lunedì 12 aprile 2010

La voce delle immagini


"«Giuri di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. Alzi la mano destra e dica "lo giuro"». Siamo davvero in tanti ad aver sentito questa formula pronunciata dal giudice prima dell'interrogatorio. Ma chi di noi si è chiesto perché il giudice ci inviti ad alzare la mano destra prima di dire "lo giuro"? Che cosa significa quel gesto?
La risposta la troviamo nelle chiese, nei musei o nei libri miniati, quelli che la storica dell'arte Chiara Frugoni è andata minuziosamente a scandagliare proprio per ricercare l'origine e i significati di gesti sopravvissuti fino a oggi ma dei quali abbiano perso il senso. Perché gli sposi si danno la mano destra al momento delle nozze? Perché nello sconforto allarghiamo le braccia? Perché, quando sappiamo una cosa bene, diciamo di saperla a «mena dito»? E ancora: perché chi ci benedice fa proprio il gesto di alzare il pollice, l'indice e il medio e di tenere abbassate le altre dita?
La Frugoni ha scritto per Einaudi il saggio La voce delle immagini che rappresenta un'autentica miniera di informazioni, notizie e risposte al riguardo ed è redatto in uno stile di godibilissima lettura. La studiosa è partita da un'osservazione generale molto importante: nell'arte del Medioevo, grossomodo fino al XII secolo, non erano i volti e i visi a esprimere sentimenti o moti interiori dell'anima, bensì il linguaggio dei gesti, del corpo e delle mani. Le ragioni ce le fornisce Sant'Ambrogio: ostentare il dolore è peculiarità dei pagani – affermava il vescovo di Milano – mentre i cristiani, che credono nella Resurrezione, davanti alla morte devono mantenere un contegno sobrio e fermo, come fece la Vergine Maria che, assistendo al martirio del Figlio sulla croce, rimase «eretta e senza piangere». Queste affermazioni ebbero un peso enorme nell'iconografia alto medievale. Nei gruppi lignei del XII secolo illustranti la Crocefissione, per esempio, la Vergine assiste impassibile al calvario affidando il suo dolore a un gesto trattenuto: quello della mano destra che stringe il polso sinistro. Di contro, volti sguaiatamente deformati e gesti incontrollati diventano la spregevole caratteristica dei dannati nelle raffigurazioni dei Giudizi Universali.
Volti impassibili e gesti eloquenti attraversano tutta l'arte medievale fino ad approdare alla commedia dell'arte, con la figura emblematica dell'Arlecchino goldoniano che indossa una maschera nera per celare le espressioni del volto ma che affida ai gesti più bizzarri la trasmissione di messaggi, emozioni e intenzioni.
Siamo partiti col domandarci perché il giudice, all'atto del giuramento, chieda al testimone di alzare la mano destra. Il libro ci dà la risposta. Questo gesto ha un significato preciso: sottolinea che quanto è stato detto (o ordinato) da una autorità è stato accettato o verrà prontamente eseguito. Un Cristo che parla trova subito riscontro nel gesto degli Apostoli che alzano la mano destra in segno di ricezione, di obbedienza, di condivisione del messaggio. Abbiamo detto un Cristo che parla: ma come fa Cristo a parlare nei mosaici e negli affreschi? Con un gesto oltremodo eloquente, rimasto ancor'oggi in auge: quello della benedizione che le tre dita alzate. Oggi "benedire" significa attirare sulla persona benedetta i favori celesti. Nel Medioevo significava letteralmente bene dicere cioè «dire la cosa giusta». Il Cristo benedicente della tradizione iconografica cristiana è in realtà un Cristo parlante, così come lo sono gli apostoli, i santi, gli imperatori e i re se raffigurati nell'atto di benedire. Si trovano immagini curiose al riguardo, per esempio, quelle che si riferiscono al colloquio tra Erode e i Re Magi: qui si vedono i personaggi che si stanno benedicendo a vicenda per sottolineare il fatto che stanno animatamente conversando. Peraltro il gesto del "bene dire", ovvero del parlare con somma autorità, non lo inventarono i cristiani ma viene dal mondo antico, come attesta la stele funeraria di un medico romano del I secolo d.C. (conservata al Pergamon di Berlino) nella quale il medico parla ex cathedra agli astanti con il gesto della benedizione.
La mano benedicente divenne a un certo punto anche il simbolo della giustizia e come tale finì incastonata sulla cima degli scettri reali. Persino quel mangiapreti di Napoleone Bonaparte, in occasione della sua incoronazione a imperatore, brandì lo scettro d'oro e d'avorio con al suo vertice la mano (benedicente) della giustizia.
Oggi, se vogliamo attaccare bottone con qualcuno, evitiamo accuratamente di benedirlo. Tuttavia, senza saperlo, continuiamo a ripetere altri gesti di origine medievale (o ancor più antichi) come quello, per esempio, di allargare le braccia nei momenti di sconforto o quello di mettersi le mani nei capelli negli istanti dell'autentica disperazione. Ebbene, se un vescovo dell'alto Medioevo ci avesse visto ci avrebbe duramente redarguito: i cristiani non si disperano! Ma i cristiani sono preda del dolore come tutti gli esseri viventi, e la pittura cominciò a recepire questa verità in Italia, tra Duecento e Trecento, attraverso le opere di Giotto e Simone Martini. Gremiti ancora di gestualità alto medievale, i loro dipinti rivelano un progresso formale importantissimo: i volti e i visi cominciano vistosamente ad esprimere con forza di potenti sentimenti sin ad allora affidati al solo linguaggio dei gesti. L'ultima avvertenza va a chi crede che tutti questi argomenti siano solo del simpatico vecchiume. Nient'affatto. Il modernissimo gesto dell'Ok, fatto congiungendo a cerchio pollice e indice, e alzando le altre tre dita, non l'hanno inventato gli americani ma i retori del Medioevo: serviva a sottolineare la sottigliezza delle proprie argomentazioni. Guardare (i quadri) per credere." (da Marco Carminati, La voce delle immagini, "Il Sole 24 Ore", 09/04/'10)

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