lunedì 10 dicembre 2007

Il dio di carta. Vita di Erich Linder

Il dio di carta. Vita di Erich Linder di Dario Biagi (Avagliano, 2007)
"Il dio di carta è una biografia di Erich Linder, il cui nome appare solo nel sottotitolo. Non fosse stato, infatti, per la vocazione dell'autore, Dario Biagi, a testimoniare la vita di persone scomparse che non meritano l'oblio, pochissimi tra gli abituali clienti delle librerie avrebbero riconosciuto quel nome: nemmeno italiano, tra l'altro, se non dal giorno del suo arrivo da Leopoli, all'età di dieci anni. Erich Linder fu invece, tra il 1953 e il 1983, non soltanto il maggior agente letterario italiano, uno tra i primi in Europa, ma un personaggio assolutamente insolito in un panorama per molti aspetti provinciale. Il suo talento nel dissezionare, comprendere, approvare o respingere, personaggi creati da tanti scrittori, è reso palese dalla prima avventura della sua giovane vita. Rinchiuso in campo di concentramento suo padre Michael dalle leggi razziali, ecco il giovane Erich improvvisarsi interprete dei tedeschi e non solo. [...]" (da G. Clerici, Erich Linder, una vita tra i libri, "Almanacco dei libri", "La Repubblica", 8/12/'07)

"[...] Nel 2008 saranno già 25 anni che Erich Linder se ne è andato, ma la sua figura resta centrale nella storia dell'editoria italiana del secondo Novecento. [...] Quella dell'agente letterario era una professione praticamente sconosciuta, in Italia come in Europa. Linder vi apporta i suoi geni asburgici: l'etica luterana del lavoro ben fatto, l'efficienza, l'understatement, il riserbo, un freddo snobismo. Con lui finiscono i tempi in cui gli editori tosavano spregiudicatamente i loro autori. 'Sono puritano - diceva lui - odio l'ingiustizia, i soprusi. E credo che l'autore sia vittima dell'editore'. Imponendo regole certe e pretendendo un'assoluta correttezza amministrativa, Linder ha aiutato l'editoria italiana a passare da un artigianato un po' arruffone a una fase industriale più razionale ed efficiente. Ma era assai più di un giustiziere in grado di garantire ai propri autori contratti vantaggiosi. Uomo di gusti raffinati, di libri si intendeva come pochi, ed era troppo intelligente per limitarsi a bandire aste all'americana in cui vinceva chi pagava di più. La sua tutela operava a 360°. Per gli autori un punto di riferimento indispensabile, il primo lettore, un consigliere prezioso. Era in grado di influire sulla grafica, sulle copertine, su promozione e pubblicità. Deteneva un grande potere, ma ne faceva un uso tutt'altro che capriccioso o umorale. Maestro nell'abbinare un titolo all'editore che lui riteneva 'giusto' per affinità culturale e capacità promozionali, e forte della sua posizione monopolistica e del prestigio di cui godeva ovunque, amava disegnare secondo i suoi intendimenti buona parte del profilo dell'editoria italiana come una sorta di governatore occulto. Se aveva deciso che il tal autore non andava bene per il tale editore, nulla poteva smuoverlo. Livio Garzanti ci si arrabbiava a morte, ma invano. Le sue invettive non scalfirono la reciproca stima. Naturalmente Linder aveva le sue preferenze: c'erano titoli che 'dovevano' andare a Einaudi, anche se pagava poco e in ritardo, e aveva così tanti titoli in portafoglio che per uscire bisognava affrontare waiting list di anni. E aveva le sue antipatie, come quella per Giangiacomo Feltrinelli, che considerava un rampollo viziato, un riccastro arrogante e un po' grossolano. Era non soltanto rispettato, ma temuto. [...] Inimicarsi Linder significava autoaffondarsi. Gestiva da 8.000 a 10.000 autori (si fa prima a contare chi non faceva parte della scuderia: Moravia, Eco, la Fallaci), il suo archivio contava 38.000 fascicoli e un milione di pagine: oggi sta presso la Fondazione Mondadori. [...] Dario Biagi, giornalista culturale Rai, e già biografo di Giuseppe Berto e di Giancarlo Fusco, ha dedicato a Linder una Vita scritta con scioltezza, e resa più mossa dalle interviste a chi lo conosceva bene: collaboratori, editori, autori. Racconta le timidezze, lo humour, le tenerezze di padre affettuoso, il bisogno d'affetto, la sostanziale solitudine. La sua storia fa già parte da tempo della mitologia degli addetti ai lavori, ma può incuriosire anche i non specialisti. In fondo Linder, mancato improvvisamente a nemmeno sessant'anni, sembra un personaggio di Joseph Roth: avventuroso, imprevedibile malgrado le ferree abitudini, vulnerabile sotto le altere apparenze: intimamente segreto sempre." (da Ernesto Ferrero, Linder, luterano agente segreto, "TuttoLibri", "La Stampa", 8/12/'07)

L’agente letterario da Erich Linder a oggi (Sylvestre Bonnard, 2004)
Erich Linder. Autori, editori, librai, lettori (Fondazione Mondadori, 2003)

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