venerdì 8 febbraio 2008

Neve di Orhan Pamuk


"Orhan Pamuk, la Turchia ha appena liberalizzato il velo nelle università. Lei a questo problema ha dedicato un libro di enorme successo, Neve. Come guarda a questa decisione? 'Come a una domanda eterna. Direi innanzitutto che la questione del turban non è di per sé un aspetto fondamentalista, perché da noi le donne indossano tradizionalmente il foulard, un po' come accadeva da voi in Italia. In Turchia poi c'è una percentuale già alta di persone abituate a coprirsi il capo, a portarlo magari non sono solo le seguaci del partito Akp (la formazione islamico moderata al governo), ma anche quelle vicine ai socialdemocratici. Insomma, la faccenda è molto delicata. E una soluzione in senso professorale, imposta dall'alto, sarebbe sbagliata'. Com'è suo costume, Pamuk preferisce non entrare a piedi uniti su una questione di rilevanza sociale così forte, ma cerca piuttosto di affrontarla con un ragionamento. Lo scrittore si trova tuttora negli Stati Uniti, dove l'Università di Washington ha tenuto in questi giorni un simposio sulla letteratura turca. Ma il premio Nobel, nonostante la lontananza da Istanbul, continua a seguire con occhio attento gli ultimi eventi in Turchia, dalle rivelazioni sul complotto degli ultra-nazionalisti per ucciderlo nel 2009, al sofferto dibattito sull'ammissione del velo nelle università. Un passo che ha richiesto addirittura la modifica della Costituzione, in Turchia schiettamente laica. Il velo libero nelle università allora è un passo preoccupante?

'In Turchia il paradosso è che le figlie di Tyyip Erdogan, il capo del governo, solite indossare il velo, per sentirsi libere sono dovute andare nell'America del fondamentalista Bush. Erdogan è un uomo di potere, e ha potuto mandare le sue ragazze a studiare all'estero. Le altre donne sono invece indifese'. Ma la Turchia che scende in piazza contro il velo si chiede se il turban non sia piuttosto un simbolo politico. E' un diritto di libertà oppure un'imposizione religiosa? 'Più uno ritiene di avere la risposta, più diventa il prossimo idiota che impone la soluzione sbagliata. L'ideale è rispettare i comportamenti, avere compassione e decenza, cercando di capire e di non guardare ai problemi e alle persone in modo autoritario. E io attraverso la letteratura ho sempre cercato di avere questo atteggiamento'. Neve è per l'appunto costruito attorno alla questione del velo. Ci sono le studentesse di Kars, città al confine con l'Armenia, che si suicidano perché obbligate a togliere il loro pezzo di stoffa per entrare all'università. E c'è il dialogo tra il fondamentalista assassino e il docente liberale il quale però non permette alle donne velate l'accesso ai corsi. E' l'immagine di quanto sia complessa oggi la questione? 'Neve è il mio libro più politico. Per scriverlo ho svolto molte ricerche a Kars, e ricordo bene i colloqui con la gente. Ho descritto una situazione attuale in Turchia. Il confronto di cui lei parla è sicuramente quello centrale. E mi sono molto divertito al suo interno a tratteggiare la scena'. Quale? 'Quella in cui l'omicida dice che se Elizabeth Taylor, negli ultimi vent'anni della sua vita avesse portato il chador, non si sarebbe vergognata della sua obesità e non sarebbe finita in manicomio'. Lei era consapevole di affrontare un tema in futuro così scottante? 'Io ho scritto Neve pensando proprio di fare arrabbiare tutti. E sì, tutti si sono arrabbiati. Ma tutti hanno letto, discusso e parlato di questo libro e di quel che c'è dentro. Perché il romanzo, come forma, è uno dei più grandi atti che l'umanità ha, si sviluppa continuamente, sopravvive e cambia'. [...]" (da Marco Ansaldo, Pamuk: 'Il velo in Turchia non è fondamentalismo', "La Repubblica", 08/02/'08)

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