sabato 13 febbraio 2010

L'uomo che ama di Martin Walser


"A 73 anni, Goethe s´innamorò della diciannovenne Ulrike von Levetzov, conosciuta nella cittadina termale di Marienbad. Lo scandalo provocato dalla grande differenza di età non lo trattenne dal chiederne la mano, incaricando di farlo per suo conto l´amico e protettore Karl August di Sassonia-Weimar. Questa storia di amore e passione del grande poeta tedesco, che su quell´incontro scrisse la sublime Marienbader Elegie, è il tema dell´ultimo romanzo di Martin Walser, 83 anni, ed è subito chiaro che lo scrittore racconta Goethe e allo stesso tempo se stesso.
Che cosa l´affascina negli amori in cui c´è una grande differenza di età? «Ho scritto quattro romanzi su questo tema, ma in un caso era la donna anziana ad amare un giovane uomo. E in quel caso i critici, parlo soprattutto di critici donne, furono benevole, apprezzarono molto. Parlo delle stesse che poi hanno stroncato i romanzi dove il più vecchio era l´uomo con parole che non si dimenticano: "moralmente, biologicamente e esteticamente inammissibile", hanno scritto. È così che ho finito per scrivere questo romanzo, dove la differenza di età è perfino superiore a tutto ciò che avevo scritto in precedenza, ma il protagonista è Goethe, e perciò i critici hanno taciuto, anzi hanno lodato, e questo me lo lasci dire, è un po´ strano: con Goethe ve bene ciò che con gli altri protagonisti dei miei romanzi era scandaloso. Comunque le garantisco che il tema ora per me è chiuso. Oltre Goethe e Ulrike non si va».
Walser è quello che i tedeschi chiamano un Rechtshaber. Non rinuncerebbe mai a una polemica. Come Michael Kohlhaas, protagonista di una famosa novella di Kleist, finirebbe sulla forca piuttosto che spostarsi dalle proprie posizioni. Per sua fortuna invece che sulla forca la vis polemica lo ha portato a scrivere il suo più bel romanzo, Un uomo che ama (SugarCo).
Ma ancora non ci ha spiegato il fascino di questi amori ... «È quello di essere amori infelici. Né potrebbe essere diversamente quando c´è una grande differenza di età. L´evidente disposizione all´infelicità e il fatto che tuttavia accadano è ciò che li rende degni di essere raccontati. Una storia d´amore riuscita è noiosa. Per me poi c´era anche un altro interesse, quello di misurarmi con le famose parole di Goethe secondo cui l´arte permette sempre di superare il dolore. Scrivendo si può venire a capo di passioni, tormenti, sofferenze. È questo il tema del suo ultimo grande romanzo, Wilhelm Meisters Wanderjahre (Gli anni del pellegrinaggio di Wilhelm Meister). Questa espressione culturale del classicismo tedesco è però assolutamente falsa. Perciò m´interessava smentirla. Il mio è un Goethe che soffre. Così è nella realtà. Mentre si scrive ci si sente forti, ma non appena finito di scrivere siamo deboli come prima».
Quando sono i veri momenti di felicità per Goethe? «Con Ulrike ha molti momenti di felicità, per esempio si parlano e lui ha l´impressione di non aver mai potuto parlare con qualcuno come con Ulrike. È felice, ma la felicità non dura. In tedesco esiste la parola Ungluecksglueck, nessuna felicità è pura felicità».
L´amore è il più grande mistero della vita, canta Salome nell´opera di Strauss. Altri dicono la morte. Quale dei due misteri la occupa di più in questo momento? «Morte è una parola di cui non ho esperienza. Della parola morire ne ho di più, nel senso che tutto quello che si può dire sulla realtà del morire è assolutamente sbagliato. Nessuno si prepara a morire, anche se ognuno di noi da una certa età in poi fa finta di farlo. Ho visto morire mia madre, che era una cattolica fervente, ma la fede non l´ha aiutata per niente. Morire è stato brutale per le come per un non credente».
Lei è religioso? «Sto lavorando in questo momento a un libro dal titolo Muttersohn, figlio di madre: il protagonista è uno cui la madre è riuscita a far credere che per la sua procreazione non c´è stato bisogno di un uomo. L´azione si svolge a Roma, l´uomo va a vedere la Madonna dei Pellegrini di Caravaggio, un suo antenato aveva scritto un libriccino sul fatto che le reliquie non devono essere necessariamente vere per operare miracoli, basta che ci si creda. Crediamo sempre molto di più di quanto sappiamo».
Sua figlia Alissa ha scritto un romanzo, in cui i critici sentono "il tono letterario del padre", il famoso Walser sound. Che effetto le fa? «Il sound del padre, che stupidaggini».
E a proposito di figli, lei si è rifiutato di commentare le recenti dichiarazioni di Jakob Augstein, il quale ha rivelato di essere in realtà figlio suo e non del famoso giornalista e fondatore dello Spiegel. Le sarebbe piaciuto fare l´esperienza di crescere un figlio maschio? «No per carità. Sono felice di aver avuto quattro figlie e credo che questo abbia attenuato ogni possibile conflitto. In un´intervista con un giornale Alissa ha detto di recente: "Sono contenta di non essere un figlio", e credo che abbia perfettamente ragione»." (da Vanna Vannuccini, Martin Walser, "La Repubblica", 13/02/'10)

Intervista a Martin Walser (La Stampa)

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