lunedì 11 febbraio 2008

La furia dei venti contrari. Variazioni Amelia Rosselli

"Simile ad un pugnale si levava il grido della gentilezza: / connubio fra il Danubio e le rondinelle. Simile ad / un pugno di polvere negli occhi scendeva una sentinella / a prendermi la mano"

"A dodici anni dalla tragica morte, l’11 febbraio 1996, la figura di Amelia Rosselli giganteggia nella poesia italiana assumendo le proporzioni di un vero 'affaire Rossignol'. Tanti i contributi, e tutti importanti, avviati all'indomani della sua morte, con le riviste Galleria, Trasparenze e Il Caffè. E ora nuove monografie e studi in volume. Non che le siano mai mancati in vita l'attenzione e i riconoscimenti. Battezzata fin dal suo esordio dal sempre lungimirante Pasolini che dedica un'introduzione alle sue prime poesie pubblicate sul Menabò nel '63, pubblicata fin da subito, nel '64, con Variazioni belliche nella prestigiosa collana di poesia della Garzanti, unica donna inserita nell'allora importante antologia di Pier Vincenzo Mengaldo, la Rosselli è stata, anche in vita, poeta di grande e indiscussa autorevolezza. Né le mancava certo il carisma per farsi valere e che esprimeva anche nelle magnifiche letture che teneva, con la sua voce roca e salmodiante, modulata come uno strumento musicale. Sempre si dovette sentire figlia e 'rifugiata', nonostante la vita passata in gran parte a Roma, per anni nell'ascetica casa di via del Corallo. Perché Amelia in realtà è stata una vera romana. Lo è stata di fatto, perché alla fine a Roma ha vissuto, mi pare, quarantasei dei suoi sessantasei anni di vita, a parte un periodo londinese. E lo è stata idealmente, una romana-fiorentina. Ha certamente conosciuto e sperimentato tre lingue, ma poi ha scelto l'italiano, la lingua meravigliosa della poesia italiana, a cominciare dai siciliani, da cui dice di riprendere il suo particolare cubo-sonetto (lei concepita a Lipari) e dall'amato Petrarca. Tra i tanti assilli che si trovò a fronteggiare ci fu certo quello dell'ispirazione, in alcuni momenti incontenibile, 'a briglie sciolte' e ardente, come quel mattino di primavera in cui, lei racconta, all'improvviso scrisse Improptu. Non stupisce che si sia sentita abbandonata da quella vena, dopo i suoi tre libri, folgoranti fin dai titoli, Variazioni belliche, Serie ospedaliera e Documento, proprio dopo l'estrema fioritura del 1979. In realtà Amelia ha continuato a lavorare anche dopo, un intenso lavoro di sistemazione e curatela del suo lungo apprendistato poetico e dei suoi frutti.
QUEI CRUCIALI SPAZI METRICI. Forse uno dei suoi ultimi scritti è stata quella breve Introduzione a Spazi metrici, datata 4 febbraio 1993, considerata da qualcuno singolare, in realtà scritta su mio consiglio. Le avevo a lungo chiesto di scrivere, per il convegno romano "La parola ritrovata", un testo di metrica che riprendesse i suoi studi precedenti. Doveva accompagnare Spazi metrici, che fu da solo pubblicato nel volume degli atti del '95, cosa, tra l'altro, che non avveniva dalla sua prima pubblicazione, nel '64, e che non è stata affatto così casuale. Quel testo era cruciale nella poesia di Amelia, ma anche nella nuova poesia che si andava ormai configurando e con cui lei ha sempre dialogato. Non si trattava di un tecnico e freddo 'spazio metrico', ma uno spazio umanissimo dove, tramite una meravigliosa messa in atto di elementi sapienziali greci, ebraici e cristiani, la parola era 'ritrovata' nella sua interezza come idea scritta, l'idea greca per eccellenza, quella dell'armonia di Platone, come lei stessa dice. Un'idea che s'inarca nella parola giovannea fatta corpo, una parola che erompe dalla voce del Logos che si è fatto carne e produce non una poesia della catastrofe ma una poesia gloriosa e luminosa. Perché Amelia nasceva con l'Iliade e suoi erano l'ira, il furore e la sventura di Achille o lo scudo levato di Atena. Riprendendo il filo dei miti greci, Emanuela Tandello ha riletto splendidamente alcune poesie rosselliane in cui la fanciulla descritta e trasposta in terza persona, alle prese con l'infinito, non è che la reincarnazione di vergini belligeranti e ribelli, come Elettra, Antigone e Cassandra. Bel libro, questo della Tandello, che riporta la Rosselli alla dimensione di un classico, a un'origine 'greca'. Si fa leggere tutto d'un fiato anche il libro di Alessandro Baldacci, che sa guardare dentro le singole poesie. Anche se alla fine Baldacci fa torto all'amato poeta tragico di un secolo tragico. Non è la lingua della Rosselli solo una 'granata esplosiva', non è il suo rischioso e audace sperimentare un mimetico montaggio di un disturbo personale e storico. Non avrebbe accettato neppure questa lettura Amelia. La malattia, presente nella sua vita e nella sua poesia, non le ha impedito di preparare un riparo, di trasformare quella sua poesia drammatica e autentica in una poesia sacrificale dal compatto nucleo cristologico. Perché sempre più la sua stessa vita le appariva crocifissa. A lungo Amelia è stata una figlia in lutto per le ripetute morti che le hanno spezzato l'infanzia e l'adolescenza: dal padre alla madre e al primo amore fraterno, Rocco Scotellaro. Tutto questo già a poco più di vent'anni. La poesia le servì per fare leva sul dolore. Ma il lutto non finiva mai. Aveva amato le persone semplici, i contadini, i medici, i pittori, i musicisti e i poeti, in particolare i poeti-medici (da Calogero a Goroni e Scartaghiande), aveva ascoltato i poeti più giovani, li aveva sempre accolti con generosità, qui a Roma (come una mater virgo), ma era ormai insostenibile la guerra continua e la vita ospedaliera, l'assedio in un mondo in cui tutti sono spiati e guardati a vista, come lei immaginava con grande anticipo. Il suo quotidiano e infaticabile combattimento con l'angelo della poesia ha dato e sta dando tutti i frutti che lei sperava. Sempre più la Rosselli appare come lo snodo centrale della poesia italiana nel passaggio tra la generazione dei grandi poeti del secondo novecento e la generazione contemporanea. Destinata a incidere ancora, mentre si attende un'edizione filologica: a quando un Meridiano Mondadori? L'eredità poetica della Rosselli si fa sentire sempre di più, intenso e coinvolgente il suo lascito, 'il grido della gentilezza'." (da Gabriella Sica, Amelia, il grido della gentilezza, "TuttoLibri", "La Stampa", 09/02/'08)

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