sabato 21 novembre 2009

I neuroni della lettura di Stanislas Dehaene


"Grazie perché state leggendo questo articolo. Il lavoro che affrontate è impegnativo. I vostri occhi esplorano il testo con rapidi movimenti a zig-zag in apparenza casuali. Quattro o cinque volte al secondo lo sguardo si ferma su una parola. A gran velocità la scompone in parti significative – eventuale prefisso, fonemi centrali, desinenza – poi il cervello la ricompone e interpreta.
Come e perché riusciamo a compiere con facilità operazioni così complesse è il tema che Stanislas Dehaene, psicologo cognitivo sperimentale al Collège de France, affronta nel saggio I neuroni della lettura (Raffaello Cortina), con l’autorevole viatico di Jean-Pierre Changeux.
Scrittura e lettura sono forse ciò che distingue più nettamente l’uomo dagli altri animali perché richiedono funzioni incredibilmente raffinate. Eppure la scrittura nasce soltanto 5400 anni fa, l’alfabeto fonetico ha 3800 anni. Tempi brevissimi rispetto a quelli dell’evoluzione biologica. Non è sorprendente che stiate scorrendo queste righe?
Il segreto sta nella plasticità cerebrale, spiega Dehaene, una proprietà studiata da pochi decenni. Il bambino che impara a leggere adatta i neuroni per riconoscere i volti e ogni altra forma, gli stessi degli altri animali, a cogliere significati astratti in quelle forme artificiali che sono le lettere dell’alfabeto. In pratica, è una riconversione di funzioni cerebrali preesistenti e molto più generali. Questo però è solo l’inizio della storia. Facciamo un esperimento. Pane, cielo, steca, voce, canto. Avete avvertito un lieve disagio leggendo la parola steca? Qualcosa come un inceppamento del pensiero? Il motivo è semplice. Steca non esiste, pur essendo una parola formata secondo un modello compatibile con la lingua italiana.
Dunque si può già distinguere la lettura in due fasi: nella prima l’occhio legge la parola, nella seconda il risultato della lettura viene confrontato con un vocabolario noto, nascosto da qualche parte del cervello. Se la parola non si trova nel deposito, parte un meccanismo di verifica: rilettura, tentativo di interpretazione attraverso il contesto, associazione con parole simili caso mai si trattasse di un errore di stampa.
Andando più in profondità, come avviene la lettura di una singola parola? Dehaene usa come esempio la parola «sbottonare». Occhio e cervello ne colgono subito inizio e fine: la «s» perché dà un senso privativo (togliere) e «are» perché rivela che si tratta di un verbo. Poi l’attenzione si concentra sulle sillabe centrali e afferra la parola sommersa «bottone». Infine tutto viene ricomposto: stiamo leggendo un termine che indica l’azione di togliere la chiusura data da bottoni. Il processo ha una struttura ad albero che parte dall’intero e si ramifica fino a separare le singole lettere.
Zone specifiche del cervello sono chiamate in causa, inclusi i nervi motori della fonazione: anche da adulti e lettori consumati, è come se interiormente pronunciassimo le parole che leggiamo. Ci si imbatte qui in un dualismo fndamentale: «tutti i sistemi di scrittura oscillano tra la scrittura del significato e quella dei suoni», così si può imboccare la «via fonologica che
decifra le lettere, ne deriva una pronuncia possibile e tenta di accedere al significato», oppure «una via diretta che prima recupera la parola e il significato, poi usa queste informazioni per recuperare la pronuncia».
Una grande sfida è scoprire a che cosa corrispondano questi processi nel cervello. Il primo lume si accese quando nell’ottobre 1887 il signor C., un commerciante di tessuti francese, si mise in poltrona per leggere il giornale e di colpo si accorse che per lui le lettere dell’alfabeto avevano perso ogni significato. Eppure riconosceva bene i visi e sapeva ancora scrivere, salvo poi non poter rileggere ciò che aveva scritto. Quando nel 1892 morì per un ictus peggiore di quello che aveva già subito, il neurologo Joseph-Jules Déjerine trovò nell’emisfero posteriore sinistro del suo cervello la lesione che gli impediva di leggere: fu la prima localizzazione di questa fondamentale funzione umana. La risonanza magnetica funzionale, un moderno sistema diagnostico che mostra quali parti del cervello «si accendono» durante la sua attività, ha aggiunto molte informazioni sui meccanismi della lettura e Dehaene ce li racconta: il processo si svolge in tre strati cerebrali di 8 millimetri, in prevalenza nell’emisfero sinistro.
Ma qui non possiamo entrare nei particolari, conviene saltare alle conclusioni. La prima è che la dislessia, pur avendo radice in 4 geni, è oggi più facilmente curabile grazie alle conoscenze acquisite sui neuroni della lettura. La seconda è che sta nascendo una pedagogia della lettura basata sulle neuroscienze dell’apprendimento. Il «metodo globale», che invita i bambini a guardare alla parola nel suo insieme come se fosse un disegno, molto di moda negli Anni '50-'60, è sconfessato perché il cervello non funziona «globalmente» ma analizza lo scritto suddividendolo in componenti fino alle singole lettere. Terza e ultima conclusione: più una lingua fa coincidere segni e suoni, più l’apprendimento è facile. E’ il caso dell’italiano e del tedesco. I nostri bambini dopo un anno di scuola leggono in modo sbagliato il 5 per cento delle parole, i francesi il 28 e gli inglesi il 67. Insomma: partiamo avvantaggiati. Peccato che poi molti da adulti smettano di leggere ..." (da Piero Bianucci, Che gran bella fatica è leggere, "TuttoLibri", "La Stampa", 21/11/'09)

2 commenti:

Pierangelo Garzia ha detto...

Sullo stesso argomento vi segnalo il recente "Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge" della neuroscienziata americana Maryanne Wolf
(http://www.vitaepensiero.it/news/nuova_versione/new1.asp?CodGOCC=26736). Maryanne Wolf è stata in Italia a presentare il suo libro per il festival della letteratura di Mantova ed ha tenuto una lezione magistrale all'Università Cattolica di Milano. L'autrice è tra l'altro madre di un bambino dislessico. In questo volume affronta perciò il problema anche dei disturbi del linguaggio e della lettura, tanto da scienziata del cervello quanto da persona che vive dall'interno il problema.

Silvana ha detto...

Avevo letto articoli su "Proust e il calamaro". Eccoli: http://bibliogarlasco.blogspot.com/search/label/WOLF%20MARYANNE.