martedì 26 febbraio 2008

Sui diritti delle donne di Mary Wollstonecraft


"Nell'immaginario collettivo intellettuale e popolare, le cause nobili sono molto spesso associate al carattere irreprensibile di visionari eroici, guide spirituali che sacrificano la vita e gli affetti. Nel XIX secolo si usavano espressioni religiose per denotare gli eroi moderni e le loro battaglie: John Stuart Mill fu chiamato il 'Santo del razionalismo'; Giuseppe Mazzini santificò la causa dell'indipendenza nazionale chiamandola apostolato, e i suoi leader apostoli; verso al fine del secolo lo stesso fece il movimento socialista. Santi ed eroi del progresso e della libertà, della giustizia e della fratellanza. Mary Wollstonecraft, la madre indiscussa del femminismo moderno, rovescia questa vulgata. La sua vita contraddittoria e umana fu il banco di prova sul quale sperimentò la durezza della condizione femminile in una società concepita affinché una parte dell'umanità dominasse l'altra. Mary Wollstonecraft non scalfì soltanto l'ideologia inegualitaria. Molto più radicalmente, rovesciò con la sua vita il catechismo morale del tempo, e non solo suo. La sua biografia parla di lei come di una donna che vuole tenere insieme logos ed eros, che è trascinata dalla passione erotica con la stessa lucidità con cui confuta il repubblicanesimo di Jean-Jacuqes Rousseua e la teoria dei diritti di Thomas Paine, o con cui sfida il conservatore Edmund Burke. Come spiega Barbara Antoniucci nell'introduzione a questa benvenuta edizione italiana di Vindication of the Rights of Women (1792) 'visionaria e lucida, vittima e carnefice, indulgente e severa, Mary Wollstonecraft è ricordata oggi come un personaggio per certi versi contraddittorio', amante di uomini sposati, sposata e separata, convivente e madre di due figlie avute da padri diversi. Mary Wollstonecraft nacque nei pressi di Londra nel 1759. L'imprudenza finanziaria del padre costrinse la famiglia in ristrettezze economiche e Mary ancora adolescente si guadagnò da vivere fondando uan scuola insieme alle due sorelle e a un'amica. Fu in questi anni che cominciò a frequentare la comunità non conformista del filosofo radicale e pacifista Richard Price. Poi la Rivoluzione l'attira a Parigi dove frequenta i circoli degli emigrati e dei giacobini, e dove conosce il futuro marito, l'americano Gilbert Imlay, il quale l'abbandonò poco dopo la nascita della figlia Fanny. Commenta Barbara Antoniucci: 'La Wollstonecraft non esce indenne da questa relazione: rimane vittima inconsolabile di quell'amore-schiavitù che un anno prima lei stessa aveva condannato con toni aspri. Vedendosi però respinta, la scrittrice reagisce 'ricattandolo' con il suo amore, con la figlia, con la sua stessa vita: tenta il suicidio due volte, prima con il laudano e poi gettandosi nel Tamigi'. Tornata a Londra, frequenta i circoli radicali nei quali conosce William Blake, Thomas Paine, Henry Fuseli e William Godwin. [...] Sposò Godwin quando era al quarto mese di gravidanza della figlia Mary (futura moglie del poeta Shelley e autrice di Frankenstein). Morì in seguito alle complicazioni del parto nel 1797. Mary Wollstonecraft condivise con Godwin (l'autore di An Inquiry Concerning Political Justice) l'ideale e la pratica di unione erotico-amicale tra liberi, non istituzionalizzata; pensavano entrambi che il matrimonio fosse una forma legalizzata di prostituzione e di schiavitù. Wollstonecraft fondò su questo argomento la sua critica a Rousseau sostenendo - come Mill dopo di lei - che, rendendo le donne dei paria, i liberi cittadini maschi condannavano se stessi a vivere la maggior parte della loro vita in compagnia di subumani.

L'eguaglianza era condizione per la dignità dell'uomo, non solo della donna, perché l'assoggetamento delle donne precludeva agli uomini la possibilità di ricevere riconoscimento dai loro simili, da esseri dotati delle qualità umane per eccellenza, come la virtù e la ragione. Queste idee fanno da sfondo a quello che è forse l'aspetto più rivoluzioanrio dell'opera teorica di Mary: l'estensione del modello di amicizia alle relazioni di coppia e più in generale ai rapporti tra uomo e donna. Da Aristotele e Cicerone fino a Montaigne, la teoria politica e quella morale hanno rappresentato l'amicizia come la forma perfetta di associazione volontaria perché retta sulla cooperazione di diversi in vocazione ed eguali in dignità. Su di essa è stato tradizionalmente modellato il vivere politico libero, l'idea di cittadinanza come amore degli amici. La donna non è mai stata reputata capace (e degna) di amicizia essenzialmente perché la necessità della riproduzione l'avrebbe resa incapace di giudizi e sentimenti disinteressati come sono quelli della giustizia e della fratellanza (idem sentire de republica). La cura della specie (ovvero la natura) vuole che la donna non sia imparziale e metta il bene della famiglia prima e sopra tutto. Ma la cittadinanza (che è superamento della natura o artificio) presume la trascendenza del particolare per inferenza razionale o per virtù. In questo senso, Rousseau aveva rappresentato la donna come l'immagine rovesciata del cittadino. E' questa filosofia della diseguaglianza che Mary Wollstonecraft attacca frontalmente. Lo fa nella maniera più conseguente: rivendicando la cittadinanza repubblicana alle donne, in quanto esseri umani, e quindi capaci di virtù e giustizia (di amicizia civica) esattamente come gli uomini. Per questa ragione inveisce contro il sistema educativo finalizzato a formare fidanzate, mogli e madri, non pesone autonome; senza risparmiare critiche alle donne stesse quando si fanno loro malgrado complici del serraglio nel quale vivono, 'oggetto di attenzioni triviali da parte di uomini che considerano tali attenzioni un tributo virile da pagare al gentil sesso, quando in realtà essi lo insultano affermando la propria superiorità'." (da Nadia Urbinati, Tutte pazze per Mary, "Il Sole 24 ore Domenica", 24/02/'08)

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