venerdì 18 luglio 2008

Un pensiero in esilio. La filosofia di Rachel Bespaloff


"Due donne negli stessi anni leggono lo stesso libro, l'Iliade. Fatto di per sé interessante, osserva Laura Sanò nel suo bel libro Un pensiero in esilio. La filosofia di Rachel Bespaloff (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici). E' così: in un libro, l'Iliade, che non cancella, ma accompagna l'altro, la Bibbia, Simone Weil e Rachel Bespaloff, trovano la luce per comprendere le tenebre dei loro giorni. Due donne, entrambe ebree, entrambi esuli, entrambe destinate a una morte precoce, entrambe in procinto di lasciare l'Europa, fissano lo sguardo su un testo che è all'inizio della civiltà e tradizione in cui le donne si riconoscono: la coincidenza, ripeto, non può passare inosservata. E la nota difatti l'amico caro Jean Wahl nella prefazione a De l'Iliade, che viene pubblicato in francese a New York nel 1943. Nel 1947 appare la traduzione in lingua inglese On the Iliad, ad opera di Mary McCarthy, con introduzione di Herman Broch. In italiano il testo esce per Città aperta Edizioni nel 2004. Simone Weil e Rachel Bespaloff non si conoscono. Ma si sfiorano più volte. Nella primavera del 1938 Rachel viene a curarsi nella stessa clinica svizzera per malattie nervose, dove l'anno precedente era stata ricoverata Simone. A Ginevra entrambe sostano a lungo a una mostra di Goya. Negli stessi giorni del maggio 1942 sono entrambe a Marsiglia in attesa di un visto per fuggire dalla Gestapo, e dunque dall'Europa, direzione New York, dove giungono nella medesima estate. [...] Ma se la guerra distrugge ciò che tocca, al tempo stesso restituisce alla vita che divora un'importanza suprema: questo la poesia di Omero dimostra. Nella poesia di Omero si risolvono e pacificano i contrasti. E' la poesia di Omero a trasportarci altrove, in quei momenti di smarrimento in cui avvengono le scelte morali e religiose, anche quando siano dettate dal destino, e perciò inevitabili; quei momenti, o quelle svolte della vita, quelle crisi, in cui quell'uomo incotra se stesso, anche quando la decisione sia imposta. E' in quello spazio di interiorità, in quell'istante che si manifesta per tutti e ciascuno il segreto dell'esistenza. A sorprendere questo segreto è la poesia, per Rachel: una poesia che abbia, come quella omerica, come quella biblica, la suprema facoltà di ricostituire quel cuore umano. Per Simone, era l'amore, ricordate? L'amore di Dio, naturalmente; l'amore che l'uomo prova per Dio. E di Dio per lui. Mentre per Rachel è poesia. In quanto 'la poesia rapisce alla bellezza il segreto della giustizia vietato alla Storia'. Come ho detto, Rachel non tornò dall'esilio americano. In un certo senso Rachel era Ettore: provava affetti di un'esigenza terribile che le si imponevano come a Ettore la patria; sentiva responsabilità che la legavano al paese in cui l'esilio le si confermò come un destino - 'cronico' lo definì. 'Vivere qui' disse ' è come un'amputazione'. 'La guerra vista da qui non ha realtà'. Ma la guerra dovè viverla dentro di sé, e la violenza l'assaporò fino in fondo, quando all'età di 55 anni si suicidò. Sigillò bene le porte e le finstre e aprì il gas. Quanto a Simone, lei era Achille. Tornò in Europa e fino alla fine dei suoi giorni non pensò ad altro, se non a come combattere l'infamia nazista. La morte le giunse per fame. Nel chiasmo della violenza, il cui cuore di tenebra entrambe avevano illuminato, le loro esistenze alla fine si strinsero. Perché 'se uccidere è sempre uccidersi', non vale anche il contrario?" (da Nadia Fusini, In esilio con Omero, "La Repubblica", 18/07/'08)

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