venerdì 28 agosto 2009
La Cina fotocopia il mondo
"Li Chun dirigeva la biblioteca del Beichuan, distrutta dal terremoto nel maggio del 2008. È arrivata a Milano al convegno dell’IFLA — l’Onu dei libri — con il suo abito tradizionale per ricevere un premio. La accompagnava Li Kaicheng, della biblioteca dello Mianzhu. Entrambi parlano solo cinese e queste testimonianze si devono alla cortesia del professor Zhang Xiaolin, che ha tradotto dapprima in inglese le loro parole. «La mia biblioteca — ricorda Li Chun — è ancora sotto il fango, come migliaia di persone. Appartengo alla minoranza Qiang, uno dei 56 gruppi etnici riconosciuti dalla Repubblica Popolare Cinese. Eravamo 200 mila e 20 mila sono morti».
La sua voce si scioglie con un filo di emozione e ricorda: «I Qiang sono una stirpe antichissima, con una storia che risale alla seconda dinastia — le prime testimonianze sono del 1760 a.C. — e da loro discendono, tra gli altri, anche i tibetani. Nel terremoto ho perso mio padre e mio fratello maggiore e sono viva perché mi trovavo nell’attigua copisteria, dove ho potuto rifugiarmi sotto un tavolo. Sono rimasta sepolta dalle macerie per 75 ore; una mia collega è stata travolta, un’altra morì dopo l’arrivo dei soccorsi». Ha il braccio sinistro offeso ma lo sguardo sereno. Continua: «Nella mia vita mi sono prima occupata dei bambini all’asilo, poi ho insegnato alle elementari, quindi ho deciso di dedicarmi alla biblioteca. Al momento del terremoto avevamo 50 mila volumi, buona parte dei quali erano manoscritti con trascrizioni di racconti orali, contenenti le storie della mia gente. Gli stampati non costituiscono un problema, perché di essi c’è una copia a Pechino, ma il resto è irrimediabilmente perduto».
Ora, grazie al Prince Claus Fund, una sorta di Emergency della cultura (fondato il 6 settembre 1996 per celebrare il settantesimo compleanno del principe Claus di Olanda), almeno una parte dei libri del Beichuan sarà ricomperata. Anche se, precisa Li Chun, «i resti con il fango rimarranno così come sono e sia la città che la biblioteca verranno ricostruite altrove». Questa donna testimonia con il suo abito una fierezza antica, una cultura che si perde nel tempo. Prima di salutarci aggiunge le seguenti parole: «Il terremoto ha lasciato tanto dolore, ma noi ricostruiremo, raccoglieremo ancora libri e storie, daremo vita ad altri manoscritti. Li porteremo, come abbiamo fatto in precedenza, alla gente. Usciranno, come i precedenti, dalla biblioteca per raggiungere case isolate e zone impervie. Il libro deve inseguire le persone, non viceversa». Che dire? Il viso dolcissimo di Li Chun è l’immagine della Cina, di quanto sta avvenendo nel Paese al quale ormai occorre guardare con attenzione anche per le biblioteche. Sempre a Milano, per il convegno Ifla, è arrivato Ben Gu, uno dei vicedirettori della Nazionale di Pechino. In una chiavetta aveva i dati relativi al 2006. Parlano da soli, è inutile aggiungere aggettivi: in Cina vi sono 2.777 biblioteche pubbliche che hanno superato i 400 milioni di volumi, 3.901 sono le universitarie; istituti di ricerca, aziende e dipartimenti governativi raggiungono le 10 mila, l’esercito ne ha 94 che corrispondono ad altrettante scuole militari. Le sindacali sono 26 mila, le ospedaliere 19 mila, quelle scolastiche 130 mila e ad esse vanno aggiunte le raccolte del partito, delle quali non ci sono dati. Nel 1949 le biblioteche cinesi erano 55. Tutto questo è avvenuto improvvisamente, giacché la Nazionale di Pechino ha un secolo ma le altre sono state fondate in buona parte nell’ultimo ventennio. E il fenomeno — come sottolinea Mauro Guerrini, presidente italiano Ifla e sodale di Ben Gu — «è in forte espansione».
Sono stati aperti corsi per bibliotecari e si è creata una bibliografia nazionale a cominciare dal 1987, la stessa che dal 1994 è online. Due dati che raffrontati ai nostri fanno impressione: in Italia essa nacque nel 1888, e venne rifondata nel 1958, negli Usa nel 1830. «La Cina — dichiara Guerrini — sta costituendo importanti biblioteche cartacee utilizzando e riproducendo per scopo interno le principali pubblicazioni di carattere letterario, economico e scientifico del mondo». Parole prudenti che si possono tradurre così: tutte le opere più importanti sono raccolte e poi digitalizzate in Cina, dove tra non molto ci sarà la più incredibile raccolta di dati culturali che mai sia stata tentata sul nostro pianeta. Qualche esempio? Dalle grandi storie dell’Occidente ai classici, dalle raccolte di leggi ai saggi strategici contemporanei — comperati, tradotti e messi online — via via fino alla letteratura e ai testi religiosi. Immaginatevi in qualche chiavetta la Storia dei Papi di von Pastor o l’Enciclopedia di Diderot e d’Alembert, i Rerum Italicarum Scriptores di Muratori o i testi greci e latini della Teubner. Non spetta a noi trarre conclusioni. Ma forse è il caso di aggiungere in margine che la Cina non rispetta pienamente le nostre norme sul diritto d’autore e il dibattito in questi giorni creato da Google, che non lo gradisce, può trasformarsi in una bomba che non sappiamo quando esploderà. Insomma, la retribuzione del lavoro intellettuale conoscerà giorni sempre più difficili, anzi si avvia verso la zona delle cifre irrisorie. È forse agli sgoccioli l’epoca degli scrittori miliardari; e, se questi lo diventeranno, non sarà per i diritti d’autore. Le ricadute? Difficile prevedere cosa comporta l’abbassamento, o il crollo, dei pagamenti del lavoro intellettuale, ma non occorrono sforzi per pensare alle riduzioni che colpiranno i compensi degli insegnanti e di coloro che fanno ricerca lontano da scopi industriali. Gli intellettuali ben remunerati, liberi e critici del potere, possono insomma considerarsi una parentesi. Del passato." (da Armando Torno, La Cina fotocopia il mondo, "Corriere della Sera", 28/08/'09)
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