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"Quasi in omaggio alle regole del teatro classico, La cena (Neri Pozza), romanzo olandese che in patria ha avuto un formidabile successo, si svolge tutto in un ristorante di lusso e nelle sue immediate vicinanze. È uno di quei locali in cui ogni piatto sul menù ha bisogno di varie righe di spiegazione. Pietanze che una volta giunte in tavola iniziano a raffreddarsi, mentre un maître sussiegoso le illustra verbosamente. Al tavolo siedono due fratelli: Serge è un candidato primo ministro olandese con ottime prospettive di vittoria elettorale, Paul è un ex insegnante. Con loro ci sono le mogli, Babette e Claire. La conversazione è delle più convenzionali. L'ultimo film di Woody Allen e la furberia del ristoratore, che propina un aperitivo della casa non richiesto per poi piazzarlo a dieci euro nel conto.
Il chiacchiericcio da coppie benestanti è reso più frizzante dal fatto che Serge e Paul non si sopportano. Serge ritiene il fratello un buonannulla, Paul pensa che l'abile politico sia perlopiù un prevaricatore, che cerca di dimostrarsi superiore a lui trovando un tavolo in extremis in ristoranti dove gli altri avventori prenotano mesi prima e pagando sempre il conto. D'altronde, Paul detesta tutto, tranne la sua "famiglia felice": lui, Claire e il figlio Michel. Per gli altri ha soltanto disprezzo. Disprezzo per gli olandesi che vanno in vacanza in Francia. Disprezzo per il preside del figlio. Disprezzo per i ristoranti à la page. Disprezzo per chi li frequenta. Disprezzo per chi, come il fratello, adotta ragazzini africani e si affanna a dire che li ama come i figli naturali. Fin qui, sarebbe una fiacca commedia borghese, con isterie verso il cameriere, fughe alla toilette per troncare una discussione tediosa e qualche lacrima di Babette ("La menopausa. Uno pensa che è una cosa che alle nostre mogli non capiterà mai", commenta Serge, con tono imbarazzato e tranquillizzante).
Eppure la cena non è stata organizzata per simulare un affettuoso incontro familiare. C'è un argomento all'ordine del giorno. Tutti e quattro lo conoscono bene, ma neppure all'interno delle singole coppie riescono a parlarne. Si tratta dei loro figli adolescenti. I cuginetti si sono resi protagonisti di un crimine odioso e gravissimo. La polizia non li ha individuati e i genitori si preoccupano di difendere il futuro dei loro feroci pargoli. Per farlo sono disposti a ricorrere al più disumano cinismo.
Koch non dà giudizi e si attiene gelidamente al punto di vista dell'io narrante Paul. Ne risulta un romanzo brillante e sgradevolissimo, con un surplus di insistenza sul livido egoismo e la moralità marcita dei suoi protagonisti, cristallizzati in un'assenza di coscienza così perfetta e concorde da apparire improbabile. Ma senza didascalismi e orpelli da libro impegnato, La cena accende un faro sugli orrori del levigato mondo contemporaneo e sull'eterna categoria del male. Con una sorpresa in controtendenza: dei quattro protagonisti, il politico Serge, pur detestabilissimo, è forse il meno spregiudicato." (da Guido De Franceschi, La cena, "Il Sole 24 Ore", 26/03/'10)
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