venerdì 10 giugno 2011

Creature nel giardino


"Con rispetto parlando, è come per i cani. E' curioso pensare che la stessa parola definisce un Chihuahua e un San Bernardo. Così come pensare che il termine racconto si applichi, nel caso di Lydia Davis, alle poche righe di fulminanti ministorie in prosa ("Amici noiosi", "Gente di città", le due righe due di "Certe informazioni da Erodoto") e allo spazio di oltre cinquanta pagine di "Helen e Vi. Uno studio su salute e vitalità", un finto, toccante studio psicosociologico su due donne dal non eccitante destino. E, al di là della taglia, a materiali diversi, abbozzi di drammaturgia, frammenti narrativi, pagine di diario, haiku in prosa. Ma così è, nella magia della creatività e nella raccolta dei racconti di Lydia Davis pubblicata nella collana Bur di Rizzoli, Creature nel giardino, che ci fa riscoprire e ritornare, dopo Pezzo a pezzo, edito da Minimum fax, al mondo della scrittrice americana: bella faccia con incandescenti occhi chiari, ex moglie di Paul Auster, madre di suo figlio Daniel, traduttrice per l'America di Proust, Flaubert, Foucault, docente di scrittura creativa all'Università di Albany, autrice di un romanzo ma soprattutto celebre per sei raccolte di racconti - "short stories", in inglese, e quindi, vista la sua abilità a concentrare, condensare, quintessenziare, stringere, ribattezzati "very very short stories".
La Davis - racconta nella sua postfazione Valeria Parrella - cominciò a scrivere le sue ministorie, i suoi racconti monofrase, ai tempi in cui traduceva Dalla parte di Swann. Per due ragioni, disse lei: «Non avevo quasi il tempo di scrivere le mie cose, ma non volevo smettere. Ed era una reazione alle frasi lunghissime di Proust». Bella trovata per spiegare una forma narrativa originale che le viene attribuita dalla critica americana come sua invenzione: un po', appunto, short story, un po' sentenza filosofica, un po' poesia, un po' racconto tradizionale ma sempre originale nello sguardo e nella scrittura. Tradotto con pazienza e sapienza da Adelaide Cioni (che si concede anche un divertente pezzo di abilità per spiegare come mai manchi al conto un intraducibile racconto, "A Mown Lawn"; leggere per capire la difficoltà del mestiere del traduttore e come è vero che "poetry is what gets lost in translation", la poesia è quello che si perde nella traduzione"), Creature nel giardino è composto dai racconti di "Samuel Johnson è indignato" (del 2001) e da "Varietà di disagio" (del 2007). E se il racconto del titolo della prima parte si risolve in una surreale battuta («Samuel Johnson è indignato: che la Scozia abbia così pochi alberi»), il titolo della seconda parte riassume il tema di tutta la scrittura di Lydia Davis: una gamma, raccontata da una penna sofisticata e densa, di sofferenza, nevrosi, disagio, banalità di vita, convenzioni subite, amori inutili, disamori durevoli, egoismi pericolosi, ma tutto senza gesti estremi, senza fattacci, senza tragedie, se non la noia quotidiana.
Di unico e nuovo, nella costruzione delle prose di Lydia Davis, c'è che le sue storie, corte o lunghe che siano, si sottraggono alla normale struttura del racconto, con un incipit, lo sviluppo, la conclusione. I suoi racconti sembrano piuttosto ritagliati a caso in un flusso di pensiero, di esperienza e di vita, in questo senso non dissimili dai racconti di Carver, estrapolati e messi lì, visibili a tutti. Potrebbero cominciare più avanti e finire prima. Sono come una "carota", in senso scientifico, degli stati d'animo dei suoi personaggi: personaggi riconoscibili come reali, perché Davis parla di persone e cose che conosce, quasi sempre classe media, infelicità media, reddito medio, medi casini per mancanza di soldi e d' amore, medie battaglie per conquistare il proprio posto al sole, come in "Una poltrona", come in "Il colloquio".
James Wood del New Yorker, dove spesso scrive la Davis stessa, a proposito della signora ha scritto che i suoi racconti sono come scatole piene di ricordi: un po' come quelle minuscole e minuziose di Joseph Cornell, minicapolavori della memoria. Ma la Davis, pur muovendosi nell'area circoscritta di un'esperienza vissuta, tocca una tastiera più ampia, una palette più nera, pur sempre nell'ambito del quotidiano. Un piccolo capolavoro, in questo senso, è "Tradimento", che in due pagine disegna, dal punto di vista di una donna non più giovane, il sogno di un'intimità extraconiugale con un altro che tradimento non è ma è così intensa da diventarlo. O la paradossale rivalità che si nasconde sotto i titolo "La gara di buon gusto". O la biografia molto personale di "Marie Curie, una donna così onorabile", dove la Davis sottrae tutto l'inessenziale al racconto di una vita importante. O l'esercizio di bravura di "Storia orale (col singhiozzo)". O il freddo umorismo di "Kafka prepara la cena". O la sottile analisi della dinamiche familiari del racconto che dà il titolo a metà raccolta, "Varietà di disagio". E che varietà. Forse la Davis meritava per la sua raccolta un titolo italiano meno anodino di Creature nel giardino. Ma le si attaglia bene l'immagine della copertina, con tante ciliegie. Perché delle sue storie, lunghe o corte che siano, ineluttabilmente una tira l'altra." (da Irene Bignardi, Saper dire tutto in una sola frase, "La Repubblica", 10/06/'11)

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