venerdì 9 settembre 2011

Mirador. Irène Némirovsky, mia madre


"È da un bel pezzo ormai che la scrittrice Irène Némirovsky ha assunto una posizione di primo piano nella nostra scena culturale. Lo testimonia l'affetto dei lettori di fronte all'uscita di ogni suo romanzo, e lo testimonia la pubblicazione in italiano di ben due biografie che ne ripercorrono l'esistenza. Prima è stata la volta di La vita di Irène Némirovsky, scritta da Olivier Philipponnat e Patrick Lienhardt ed edita da Adelphi. Ora di Mirador. Irène Némirovsky, mia madre, scritto dalla figlia Élisabeth Gille ed edita da Fazi.
Si tratta di due testi completamente diversi: nel primo caso, siamo in presenza di una biografia dall'impianto classico, nel secondo di un originalissimo autoritratto della madre "sognato" dalla figlia. Per chi, come Élisabeth, lavorava nel mondo dell'editoria vagheggiando la scrittura in proprio, non deve essere stato facile confrontarsi con il modello materno. Senza contare che il rapporto filiale si interrompe a soli cinque anni, quando la mamma viene arrestata, per essere deportata nel campo di concentramento di Auschwitz dal quale non tornerà mai più. Giunta all'età di quarantacinque anni, Gille decide finalmente di affrontare la sfida. E lo fa mettendo in scena tanto se stessa quanto la madre. Per il suo personaggio ritaglierà un ruolo di mero contrappunto: pochi, asciutti corsivi che inframmezzano con dolorosa tenerezza la tumultuosa vicenda di Irène, ripercorsa passo passo in tutte le tappe decisive. A cominciare dall'infanzia, prima a Kiev e poi a San Pietroburgo: segnata dai successi commerciali e finanziari del padre; dall'odiosa figura di una madre avida di soldi e avventure erotiche e arida di sentimenti, da un rapporto a dir poco problematico con la parte più povera della comunità ebraica d' appartenenza. Mentre si affaccia di continuo una terribile parola: pogrom. Irène cresce imbevuta di cultura francese e già da bambina si reca spesso in Francia, quindi le sembrerà di essere nuovamente a casa quando, dopo la tempesta rivoluzionaria del '17, l'intera famiglia vi andrà a abitare dopo essere scappata dalla Russia. Lussuosissima era stata la vita a San Pietroburgo, e non meno lussuosa sarà la vita parigina: dopo una breve stagione di balli e sfrenatezze, la giovane Irène debutta nel 1929 con David Golder. È un successo clamoroso: il romanzo arriva sulle scene teatrali, diventa un film. Lo sguardo corrosivo della Némirovsky, nuova star delle lettere francesi, si incentra immancabilmente sul suo mondo familiare: l'alta finanza ebraica, l'egoismo sfrenato del parvenu, di cui la madre è l'epitome ideale. La scrittura, per Irène, si trasforma in una formidabile arma di vendetta. Ma lo scenario circostante sta cambiando rapidamente: nella civilissima Francia monta un antisemitismo feroce. E alla Némirovsky non basterà la conversione al cattolicesimo, né la fama di scrittrice, per evitare l'orrore dei campi di sterminio. Dovranno passare cinquant'anni perché quella scrittura, e quella vita, vengano amorevolmente risarcite da una figlia che Irène non ha mai visto crescere." (da Franco Marcoaldi, La vita sognata della Nemirowsky, "La Repubblica", 06/09/'11)

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