sabato 3 settembre 2011

Fantascienza, leggete il futuro diventerete più ottimisti


"Quando gli organizzatori di Festivaletteratura 2011 mi hanno proposto di curare una biblioteca di fantascienza, mi hanno in realtà regalato due biglietti per altrettante fantastiche avventure: un viaggio nel tempo e un cambio di residenza - anche se temporaneo - in un universo parallelo. Un universo in cui i libri che ho amato da ragazzo si ritrovano insieme, come se facessero parte di una «normale biblioteca», e un viaggio a ritroso nella memoria, per capire quanto di quel futuro che abbiamo sognato sia rimasto, ai nostri giorni. Chi verrà a visitare la nostra biblioteca, durante il festival, nei sotterranei di Palazzo San Carlo, potrà ritrovare, o incontrare per la prima volta, più di mille volumi che rappresentano il meglio della fantascienza uscita nel nostro paese: libri spesso introvabili, e comunque preziosi perché raccontano altrettante visioni del futuro.

Perché c'è stato un tempo in cui il futuro esisteva ancora, ed era un luogo di meraviglie e di infinite possibilità. A chi (e ce ne sono sempre ...) obietta che «la fantascienza è un genere lontano dai nostri tempi, roba del passato», rispondo chiedendogli se si rende conto di quanto sia fantascientifico il mondo in cui viviamo. Basta sfogliare un quotidiano e leggerlo con gli occhi di un lettore anche solo di vent'anni fa. Nel 1991 chi avrebbe immaginato di poter avere, vent'anni dopo, un telefono cellulare in grado di connettersi ad Internet, o un televisore in 3D? Ma soprattutto, chi avrebbe potuto immaginare la Caduta delle Torri, il crack finanziario dell'Islanda, o un presidente degli Stati Uniti «abbronzato» e che di nome fa Barack Obama? Un altro esempio di quanto fantastico sia il nostro oggi? Alla presentazione di un mio romanzo, l'estate scorsa, un giovane lettore mi ha sorpreso dicendomi che all'università di Firenze stava seguendo un corso di crittografia quantistica: in pratica, un corso su un metodo di cifratura dei messaggi basato sul principio di indeterminazione di Heisenberg.

Un corso così, qualche anno fa avreste potuto trovarlo solo in un libro di fantascienza ... Se sfogliate l'ultimo numero di Le Scienze troverete un articolo su come «coltivare» carne partendo da cellule staminali di un animale, fatte crescere in un brodo di coltura: in pratica, per poter mangiare un animale senza torcergli un pelo. Bene, un'idea del genere c'era già nel romanzo I mercanti dello spazio pubblicato da Pohl e Kornbluth nel 1953.

Il cinema e i videogiochi hanno ormai abituato le generazioni più giovani ad accettare come «normali» cose come gli universi paralleli, i contatti con culture aliene, o concezioni neognostiche alla Matrix: tematiche tutte trattate già dalla fantascienza degli anni '60. Un videogioco come Fallout 3 contiene tante e tali citazioni dell'opera di Philip K. Dick e di altri classici della Science Fiction americana del passato da essere una continua fonte di piacere per gli appassionati del genere. E' un peccato, quindi, che i giovani non abbiano più accesso a quelle fonti primarie. La biblioteca di Mantova può essere un'utile occasione di scoperta, oltre che un messaggio non troppo subliminale agli editori italiani: «Per favore, ripubblicate autori come Pangborn, o Wolfe. Fateci leggere di nuovo Il paradosso del passato di Silverberg, o Io, Nomikos, l'immortale di Zelazny».

E' vero, la fantascienza come genere letterario è in crisi, e da molto tempo. Ma è una crisi temporanea. Il genere si sta risvegliando, quantomeno nel mondo anglosassone. Leggere le antologie che raccolgono (o vorrebbero raccogliere) The Best SF of 2010 è come cogliere su un monitor i primi segni di risveglio di un paziente in coma. Talenti nuovi e mostri sacri come il grandissimo Gene Wolfe hanno pubblicato lo scorso anno alcuni racconti assolutamente originali, del tutto inaspettati alla luce di anni di torpore e di stucchevole manierismo. Anche grandi autori mainstream (è così che gli scrittori di fantascienza definiscono gli autori non di genere) si sono recentemente cimentati con tematiche fantascientifiche. Mi limito a citare Philip Roth e il suo Il complotto contro l'America (Einaudi), l'intrigante Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro (Einaudi), La strada, Einaudi, (The Road) di Cormac McCarthy.

Anche in Italia la fantascienza potrebbe rinascere, come genere. Il momento è sin troppo buono. La grande Science Fiction americana nacque dalle ceneri della Grande Depressione. A ispirare la crescita della più grande generazione di scrittori del genere (Asimov, Pohl, Heinlein, Leiber, Anderson, Sturgeon, Bester, per citarne solo alcuni) fu la Fiera Mondiale di New York del 1939, il cui nucleo «The World of Tomorrow», coi suoi sogni ottimistici di un futuro di auto volanti, robot intelligenti e viaggi nello spazio, avrebbe dovuto costituire il momento di trionfo dell'Era delle Macchine, e invece ne rappresentò il canto del cigno. Quella visione del futuro mise radici e germinò nel cuore e nel cervello di ragazzi usciti dalla Grande Depressione, che presto avrebbero dovuto affrontare la Seconda Guerra Mondiale e l'incubo dell'Era Nucleare. Quella visione fornì la cosa di cui quella generazione aveva più bisogno: la fiducia nel futuro.

Il futuro, di questi tempi, è rimasto solo nelle bugie dei politici e nelle proiezioni economiche sempre più pessimistiche. Sembra che siamo incolonnati in una lunga fila a senso unico. Non è così. E' quello che qualcuno vorrebbe farci credere, ma non è così. E' tempo che una nuova generazione di lettori e di scrittori si riappropri del futuro e ne liberi il potenziale immaginativo, creativo e (perché no?) eversivo. Pensare al futuro fa guardare con occhi più aperti e critici al presente. Che non è, non è mai stato, l'unico mondo possibile. Se passate per Mantova, fate un salto a trovarmi, e venite a scoprire quanto futuro c'era nel nostro passato, e cosa abbiamo perduto. Potrebbe essere un buon posto per ricominciare a sognare." (da Tullio Avoledo, Fantascienza, leggete il futuro diventerete più ottimisti, "TuttoLibri", "La Stampa", 03/09/'11)

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