venerdì 15 febbraio 2008

Disneyland e altri nonluoghi di Marc Augé


"Marc Augé, antropologo di fama mondiale, è il celebre teorizzatore dei nonluoghi, spazi di transito, sosta e consumo, illuminati dalla fantasmagoria delle merci e dal loro eterno presente: autogrill, centri commerciali, supermercati, aeroporti, stazioni. Come è cambiato questo universo a otto anni dall'uscita in Italia del suo Disneyland e altri nonluoghi? Mostre d'arte all'aeroporto. Ipermercati che offrono sempre più servizi: dal baby parking ai massaggi. Governi che, d'estate, suggeriscono agli anziani di entrarci per evitare il caldo. Cosa succede ai nonluoghi? Da spazi di passaggio anonimi si trasformano in luoghi di vita e cultura? 'Il carattere più 'abitato' degli spazi di passaggio o transito è in buona parte marketing, ma queste strategie non si sarebbero sviluppate se questi spazi non fossero sempre più frequentati'. E nelle nostre case cosa sta cambiando? 'Il fenomeno più rimarchevole mi sembra l'invasione della sfera privata da parte di immagini provenienti dall'esterno. Oggi televisione e computer sono la vera anticamera delle nostre case. Hermes, dio messaggero, dio delle strade e del contatto con gli altri, ha preso il posto di Hestia, dea del focolare. Anche l'individuo è decentrato e sempre più pubblico: costantemente connesso con l'esterno per mezzo di telefoni cellulari sempre più ricchi di funzioni, e in costante predicato di finire su YouTube se scivola su una buccia di banana'. Gli spazi si evolvono: come possiamo oggi distinguere tra luoghi e nonluoghi?

'Chi vuole capire dove si trova dovrebbe chiedersi se riesce a entrare in contatto con qualcuno, se riesce a scambiare anche solo uno sguardo con gli altri. Se è così, allora è probabile che si trovi, magari solo di passaggio, in un vero luogo del quale conserverà il ricordo. Invece, gli spazi che rendono falsata o impossibile la relazione con gli altri, e quindi non contribuiscono alla costruzione della nostra identità, sono i nonluoghi, che riflettono un'esperienza di solitudine. Il nonluogo è uno spazio finalizzato alla circolazione e al consumo, senza vocazione territoriale, caratterizzato dagli opposti eccessi del troppo pieno e del troppo vuoto dei periodi di non uso, come la chiusura notturna per un outlet. Altri indizi sono la presenza di una qualche forma contrattuale, come l'acquisto di un biglietto o l'identificazione attraverso un documento per accedere. C'è la musica diffusa: spesso è caratteristica dei nonluoghi, uguale ai quattro angoli del mondo. E poi i testi, i simboli e le prescrizioni che sono il modo in cui il nonluogo guida il nostro agire, che è quasi sempre un passaggio. Per esempio l''Arrivederci. Guidate con prudenza' della voce automatica al casello se paghiamo l'autostrada'. Magari per andare in vacanza, che è anche l'occasione per conoscere usi e culture diversi. Nel mondo globalizzato di oggi possiamo avere esperienza di qualcosa altro da noi? 'L'identità individuale, oggi come ieri, si può costruire solo in relazione con l'altro. Ma, sempre più, abbiamo relazione con immagini dell'altro, ad esempio attraverso i media e internet. Anche il turista che visita un luogo esotico con l'occhio incollato alla videocamera si dimostra più interessato alle immagini che ai nativi. Senza contare che i tour operator organizzano i viaggi in modo da evitare al turista prossimità sociali indesiderate. L'amicizia e l'amore hanno bisogno di lasciare il mondo delle immagini, ma l'ostilità e l'odio possono nutrirsi benissimo di sole immagini'. Anche nelle reivocazioni storiche e folcloristiche le immagini sono preferite alla realtà: non interessa riprodurre gli eventi, ma il film che potrebbe essere tratto da quel fatto storico. 'Il ricorso a ciò che chiamo 'finzionalizzazione' è sempre più esteso. Anni fa gli architetti della Disney Corporation vinsero un concorso per risistemare Times Square e Central Park: questo dice già molto. La distinzione tra realtà e finzione non regge più: una volta eravamo ben consci di vivere nella realtà, con evasioni consapevoli al cinema o a teatro, dove la finzione imita la realtà. Oggi si è aggiunto il fenomeno della realtà che copia la finzione. La tendenza ha il suo apice in Disneyland, dove tutti si sentono attori di un film globale ripreso dalle loro videocamere e da quelle degli altri'. Anche nelle nostre città non ci si orienta più guardando le strade, ma il navigatore satellitare. 'Il navigatore contribuisce alla creazione di un rapporto astratto, funzionale con lo spazio. E' l'itinerario che conta: il paesaggio svanisce. Ogni palazzo si riduce a un numero, ogni strada a una linea senza passato né futuro'. Invece le città ci guardano con centinaia di telecamere. 'La videosorveglianza è apparsa nei supermercati prima che nelle stazioni e negli aeroporti. E' l'aspetto contrattuale del 'nonluogo': garanzia di sicurezza, ma anche misura di dissuasione. Crea una dimensione leggermente schizofrenica nel consumatore. Succede lo stesso con i pedaggi richiesti per poter entrare nei centri delle città, come l'ecopass di Milano, o con multe per eccessi di velocità, o i divieti di fumo. Tutti protetti e virtualmente colpevoli allo stesso tempo'. Nel rapporto sempre più astratto con il territorio, emergono però esempi di legami territoriali interessanti. Come vede le proteste alla Sapienza per scoraggiare la visita del Papa all'inaugurazione dell'anno accademico? 'E' un esempio molto interessante perché sottolinea che tutta la resistenza, oggi, è innanzitutto locale. Non intendo la resistenza del locale al sistema globale: ma il rispetto di certe frontiere. Di fronte ai tentativi di sconfinamento, di invasione, di confusione, dobbiamo ricordarci che esistono salutari gradi di separazione: il pubblico non è il privato, la scienza non è l'ideologia, la religione non è la politica (né dovrebbero esserlo), la democrazia non è totalitarismo. Abbiamo bisogno, nel senso più esteso del termine, di laicità." (da Giuliano Aluffi, Marc Augé, istruzioni per l'uso di un mondo sempre più disneyano, "Il Venerdì di Repubblica", 15/02/'08)
Non-places. Introduction to an Anthropology of Supermodernity (anteprima da GoogleBooks)

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