martedì 27 marzo 2012

Eddy il santo


"Ci sono libri che, in corso di lettura, ti fanno venire voglia di conoscere uno dei personaggi che li abitano; non l’autore, badate bene, che a volte può essere una delusione. Ecco, io di questo libro ne vorrei conoscere due. Il primo è l’ineffabile Eddy Stein, truffatore part-time e musicista di strada talentuoso ma pigro; buontempone, cortese ed onestissimo a Kreutzberg, il quartiere di Berlino dove vive, e abilissimo alleggeritore di portafogli e altro nel resto della metropoli. Una specie di Johann von Allmen in versione beat (per chi conosce il personaggio di Suter, ho già detto molto; per chi non lo conosce, magari se lo va a leggere, e mi ringrazierà). L’altro personaggio notevole è il suo collega Arkadi: collega di note, e non di truffe, perché il buon Arkadi è a conoscenza dell’attività criminale di Eddy, ma non vuole esserci coinvolto neanche lontanamente.

Conscio di questo, il buon Eddy non lo coinvolgerà affatto in una truffa, bensì in un omicidio.
Accade infatti che, in modo assolutamente fortuito e involontario, Eddy provochi la morte di un noto ed odiaterrimo industriale della città, Horst Konig, facendolo andare a sbattere contro un mobile; tutto questo nel palazzo dove Eddy abita, e con la simpatica consapevolezza che fuori dall’unica uscita del palazzo ci sono due guardie del corpo del de cuius. Defunto che non è un mostro di popolarità a Berlino, avendo svenduto – dopo averla rilevata – un’industria da ottomila dipendenti, i quali si sono trovati in mezzo alla strada con rapidità tutta teutonica.

Per trarsi d’impiccio, Eddy farà ricorso ad Arkadi e ad uno dei tre o quattro colpi di genio disseminati lungo il libro; dopodiché, roso nell’animo, tenterà di scaricarsi cercando di spiegare alla figlia del deceduto che la sua uccisione è stata, in tutto e per tutto, una disgrazia.

Di un libro del genere, meno si parla della trama e meglio è; anche perché la trama stessa riserva qualche sorpresa. E che il fatto sia ambientato a Berlino, a mio avviso, è poco rilevante, a meno che non serva a sottolineare la scarsità di comunicazione e di scambi tra quartieri diversi di una città, al punto che uno come Eddy può permettersi di fare il menestrello sulle strade della capitale del Brandeburgo, pur avendo messo su una solida attività di truffatore nella stessa città. O anche il fatto che una persona possa vendere un’attività da ottomila persone senza che nemmeno un politico emetta un rumore, cosa che a dire il vero ultimamente sta diventando di moda anche da noi.

Quello che più attrae del libro sono proprio i personaggi, a partire da Eddy, che all’inizio non fa molto per risultare simpatico (difficilmente i truffatori lo risultano) ma che si rivaluta parecchio nel corso della storia; piuttosto azzeccati, in particolare, i soliloqui interni con cui Eddy classifica le sue potenziali vittime. Altro personaggio notevole è un giornalista di gossip, Braake detto Schaabrake, uno di quei personaggi troppo brutti e schifosi per essere veri, ma che in un romanzo del genere ci stanno benissimo, e con cui Eddy si confronterà a distanza variabile per tutta la storia.

Ecco, questo forse è il punto focale: perché la storia ha un che di poco verosimile, e i personaggi anche. Un poco troppo indovinati, un poco troppo esagerati, un poco troppo perfetti nella loro interpretazione. Ma è mal di poco, intendiamoci: nessuno chiederebbe a James Bond o a Indiana Jones di fare cose credibili, ed è la loro onnipotenza a tutto tondo che li rende attracchi affidabili per i nostri diporti intellettivi.

Qui Arjouni stabilisce un patto col lettore, e lo mantiene dall’inizio alla fine di duecento pagine di lettura scorrevole e divertente, con una scrittura spigliata ma controllata. Con una storia che, alla fine, ha una soluzione non scontata e non buonista, ma molto realista (che mi ha ricordato un altro bel libro della Marcos, Alla grande, di Cristiano Cavina) e soprattutto logica e coerente con tutto quello che è venuto prima, storia e personaggi inclusi. Il che, in un’epoca di serial killer spietati quanto deliranti, non è poco." (Marco Malvaldi, Trappola a Berlino
per santo truffatore
, "La Stampa", 24/03/'12)

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