martedì 22 aprile 2008

Enciclopedia della parola. Dialoghi d'artista di Achille Bonito Oliva


"'Noi scriviamo delle commedie che non si assomigliano ... commedie in assoluto ... è impossibile che abbiamo scelto ... Orlando, ad esempio'. E' curioso che a lei piacciano sempre grandi scrittori che non sono labirintici. 'Bene Ariosto ... è un poco ... sì, però è un labirinto felice, è come un fiume con tanti meandri, non è un labirinto nel senso, diciamo, di Henry James o Kafka ... sono labirinti quelli di Piranesi, è vero, carceri ... dimensioni; però Ariosto è un'altra cosa, è un labirinto felice, nel senso di una selva, tutto il mondo è un labirinto. Una volta ho immaginato'. Ha immaginato che cosa? 'La cosa più impossibile, impossibile pronunciarla al sole ... credo che l'idea sia questa ... nell'ultimo viaggio, Dante è stato a Venezia, vero? Andiamo a supporre, se questo è supporre, che egli si sia proposto di scrivere un altro libro dopo la Commedia, che libro poteva proporsi ... che fosse un altro racconto ... salvo che non si sia proposto niente, perché la Commedia era tutto. Una bella storia ... c'era un soliloquio, un monologo di Dante: scriverò tale libro, non è necessario che lo scriva, perché immaginarlo sarebbe moltissimo, no? Dopo muore senza scriverlo, è un racconto impossibile, no? Perché uno si immagina, nel periodo d'oro della Commedia ... Però potrebbe essere un racconto fantastico, troppo fantastico ... e uno lo interpreta in diversi modi, tutti permessi dal testo. In generale, quando uno traduce, sceglie un'interpretazione e la accentua, però l'ambiguità, o l'oscurità, può essere una ricchezza, anche ... è così misteriosa la letteratura che non si sa cosa è chiaro e cosa è oscuro ... è un'arte tanto misteriosa, tanto difficile da realizzare.' Esiste una contraddizione tra la chiarezza e il labirinto? 'Sì, soltanto che il labirinto è stato ideato con chiarezza. Vuol dire che al labirinto, al caos, non si arriva col caos, si arriva col cosmo. S'intende che il labirinto ha un ordine segreto. E' disposto per l'ordine e per essere compreso ... può darsi'. Qual è il primo labirinto che ha visto in vita sua? 'Il primo l'ho visto su un'incisione; dopo sono stato a Cnossos, a Creta; poi a Hampton Court, che è un maze, diverso, è un labirinto un poco frivolo, un poco scherzoso; però tante volte il labirinto è un simbolo per la felicità ... e tu, e tu hai vissuto per questo, perché ci sentiamo smarriti nel mondo, e il simbolo evidente è essere smarriti nel labirinto ... e questa parola 'labirinto' è così bella!'. Cosa significa per lei la parola 'labirinto'? 'Suggerisce qualcosa di terribile. Anticamente si riferiva alle gallerie delle miniere, il labirinto ... E' curioso, in Chaucer nel XIV secolo, il 'labirinto' è un labirinto che si muove, fatto di giunchi, circolare, molto strano; e ho letto che il labirinto, Durer se lo immaginava girevole, ma Durer si era perso nel labirinto che gira, ma dal labirinto si entra e si esce rapidamente, una specie di circolo mobile, 'laborintus' scriviamo, che bella parola, inventa figure ... il Minotauro ...'. Secondo lei, i gironi dell'inferno possono essere considerati una specie di labirinto? 'Forse sì'. Il labirinto fino al Rinascimento era una struttura in cui si arrivava sempre al centro; dopo il Rinascimento, col manierismo, invece, il labirinto diventa il luogo della perdita, quindi esiste un labirinto che è più vicino alla nostra sensibilità e che comincia col manierismo e col barocco. 'Chesterton ha detto: "Noi siamo quello che noi tutti temiamo, un labirinto senza centro". Lui ha usato un'espressione di timore cosmico, no?'. Il suo labirinto, quello della sua letteratura, Borges, ha un centro o no? 'Sì, ha un centro, un racconto fantastico di significati senza spiegazioni; è un apparente labirinto, e dopo si vede che no, che è un cosmo, che c'è un ordine, che c'è una spiegazione ragionevole. Io non so perché ho usato tanto il 'labirinto'; mi ha richiamato tanto l'attenzione l'idea del labirinto, l'idea del Minotauro, da quando ero piccolo, e io non saprei spiegarmelo. Quell'ossessione è stata notata dai lettori, io non la conoscevo, la esercitavo o ero vittima sua, però non ho mai cercato di spiegarmela. Lo sa che io non ho mai letto niente scritto su di me, io non ho mai letto un libro scritto su di me, o perché m'interessava poco il tema, o perché mi interessava troppo. Si è scritta una biblioteca su di me, io non ho mai letto niente; a casa mia non ci sono neanche libri miei, ci sono degli autori, non i miei libri'. [...] Si può dire che nella sua letteratura ... 'Io conosco molto poco della letteratura, io la scrivo e la dimentico, voi la conoscete di più perché l'avete letta. Io l'ho letta per correggere le bozze, e ultimamente neanche, perché non potevo correggere le bozze. Io cerco tanto di dimenticare quello che ho scritto e di pensare a ciò che scriverò; credo che sia malsano guardare indietro. Franco Maria Ricci mi ha detto: "Pubblichiamo per non passare la vita a correggere i manoscritti". Se si pubblica un libro, ci si libera di lui; io pubblico un libro e non so se sia venduto, se sia tradotto, se ha avuto successo, se hanno scritto su di esso, se non hanno scritto. Io giudico attraverso i miei amici; se i miei amici non me ne parlano è perché non è loro piaciuto, e se me ne parlano sono molto generosi di particolari. Però molte volte se pubblico un libro, non dicono una parola; io capisco che non è loro piaciuto ... e cerco un altro tema. Non ho mai cercato di essere famoso. E' questione di generazioni; quando io ero giovane non si pensava al successo'." (da Achille Bonito Oliva, Jorge Luis Borges, perché amo il labirinto, "La Repubblica" 22/04/'08; dalla Prefazione in forma di dialogo sul labirinto dell'arte con Jorge Luis Borges)

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