mercoledì 27 febbraio 2008

I gemelli di Fleur Jaeggy


"Talento riservato e quasi scontroso, Giorgio Marini si è formato negli anni '60 nel teatro sperimentale romano e ha poi coltivato un percorso personale aperto alla contaminazione tra scena e letteratura. Sono nati così i suoi spettacoli più felici, dall'Angelo custode di Fleur Jaeggy nel '72 a Doppio Sogno di Schnitzler negli anni '80. Ora il regista dopo vent'anni in cui si è dedicato quasi esclusivamente alla lirica, torna al teatro con una trilogia - Ombre - in cui scandaglia la letteratura femminile contemporanea. Dopo Occhi felici di Ingeborg Bachmann, presentato a Roma l'anno scorso, Marini debutta in prima nazionale al Crt martedì con I gemelli, seconda tappa della trilogia (che si concluderà con un testo di Louise de Vilmorin) e ritorno alla scrittura essenziale e affilata di Fleur Jaeggy e a un suo racconto tratto dalla raccolta La paura del cielo (Adelphi, 1994). Giorgio Marini, perché tornare a Fleur Jaeggy dopo tanti anni? 'La mia frequentazione con Fleur Jaeggy è lunga, risale agli anni '70, e da allora non ci siamo mai persi. Il mio è un ritorno anche sentimentale al passato, dopo tante regie musicali. La sua scrittura mescola senso di lontananza e rarefazione a ironia e sentimentalità. 'Sentimentale è sentire con la mente', scriveva anni fa, e credo che questa sia la chiave per intendere lo spettacolo'. Che cosa accade in scena? 'I due gemelli del titolo vivono insieme in un piccolissimo villaggio svizzero senza nome, dove non c'è più nessuno, nemmeno i vecchi. Sono autosufficienti, bastano a loro stessi, vivono così dai quindici anni alla morte, novantenni, in una vita immobile. Il tema è il doppio, l'inconscio, l'alter ego: forse i due sono la stessa persona.' Come ha costruito lo spettacolo? Ho lavorato per sottrazione, la scena è scarna, rarefatta. Un non luogo: un tappeto di neve bianca, con grandi sedie-albero, un deserto d'inverno che fa pensare al cinema di Herzog o Bergman. Nel ruolo dei gemelli ci sono due attrici, Elisabetta Piccolomini e Anna Paola Vellaccio, ho giocato su un travestimento che dà un distacco quasi metafisico, senza provocazione'. La trilogia si basa sui testi di tre scrittrici. Perché questa sua predilezione per la letteratura femminile? 'Lavoro sulla letteratura femminile da quarant'anni. Il perché? Credo che le donne siano più vicine alle cose, trovo il loro mondo più sensibile, più acuto e intelligente'." (da Simona Spaventa, Due gemelli nella neve raccontati da Fleur Jaeggy, "La Repubblica", 26/02/'08)

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