mercoledì 30 aprile 2008

Solo i treni hanno la strada segnata di Gabriele Romagnoli


"Quindici anni fa, al suo fortunato esordio con Navi in bottiglia, Gabriele Romagnoli aveva espresso, in 101 raccontini di una pagina o poco più, tutto il disagio di scrivere in una situazione di difficile, se non impossibile, narrabilità del mondo. Poi, un lungo cammino di avvicinamento alla forma romanzo, culminato nel 2004 con L'artista, in cui quella narrabilità sembrava recuperata in pieno, e anzi addirittura trionfalmente ostentata. Ci si poteva attendere, da allora in poi, un percorso finalmente pacificato, all'ombra delle certezze acquisite. E invece, ecco di nuovo 101 raccontini di una pagina o poco più, stavolta sotto il titolo Solo i treni hanno la strada segnata. La coincidenza numerica e strutturale è troppo smaccata per non far pensare a un potente richiamo all'opera prima. E troppo forte la tentazione di cercare di capire non solo il perché del ritorno indietro, ma anche cosa è cambiato nello scrittore durante i quindici anni che separano i due libri. E' cambiata, ad esempio, la disposizione dell'autore: se da nessuna delle Navi in bottiglia era lecito immaginare un possibile sviluppo romanzesco, qui di romanzi in nuce ce ne sono parecchi: la serie che va crescendo da Quattro figli a Nessun figlio, o il fulminante Vai che nevica, o ancora Separato, Ulisse e vari altri. I personaggi che vi si affollano, infatti, hanno tutti un passato o un futuro sì inspressi, ma la cui esistenza è comunque intuibile dagli scarni indizi disseminati nei racconti, o dalla rete di relazioni che con altri personaggi si indovina istituirsi: universi iperconcentrati e quasi del tutto inesplorati, che tuttavia proprio come universi 'romanzeschi' si propongono al lettore, il quale magari rimpiangerà di non avere strumenti sufficienti a decifrarli in toto. Altri raccontini invece, presentano situazioni bloccate e concluse, colpi di scena che si chiudono senza appello nel momento in cui si manifestano, impressioni o inquietudini o presagi legati a episodi destinati a esaurirsi in sé. In questi casi, però, si evidenzia quasi sempre un'interrogazione sul destino dei singoli, o sui capricciosi giochi del caso, o sulle trappole che la vita tende all'universale inconsapevolezza. E' come se Romagnoli cercasse qui soprattutto delle definizioni morali o filosofiche, delle più alte chiavi di comprensione dell'esistenza, che forse ha persino pudore di nominare o di manifestare, ma la cui urgenza si rende comunque percepibile, nei toni di una secca malinconia, o talvolta in un giro stilistico che ha come involontariamente, distrattamente, del sapienziale. L'impressione, insomma, è questa: mentre i racconti dell'esordio sembravano i rivoli estremi e casuali sopravvissuti a una inarrestabile e velocissima desertificazione del narrabile, questi sono al contrario rivoli che partendo dalle sorgenti più lontane scorrono tutti verso uno stesso luogo, col destino di formare un fiume. E' vero che a un fiume l'autore era già arrivato nel 2004. Ma ora forse sente il bisogno di trovarne un altro, con un percorso e una portata diversi: posso immaginare che al prossimo romanzo voglia conferire un più solido spessore di pensiero; o che desideri complicarne l'intreccio, moltiplicando personaggi, storie, e situazioni; o che magari aspiri a dargli un'ambientazione internazionale, vista la fantasmagoria di città e stati che i raccontini ci propongono. O forse non è vero niente, e l'autore non ha fatto altro che seguire liberamente il suo estro, le sue curiosità, le sue voglie. E anche in questo caso, visti i risultati, avrebbe fatto benissimo." (da Stefano Giovanardi, Il mondo in 101 racconti, "La Repubblica", 30/04/'08)

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