sabato 16 febbraio 2008

Il fondamentalista riluttante di Mohsin Hamid


"Un fatto è una civiltà che ha tra i miti fondatori quello del figlio che uccide il padre. Tutt'altro la civiltà nella quale sono invece i padri a sterminare i figli. 'Edipo contro l'antica mitologia indù', è il modo volutamente semplificato con cui Mohsin Hamid riassume la differenza tra Occidente e Oriente e soprattutto la propria identità 'divisa' di scrittore nato in Pakistan 36 anni fa, ma educato nelle migliori università angloamericane e oggi residente a Londra. 'In Edipo il futuro trionfa sul passato, ci si rinnova drammaticamente nell'annullamento del genitore. E' la freschezza irresponsabile del nuovo sempre proiettato in avanti, del dinamismo, del processo a tutti i costi. Con il rischio costante di cadere nell'utopia, nell'illusione che, ogni volta, a ogni generazione, sia possibile creare un mondo migliore', dice per sintetizzare i suoi 20 anni trascorsi in occidente. Quanto al retaggio dei 16 anni in Pakistan aggiunge: 'Nel secondo caso però vince l'immobilismo, la conservazione. Il passato uccide il nuovo, ci si chiude nella nostalgia dell'età dell'oro, nella convinzione della supremazia delle proprie antiche tradizioni, senza mai avere il coraggio di confrontarle con il diverso e con le sfide del mutamento'. Hamid guarda con sofferta partecipazione emozionale e ricercato distacco intellettuale alle cronache che arrivano dal suo Paese natale. 'Ero a casa dei miei genitori a Lahore, quando venne assassinata Benazir Bhutto. Tutti sapevamo che poteva essere uccisa. Ma quando avvenne, lo choc fu fortissimo, mi ritrovai attaccato al mio Paese come mai avrei pensato'. Poi però è rientrato a Londra, dove sta scrivendo un nuovo romanzo dopo il successo di Il fondamentalista riluttante, e lunedì non tornerà in Pakistan per votare. Qui a Londra ha ritrovato l'equilibrio. Nella sua ricerca di un'identità autonoma si definisce 'uno scrittore molto pakistano, ma anche parecchio americano, cittadino britannico e attirato dalla tradizione moderna europea di Calvino, Camus e Nabokov'. Otto anni fa la critica lo rivelò come la miglior promessa tra gli scrittori pakistani. Il suo Nero Pakistan (Piemme) fu a lungo in testa alle classifiche.

Poi arrivò l'11 settembre. Lui era immerso nella stesura di un secondo romanzo incentrato su quella che i russi chiamerebbero la 'polu-intelligentsia', gli intellettuali nati nella bambagia delle loro limitate società di origine e poi influenzati da correnti culturali molto cosmopolite ed aperte. Hamid pensava ai difficili processi di integrazione nei grandi atenei occidentali di studenti che, come lui, arrivavano nel mondo musulmano. Voleva controbattere alle teorie dello 'scontro di civiltà'. Si sentiva totalmente assimilato e voleva dimostrarlo. Ma fu rivoluzione: guerra, caccia al terrorismo, questione sicurezza, dibattito su Islam e democrazia. 'Da allora posso affermare che il crollo delle Torri Gemelle rappresentò per me, e tanti altri immigrati dai Paesi musulmani, quello che per Primo Levi fu l'Olocausto: divenne un elemento centrale del nostro pensare, del nostro vivere e del nostro scrivere'. Gli ci vollero altri sei anni per terminare Il fondamentalista riluttante. Appena poco più di cento pagine, però grondanti emozioni, intime e traumatiche esperienze autobiografiche. [...] Attraverso la metafora del contrasto tra Edipo e gli antichi miti indù, Hamid sintetizza anche i motivi dello stato di paralisi che a suo dire ammorba il suo paese e tanti intellettuali musulmani. 'Il Pakistan post-Benazir Bhutto e nell'era della decadenza del presidente Pervez Musharraf è uno stato bloccato tra le spinte verso la modernizzazione e l'incapacità di reagire a causa dei condizionamenti di un sistema tribale e religioso repressivo, immobile'. Hamid condensa tutto ciò in una sola parola: inadeguatezza. 'Il nostro governo è inadeguato alle domande del Paese, alle sfide della mondializzazione, come del resto sono inadeguati gli intellettuali musulmani nel confronto con il mondo occidentale'. Le conseguenze sono traumatiche: 'Ecco da cosa nasce il fondamentalismo, dall'incapacità di fare fronte alle complessità del mondo moderno e dal rifiuto di assumersi le proprie responsabilità'. Eppure anche la tentazione di esaltare ciecamente Edipo comporta conseguenze negative. [...] Così può anche togliersi il gusto di criticare le società occidentali per quella che lui definisce la loro 'carenza di religiosità'. '[...] L'Islam con il suo sistema di regole, con il ruolo centrale dato agli anziani, i profondi legami familiari e comunitari, in qualche modo offre ancora risposte a queste domande. Se gli Stati Uniti, prima di lasciarsi andare alla rabbia e alla vendetta dopo l'11 setembre, avessero cercato di condividere il loro senso del lutto con il resto del mondo, forse le loro reazioni apparirebbero oggi meno inadeguate." (da Lorenzo Cremonesi, Edipo contro i miti indù, "Corriere della sera", 16/02/'08)
"Mohsin Hamid and The Reluctant Fundamentalist" (da Npr.org)

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