sabato 29 agosto 2009

Il vizio di leggere di Vittorio Sermonti


"Chi cercasse la progenie della cultura in piazza, delle folle in ascolto di romanzieri e filosofi, si imbatterebbe in Dante. E in Vittorio Sermonti che a metà degli anni Novanta si avventurò nella lettura integrale, sera dopo sera, per cento sere, di tutta la Commedia. Accadeva a Ravenna, nella chiesa di san Francesco, alle spalle della tomba in cui riposa il poeta. Poi vennero Roma, i Mercati Traianei e il Pantheon, e quindi Firenze, Milano, con concorso di popolo sempre crescente. E infine l'Eneide a Milano. Sermonti, che è stato giornalista, insegnante di liceo, consulente editoriale, regista radiofonico, compirà ottant'anni a fine settembre e sarà a Mantova, al Festivaletteratura. Per festeggiarlo (ma forse l'ha fatto anche lui per festeggiarsi), Rizzoli pubblica Il vizio di leggere, una nutrita antologia, una personalissima galleria di centosessanta brani letterari e non letterari scelti, spiega Sermonti, 'con sconcertante arbitrarietà'. L'antologia nasce come seguito di una trasmissione radiofonica: si va da Tolstoj alle iscrizioni funerarie romane, da Auden, Brodskij e Faulkner fino alle Controindicazioni, Precauzioni, Interazioni dei foglietti illustrativi di un farmaco, da Melville, Pound e Yehoshua alle Lunghezze minime permesse dei pesci in un mercato veneziano o all'Almanacco illustrato del calcio che segnala quando il Milan precipitò in serie B. Sono brani che condensano, appunto, una pratica lunga più di settant'anni, che ha messo nel conto 'anche il rischio di imbattersi in parecchie schifezze', ma che è stata condotta 'con la perseveranza, con l'abnegazione, con l'inconfessabile voluttà' con cui si coltivano i peggiori vizi. 'Sa una cosa che non mi piace di molte iniziative di cultura in piazza?'. Me la dica. 'La troppa esibizione civica che accompagna l'invito alla lettura. Tipo: leggete perché diventerete più buoni'. In un Paese dove si legge così poco serve anche questo, o no? 'Può darsi. Ma io credo che occorra indurre alla lettura come a un vizio che rende più complicata, ma anche più bella, la vita. Un giorno leggevo Dante a Firenze. Venne da me l'assessore alla cultura, mi chiese di andare in una scuola elementare a spiegare l'Inferno. Vi piacerà moltissimo, dissi a quei bambini, perché racconta cose cattivissime, come in fondo cattivissimi siete voi. Se dovessi rivolgermi a dei ragazzi che le fanno di tutti i colori, direi appunto così: vi propongo la lettura, un vizio più complesso di quelli che praticate'. Leggere tutto, da Lucrezio e Rilke ai graffiti sul muro che trova sotto casa a Roma? 'Questi ultimi non li posso evitare. Trasecolo nel leggerli e continuo a trasecolare quando li trascrivo. Però mi stupisce sempre la tensione stilistica della scemenza. Sono molto attratto dalle stupidaggini, che poi non sono la cosa peggiore del mondo. E neanche sono l'opposto dell'intelligenza, che invece seguono da presso, come un'ombra'. Lei citava Dante e le letture in piazza. Da allora è un fiume in piena, non di Dante, ma di letture in piazza. Che ne pensa? 'Un po' storco il naso. Ci vedo dell'eccesso. Mi pare che l'aspetto della performance abbia assunto un ruolo preponderante. E poi se un romanziere inglese molto bravo viene a leggere il brano di un suo romanzo molto bello, va benissimo. Va benissimo anche se vengono cinque scrittori inglesi. Ma se sono cinquecento non va più bene, anche perché quattrocentocinquanta saranno mediocri'. [...]" (da Francesco Erbani, Leggete per essere cattivi. Sermonti e il vizio dei libri, "La Repubblica", 28/08/'09)

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