lunedì 4 febbraio 2008

"Parigi, lo sfratto dei portieri: addio all'eroe di Simenon"


"Una città senza portieri non ha storia, non ha sapore, è insipida, come una minestra senza sale e pepe, una sbobba informe". Céline sarebbe orripilato nel vedere la capitale perdere poco a poco i guardiani dell'ordine condominiale. L'eroe del suo Viaggio al termine della notte non può concepire la vita cittadina senza di loro, ma oggi dovrebbe rassegnarsi di fronte all'evidenza: in dieci anni, la regione parigina ha perso diecimila portieri. E l'emorragia è destinata a durare, anche perché i proprietari intendono sfruttare fino in fondo l'inarrestabile boom immobiliare e recuperare anche i piccoli e spesso bui appartamenti occupati dai portinai. [...] Il concierge e la concierge sono figure familiari della vita parigina. Anche se da tempo non restano più tutto il giorno nella loro guardiola, sono considerati indispensabili dagli abitanti: sono spesso loro a distribuire la posta, a fare piccoli favori, ad aiutare le persone anziane e sole, a pulire scale e spazi comuni. E continuano a sapere tutto di tutti, ad avere sott'occhio quel che succede nel loro microcosmo: se in un condominio una coppia si separa o sta per arrivare un bambino o c'è qualcosa che non funziona, sono loro i primi a saperlo. [...] Del resto, i portieri non hanno sempre avuto buona reputazione. Troppo pettegoli e troppo chiacchieroni come Madame Pipelet, descritta nei Misteri di Parigi di Eugène Sue, passata alla storia per aver dato il suo nome all'aggettivo pipelette, che designa proprio chi chiacchiera troppo e spettegola. Se la presenza dei portieri è già nota durante il Medioevo, nel Settecento il quartiere del Marais ne contava uno ogni novanta abitanti. Talmente tanti che Balzac se ne ricordò scrivendo Il cugino Pons, nel quale descrive una coppia di portieri. Lui, Cibot, 'lavorava ancora malgrado i suoi cinquantotto anni; ma cinquantotto anni è la più bella età dei portieri; si sono abituati alla guardiola, la guardiola è diventata per loro quel che la scaglia è per le ostriche, e sono conosciuti nel quartiere'. Erano questi i portieri dell'Ottocento e non dovevano essere molto diversi da quelli che Simenon fa incontrare al commissario Maigret, abituato a salire le scale di tutti gli immobili parigini e che aveva idee precise sull'argomento: 'Con le portinaie le cose vanno come con le domestiche: tutto bene o tutto male. Ne aveva incontrate di adorabili, curate e allegre, la cui guardiola era un modello d'ordine e di pulizia. Questa, che doveva avere sui cinquantacinque anni, apparteneva all'altra categoria, le bisbetiche, le malaticce sempre pronte a lamentarsi della cattiveria del mondo e della loro triste sorte'. Oggi le cose sono molto cambiate. Nella capitale non sono più i francesi a tenere le portinerie, ma le famiglie portoghesi. La vecchia immagine della portinaia in pantofole di fronte alla guardiola, dice la signora Carbonnier, appartiene al passato. Lo dimostra anche uno dei romanzi di grandissimo successo dell'ultimo anno, L'eleganza del riccio, di Muriel Barbery, molto venduto anche da noi, di cui è protagonista una portinaia supercolta: un'immagine lontana mille miglia dagli stereotipi del passato, anche se non ancora un ritratto fedele." (da G. Martinotti, Parigi, lo sfratto dei portieri: addio all'eroe di Simenon, "La Repubblica", 01/02/'08)

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