Biblioteca civica "MINO MILANI" bibliogarlasco@yahoo.it tel. 0382/801009 "Le paradis, à n'en pas douter, n'est qu'une immense bibliothèque" (Gaston Bachelard) SELEZIONE DI ARTICOLI SULL'UNIVERSO-LIBRO
martedì 14 settembre 2010
Forse la letteratura è nata al mare
"Forse la letteratura è nata al mare. Forse Omero e gli altri padri della parola poetica di cui abbiamo perduto manoscritti e biografie hanno iniziato a scrivere sedendosi di fronte al mare. Non dico sotto un ombrellone, con il lettino, le infradito e il piede sabbiato. Ma con il medesimo sguardo un po' sperso che viene a tutti gli umani quando guardano oltre la riva. Che ci viene a tutti quando fissiamo l'andirivieni delle onde, fino alle piccole, le minime ondine che rompono le loro schiume di luce e d'acqua sulla sabbia o sugli scogli. Sono come le parole: minime, brevi, cangianti, eppure portano con sé tutta la eco del mare, del significato infinito.
Fissando il mare Omero immaginò. Ritrovò nella memoria le storie e i movimenti sonori della lingua. E furono guerre, cataloghi di navi, donne rapite, guerrieri semidei e amicizie struggenti. Morte e spettacolo del vivente.
Fu da meno lo sguardo di Virgilio? Dal mare doveva venire il fondatore della grande civiltà che ha fatto di Roma «il paradiso che bisogna vedere prima di morire», come dicevano i viaggiatori americani. Dante voleva far parte della combriccola dei maggiori e il suo viaggio è una traversata. Mare reale e metaforico c'è nella geografia della commedia. Il suo Ulisse, come lui stesso, desidera sfidare l'oceano spinto dall'amore per la conoscenza. Ma il consigliere fraudolento convince i suoi compagni che una piccola barca può fare «ali» dei suoi remi. Folle volo. Per attraversare il mare del mistero Dante sa di dover contare su qualcosa di più grande, sulla grazia di un incontro, nuovo Ulisse che ha negli occhi Beatrice.
Baudelaire, come un Dante frammentato, come dice Eliot, ritrae nella sua meravigliosa L'uomo e il mare la somiglianza tra i due esseri, nella libertà. Perciò Achab si agita ancora in cerca di una balena, ballerina che ci trema al centro degli occhi, oscura presenza che limita la nostra libertà. Il suo naufragio non finisce mai e continua ad alimentare la ricerca del male nella grande narrativa americana. Ci sarebbe Il vecchio e il mare di Hemingway? D'altra parte, al centro di due grandi lingue letterarie portate in giro da grandi navigatori e conquistatori ci stanno altri naufragi: al centro della poesia inglese c'è il Naufragio del Deutschland, di G. M. Hopkins, e all'avvio della letteratura portoghese ci sta il naufrago di Camoes.
Anche l'immobile cangiante Pessoa dedica poesie e pagine piene di vento e nostalgia al mare. E non naufraga forse anche il nostro provinciale Leopardi nell'infinito ? Che presagio insegue il Buzzati di Il colombre? Viaggiatori e naufraghi sono gli eroi di Conrad, di Stevenson, di London e di altri narratori di avventure del profondo, fino a Hugo Pratt. Il diario di maghi del mare come Colombo o Magellano o Cortez, riservano sorprese al lettore abituato a considerare quelle epopee solo come rozze conquiste. Dalle terre scoperte da quegli intrepidi marinai viene la poesia e la narrativa di Mutis, e dei suoi inquieti viandanti. E di Marquez, indagatore della triste festa della vita umana. Altri speleologi delle cavità segrete, interiori, non sarebbero tali senza essere raggiunti dalla eco del mare. Che risuona nella voce del nostro Montale, scabra come gli ossi di seppia, resto d'anima e di vita, o in quella di Pavese immobile sulla riva nell'alba di un giorno «in cui nulla accadrà» oppure quella di Moravia tra Sabaudia e Capri o di Sereni di Bocca di Magra e di Tondelli a Rimini.
Non sarebbero state voci-sonar così sottili e percettivi senza sentire gli accordi che venivano dal mare. Né quella di Caproni senza gli afrori e la gente che salgono dai porti di Genova e di Livorno. «Io sposo il mare» scriveva Camus, echeggiando quel che accade in feste e processioni popolari in mille borghi marini. Cosa avrebbe visto il visionario Campana senza il mare? Si affollano i nomi, vengono come onde. Un'agile antologia di Valeria Serra (Paolo Sorba editore), riporta alcuni dei mille e mille brani possibili.
La bella libreria denominata Il Mare International Bookshop in via di Ripetta a Roma da venticinque anni è porto per i curiosi di queste cose. Anche la più recente narrativa italiana, lungo le sue varie direzioni, sa di mare a diversi livelli: i romanzi di Magris, i racconti di Biamonti, il viaggio di Doninelli negli anni Settanta (Tornavamo dal mare), il proverbiale Baricco musaico tessitore di Oceani e pianisti sulla tolda, i Bar di Benni e anche le ragazzine livornesi della Avallone. Sono ormai entrati nel rilievo della letteratura anche i mari traversati da disperati esuli e migranti, Boat-people di ieri e di oggi, sponde di popoli che stanno ridisegnando lo sguardo reciproco, come nel Breviario mediterraneo di Matvejevic. Parla lingue nordiche il mare della solitudine dei romanzi di Larrson o di Lenz. No, forse Omero non aveva ombrellone e infradito mentre davanti al mare mormorava le parole della sua immaginazione. Ma l'essenziale perché nascesse la letteratura c'era: il suo cuore in movimento e il misterioso moto del mare. Quel ferito unisono che fece scrivere a Arthur Rimbaud: «È ritrovata./ Che? – L'Eternità./ È il mare confuso nel sole»." (da Davide Rondoni, In un mare di avventure, "Il Sole 24 Ore", 12/09/'10)
Racconti di vento e di mare a cura di Giorgio Bertone (Einaudi)
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